SU KLP L'ANALISI DEL NOSTRO DIRETTORE MARIO BIANCHI
Con l’inizio dell’anno, oltre a mettere in evidenza i lavori che Klp ritiene in qualche modo più significativi del 2016 attraverso il Last Seen, guardiamo in parallelo alle creazioni dedicate all’infanzia e alla gioventù più interessanti dell’anno. Uno sguardo ad un panorama variegato sia per argomenti che stili, che non ha niente da invidiare al suo fratello maggiore.
Cominciamo con una bella novità: il ritorno all’eccellenza del Teatro del Piccione
di Genova, con un significativo spettacolo dedicato all’infanzia,
attraverso un tema, quello dei migranti, che popola spesso, a volte in
modo posticcio, le creazioni dedicate ai giovani spettatori.
Con “Piccoli Eroi”, rivisitazione poetica della fiaba di Pollicino,
l’ormai storica compagnia ligure ci regala invece uno spettacolo poetico
di grande profondità.E’ una vecchia signora quella che benevolmente ci accoglie in una
piccola casa, ricostruita sul palco: una stanza, contornata da un
bosco, contiene un tavolo e sette sedie per altrettanti spettatori
privilegiati, mentre il pubblico l’avvolge dagli altri tre lati.
Tutti insieme, i sette piccoli ospiti e gli spettatori, ascolteranno in
quel luogo tre storie diverse, vivendo tre diverse notti, attraversando
altrettante case, abitate ognuna da un personaggio femminile differente,
accompagnandoci in un viaggio davvero coinvolgente.
Le tre storie percorrono la stessa vicenda ma in tempi diversi. La prima
racconta una storia di povertà e fuga di chi deve lasciare i propri
luoghi, la seconda una storia di paura per chi arriva in Paesi che poi
così ospitali non sono e la terza di speranza verso un mondo migliore,
in cui i propri figli potranno vivere più felicemente.
Simona Gambaro si triplica con efficacia per costruire uno spettacolo denso di significati ed emozioni, in cui i sette celebri fratelli della famosa fiaba diventano metafora di uomini che fuggono dalla propria patria in cerca di un futuro migliore.
Ancora una fiaba attraversa uno spettacolo notevole come “I brutti anatroccoli” di Stilema, fervida rivisitazione della famosa fiaba dei Grimm, qui per mano di Silvano Antonelli,
che realizza un vero e proprio inno alla vita in tutte le sue forme,
adottando gli stimoli e le risposte avuti dai continui laboratori che
realizza, non solo nelle scuole, sul tema della diversità.Al centro della scena vi è un grande uovo da cui escono, di volta
in volta, moltiplicandosi sul palco, i componenti della numerosa
nidiata di una mamma, paradigma della molteplicità del mondo in cui
viviamo.
Così lo spettacolo, senza che quasi ce ne accorgiamo, parla di diversità
ma anche di bullismo, inadeguatezza e accettazione della vita per
quella che è; perché ognuno, in fin dei conti, deve costruirselo da sé,
il proprio volo, facendo diventare le proprie fragilità una forza,
riuscendo a far accettare differenze e unicità di cui ognuno è
portatore.
E’ invece una fiaba moderna quella ricomposta in “Ahia!” di Teatri di Bari, ideazione di Senza Piume su drammaturgia di Damiano Nirchio, spettacolo che si interroga sul senso della vita.
In scena, in un “Ufficio nascite”, luogo dove le anime si preparano ad
affrontare la vita, un impiegato Topo, seguendo le direttive del Supremo
Signor Direttore, smista le nuove partenze, ma c’è un problema: una
donna anziana, che lì vegeta da diverso tempo, non ne vuole proprio
sapere di dover vivere per poi continuamente avere a che fare con la
sofferenza.
Attraverso un sottile escamotage la donna darà però il suo consenso e,
leggendo il libro che narra il suo futuro, si accorgerà che la vita che
le spetta è proprio quella che desiderava e che, senza “Ahia!”, non si
può costruire nessuna felicità.Uno spettacolo di notevole intensità e divertimento, pieno di
suggestioni poetiche e riflessioni, proposte con garbo ed intelligenza,
di cui rimangono indimenticabili le figure della protagonista, Lucia Zotti, e soprattutto quella del Topo, a cui Raffaele Scarimboli dà una credibilità perfetta, di incantevole resa.
