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Eolo
recensioni
DRODESERA 2010
LE RECENSIONI DI MARIO BIANCHI

“ Avere trent’anni ”, è questo il sottotitolo, anzi il titolo, dell'edizione di quest'anno del festival “ Drodesera ” che come ogni anno si tiene alla fine di luglio nella bellissima e funzionale centrale elettrica del paesino vicino a Trento.
Trent'anni perchè “ Drodesera ” ha trent'anni ma anche perchè il festival si interroga intelligentemente sulla generazione che compie questi fatidici anni in un' epoca come la nostra così insicura e monca di speranze per il futuro.
Avere trent'anni in italia, ovvero come si dice nella presentazione, ritrovarsi improvvisamente sull’orlo di un burrone.. E per i suoi trent’anni ( ma come è suo costume da sempre) “ Drodesera “ ha scelto dal 23 Luglio al’1 Agosto di monitorare alcuni dei gruppi italiani più interessanti dell'ultima generazione, ma certo non solo.
Ecco che è ritornato il danzatore e coreografo Virgilio Sieni che ha presentato il site-specific “ Wunderkammer – Canti “ mentre la sua compagnia ha messo in scena “ Tristi Tropici ” spettacolo liberamente ispirato a “Tristes Tropique “ di Claude Lèvi Strauss , Teatrino Clandestino invece ha proposto in prima nazionale ” No-signal “ . Due sono stati invece gli spettacoli messi in scena da Teatro Sotterraneo per raccontare a modo suo le contraddizioni della contemporaneità: “ Dies Irae – 5 episodi intorno alla fine della specie e L’origine della specie ” . Presenza ormai abituale del festival, Romeo Castellucci/Socìetas Raffaello Sanzio ha regalato agli affezionatissimi spettatori della Centrale in prima nazionale, “ Sul concetto del volto del figlio di Dio Vol.1”, prima tappa di un progetto sulla figura di Cristo . Ecco poi ulteriori tappe di gruppi e artisti che fanno parte della factory di Drodesera , Francesca Grilli , Anagoor , i Santasangre, Codice Ivan (recenti vincitori di Scenario) Insomma il meglio della nuova generazione del teatro italiano.
A Dro noi siamo arrivati nella seconda parte del Festival dove abbiamo potuto assistere con grande interesse al compimento ( ? ) di due progetti molto ambiziosi di due gruppi , diversissimi tra loro, fra i più intriganti della scena italiana : Accademia degli artefatti e Fanny & Alexander.

Nella primavera del 2007 Mark Ravenhill, noto da noi soprattutto per il trasgressivo “Shopping and Fucking”, ha un attacco epilettico che gli causa un coma e una perdita di memoria.
Quando si risveglia non ricorda di aver preso l’impegno di scrivere una pièce al giorno per ognuno dei 16 giorni dell’International Festival di Edimburgo. Nel periodo successivo Ravenhill scrive “ Spara trova il tesoro e ripeti ” a mo' di videogame, un ciclo di 17 pezzi ispirati ad altrettanti classici della letteratura ( “ Guerra e Pace” , “ Odissea “ ), ma anche del cinema ( “Nascita di una nazione “ ,” Intolerance “). Ogni piece, autonoma racconta, formando un puzzle tragico e attualissimo, dello scontro incivile in atto dopo l'11 Settembre tra le civiltà.
A Dro abbiamo visto, dopo averne monitorati altri in Dvd “Mikado “ “ Paradiso ritrovato” e “Le Troiane”.
In” Mkado” e “Paradiso ritrovato” sono due coppie gay a manifestare in modo assolutamente minimalista, a tratti ironico, in un microcosmo ricostruito con ostentata semplicità, il sottile disagio della nuova disperata incomunicabilità scaturita tra gli esseri umani.
Ne” Le Troiane “ invece il riferimento al disfacimento operato dalla guerra di civiltà è più diretto, anche se ancora volutamente minimalista. Le donne del coro, scelte tra il pubblico, sono in scena, tra loro Ecuba diventa una donna come altre, una madre come altre, che parla di cose quotidiane che la guerra ha scardinato per sempre, chiede pace e perdono finchè dalla platea un kamikaze si alza e correndo verso la scena e si fa saltare in aria.
Da sempre interessato alla scrittura contemporanea con autori come Martin Crimp, Tim Crouch, Fabrizio Arcuri ha portato a Drodesera una vera e propria saga contemporanea restituendo la parola ad un festival che ama soprattutto la danza e la performance. “Spara trova il tesoro e ripeti ” nella bella traduzione operata da Pieraldo Girotto e Luca Scarlini vive soprattutto nella sua ardita progettualità dove ogni pezzo concorre a trasmetterci un sottile, quasi impercettibile disagio che tenta di farci comprendere le contraddizioni presenti nella nostra civiltà così pronta a combattere contro le altre