Ecco poi la contaminazione fra teatro di ricerca e teatro ragazzi concretizzarsi in “Sherlock Holmes”, creazione che il Teatro delle Briciole ha deciso di affidare a Francesca Pennini e al suo Collettivo Cinetico, di solito impegnato in performance di danza.Simone Arganini, Daniele Bonaiuti e Roberto De Sarno, sulle orme del grande investigatore creato da Arthur Conan Doyle,
utilizzando l’osservazione e la deduzione innescano una riflessione
sull’arte performativa e la sua relazione con la vita: proprio iniziando
dall’analizzare il piccolo spettatore e le orme lasciate
dall’immaginario spettacolo, programmato il giorno precedente,
attraverso il suo smontaggio e relativo rimontaggio.
Stimolando, in modo semplice ma allo stesso tempo profondo, la curiosità
del pubblico dei ragazzi vengono proposte – attraverso un gioco
teatrale ironico, mai didascalico, che mantiene desta l’attenzione di un
pubblico così particolare – tutte le varie possibilità insite nel gesto
danzato, connaturate con l’identità dello spazio teatrale, identificato
come luogo dell’illusione in cui realtà e finzione, verità e apparenza
si riverberano continuamente fra loro.
La danza è rappresentata, in questo piccolo e personale florilegio, anche da “Caino e Abele” di Rodisio.
Florian Piovano e Luca Pozzati, due
danzatori non professionisti, partendo da una storia comune
all’immaginario di tutti, attraverso l’hip hop riescono a parlare agli
adolescenti della loro stessa essenza in modo diretto, con gli stessi
linguaggi da loro utilizzati.
La perfetta mescolanza di danza, musica, con parole e immagini che
appaiono su uno schermo costruisce una perfetta catalogazione dei
sentimenti che percorrono l’adolescenza, sentimenti che devono essere
incanalati affinché il risultato finale non sia la sola e unica
violenza, come il caso dell’esemplare storia di Caino e Abele sembra
suggerire.
L’attualità della vita quotidiana è ben rappresentata invece da “Family Story” della compagnia Anfiteatro.
Il regista e autore Giuseppe di Bello mette in scena,
attraverso la storia di una famiglia tipo, un tema tanto attuale e
comune quanto inusuale nel teatro ragazzi: quello della separazione
familiare.
Lo spettacolo, narrato da due sorelle (le efficaci Naya Dedemailan e Alice Pavan),
tra narrazione e rappresentazione, tratteggia in modo vivido e diretto
un tema che interessa migliaia di bambini, e che qui vive nel perfetto
rapporto teatrale fra testo e scrittura di scena. I bambini vi si
possono perfettamente immergere per osservare da vicino tutti i
meccanismi emozionali di una famiglia tipo e, nel medesimo tempo, anche
esorcizzare una possibile dolorosa separazione, trauma che solo il tempo
saprà mitigare.
La letteratura è presente in questo nostro “best of” con lo spettacolo dei Fratelli Caproni “Il viaggio di Giovannino”, cui le 15 famosissime filastrocche scritte da Gianni Rodari,
evergreen di generazione in generazione, diventano l’occasione, per gli
spettatori più piccoli, di muoversi a loro piacimento, guidati dal
bravissimo Andrea Ruberti, sul pianeta di cioccolato,
su quello fatto di nuvole e su quello in cui comanda il vento, ma anche
arrivare dove vivono gli uomini fatti di fumo, zucchero e sapone…
Lo spettacolo realizza così uno stralunato omaggio a Rodari tra
narrazione e clownerie, proponendo in modo giocoso un’immersione totale
nella fantasia, in cui il viaggio rappresenta una reale esperienza di
vita, nella quale l’incontro con chi è difforme viene considerato come
apertura a identità, razze e culture diverse.
Per quanto riguarda il teatro di figura, molto interessante è la costruzione di “Little Bang” firmato da Riserva Canini, composto da due inscindibili momenti intrisi di nuove conoscenze e stimoli fantastici.
In una prima parte i piccoli spettatori sono invitati a visitare le
opere create dai bambini protagonisti dei diversi percorsi laboratoriali
fatti dalla compagnia, a cui sono state poste precise domande: cosa c’è
nell’invisibile da cui è nato tutto? E’ possibile immaginare la materia
tutta in un punto? Cos’è il nulla? E’ vero che da cosa nasce cosa e che
tutto si trasforma? Ti va di narrarci un tuo piccolo inizio?
I bambini hanno a disposizione argilla, carta, cellophane, farina e
colori per raccontare le loro ipotesi sull’origine dell’universo.