Fanny & Alexander ha invece proposto nel festival altri tre capitoli del progetto ideato da Chiara Lagani e Luigi de Angelis dedicato al famoso libro di Frank L. Baum, trasposto anche cinematograficamente da Victor Fleming “Il mago di Oz” : “ Emerald City, North e West “. Un progetto non solo intellettualmente significativo ma che vuole anche e soprattutto indagare sui modi ed i mondi della comunicazione.
In “ Emerald City” siamo ancora al cospetto di Marco Cavalcoli/Hitler/Oz che invece di prestare voce a tutti i personaggi del film come accadeva in “Him” asseconda con la sua meravigliosa espressività del volto le decine di confidenze che il pubblico munito di cuffie ascolta. Sono confessioni che come accade nella storia dei protagonisti di Baum, chiedono un cuore, un cervello, materiali biografici variamente contaminati con altri letterari o cronachistici. Sarà poi la sua immagine( che fa riferimento ad un' opera di Cattelan) ad essere deformata attraverso gli occhiali che ogni spettatore possiede.
“North” è invece un' opera per voce e pedonium dove Chiara Lagani, prima di immaginosamente liquefarsi, si inerpica per una strada fatta di assi sconnesse che muovendosi formano un vero e proprio concerto di grande fascino ed originalità.
In “West” Doroty, impersonata da una bravissima Francesca Mazza, imbastisce un discorso, confessione, incentrato sulle tecniche della manipolazione sottile del linguaggio pubblicitario che mescola elucubrazioni personali a grandi temi legati alla contemporaneità e alla cronaca. E' un monologo allucinato a cui partecipa tutto il corpo e che tende a coinvolgere,quasi a stordire, lo spettatore.
Come si vede tre spettacoli assolutamente diversi che creano anche mondi diversi e che confermano l'originalità di questo gruppo sempre proteso nel suo instancabile cammino alla ricerca di nuove potenzialità per un teatro totale in cui possano confluire tutte le arti e tutte le possibilità di coinvolgimento presenti nello spettatore.

Abbiamo visto poi l'ultima fatica dei Pathosformel in scena con “La prima periferia”, una riflessione onirica sul gesto e sul corpo umano che continua la ricerca di questo gruppo per un teatro materico senza la presenza dell'attore e che affonda nella ricerca delle avanguardie novecentesche.
Qui la “ timidezza delle ossa “ si è trasformata in sfrontatezza attraverso i movimenti di tre manichini ridotti a strutture scheletriche che sono mossi con attenzione e cura da altrettanti animatori. Sono piccoli movimenti ottenuti con grande concentrazione, in un flusso continuo dove i tre uomini abbracciano i loro doppi, li raggomitolano , li fanno distendere facendo loro cambiare postura sotto una colonna sonora ora sommessa ora incalzante. Lo spettacolo che ci ha più commosso e intrigato non è però italiano: si tratta di “32 rue Venderbranden” del gruppo belga Peeping Tom composto da danzatori provenienti da vari paesi. In un paesaggio di montagna realisticamente ricostruito dove sono poste alcune traballanti casette a mo di rifugio che lo spettatore può visitare con il suo occhio si muovono 6 performers. Rappresentano una specie di microcosmo abitato da un'umanità fatta da singoli e da coppie sempre in crisi tra loro e che si esprime con una danza che scarnifica il corpo attraverso improvvise mutazioni, spesso ironiche.Ne viene fuori uno spettacolo insolito, doloroso, dove anche qui tutte le arti della scena senza bisogno di orpelli rappresentano magnificamente la condizione umana sempre alla ricerca di una felicità che (quasi ?) mai viene raggiunta.

L’intera giornata finale del festival significativamente è stata dedicata in toto al gruppo che più di ogni altro ha creato nell'ultimo anno uno stile profondamente personale , Babilonia Teatro che ha messo in scena parte del proprio repertorio . Nel frattempo, nelle torri del castello, una Temporary Gallery ha presentato una panoramica sulle arti plastiche e la video-art attraverso le opere di giovani artisti italiani.
< MARIO BIANCHI




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