Nella seconda parte gli stessi spettatori, entrati in sala, assisteranno
allo spettacolo vero e proprio, in cui l’attore in scena, attraverso
un’immaginazione in continuo movimento, porterà tutti all’interno di un
gioco incessante e sapiente di trasformazioni, realizzate anche qua con
ogni tipo di materiale, dalla plastica alla carta, dal cartone alla
plastilina, dall’argilla alla farina.Marco Ferro e Valeria Sacco
propongono così ai bambini di compiere un’esperienza fondante della loro
percezione del mondo. E infatti, a fine spettacolo, quasi per magia,
l’universo e il palcoscenico diventano una sola ed unica cosa.
Allo stesso modo in “Dentro di me” Ca’ Luogo D’arte
compie un percorso analogo ma realizzato all’interno dell’animo umano,
per cercare di indagare cosa esista effettivamente dentro di noi, esseri
unici e irripetibili.
A dominare la scena una credenza delle meraviglie abitata da tutto
quello che ci aiuta a diventare come vorremmo essere. Ai suoi lati
abitano Me e Te che, come all’inizio di ogni esistenza umana, partono
per la grande avventura della vita. Il primo traguardo, quello più
importante, è la conoscenza di sé, che passa anche e soprattutto
attraverso la conoscenza e la comprensione dell’altro, per una maggiore
consapevolezza del nostro vivere in un mondo complesso e faccettato. Per
far questo, su un testo di Marina Allegri, Te e Me costruiscono una vera e propria mappa per cercare e trovare, se possibile, il Sé.“Dentro di me” risulta alla fine una specie di alfabeto delle
emozioni, un originale vademecum ricco di attrezzi per la scalata della
vita, compiuto attraverso il gioco del teatro, con l’utilizzo di
pochissimi oggetti e di una credenza dal sapore e sapere antico, dove
ogni cassetto può contenere un pezzo di tutto ciò che serve per vivere
coscientemente la nostra vita in mezzo agli altri.
Se il teatro ragazzi ha il grande pregio di poter parlare a un
pubblico di ogni età, esempio meraviglioso ne è il radiodramma animato
da I Sacchi di Sabbia, “I quattro moschettieri in America”, spettacolo che si rifà alla famosa trasmissione radiofonica parodistica di Nizza e Morbelli.
Nello spettacolo, in cui convivono splendidamente pubblicità, teatro, radiofonia e grafica, i famosi eroi di Dumas
vengono catapultati nell’America degli anni Trenta e si trovano, dopo
aver meditato il suicidio, a inseguire – tra gangster, pupe e sparatorie
– il sogno di una nuova grandezza, che solo il cinema potrebbe
soddisfare.
Giovanni Guerrieri, sullo sfondo di una New York
cangiante e misteriosa, ci proietta per un’ora in un mondo
credibilissimo, creato attraverso mezzi illusori di grande sostanza
teatrale.
E ora un salto al passato. Può uno spettacolo di dieci anni fa
essere ancora attuale e parlare ai ragazzi di oggi? Certo, se, come per
“Gli equilibristi” del Teatro dell’Argine, porta in scena tutti i palpiti emotivi dell’adolescenza, che in fondo si mantengono sempre uguali.Caterina Bartoletti, Lorenzo Cimmino, Giovanni Malaguti e Ida Strizzi, attraverso l’attenta regia di Andrea Paolucci,
rappresentano sul palco le gioie e i dolori quotidiani che facevano
parte della vita di ciascuno di noi in quell’età dalle emozioni così
estreme eppure incerte, appunto sempre in equilibrio.
La drammaturgia dello spettacolo è stata scritta attraverso laboratori
di teatro nelle scuole e rielaborata da un gruppo di autori (Giulia D’Amico, Pietro Floridia, Valentina Kastlunger e lo stesso Paolucci) per essere poi plasmata, sul palco, insieme agli attori.
Ogni anno ci piace finire con uno spettacolo di una giovane compagnia. Ecco perché vogliamo segnalare la compagnia formata da Annalisa Arione e Dario de Falco con “Mai grande, un papà sopra le righe”.
Arione e De falco mettono in scena il rapporto tra un genitore e il
piccolo figlio. Lui ci mette tutte le sue agilità ed abilità, a volte
sbagliando, altre no, per mostrarci le diverse peculiarità che un padre
dovrebbe possedere, mediando sempre tra gioco e responsabilità,
osservato da una mamma che annota tutto con discrezione.
“Mai grande, un papà sopra le righe” ci pare uno spettacolo di
divertente fruibilità, in cui grandi e piccini, insieme, possono trovare
stimoli per condividere, non solo nella finzione, momenti di possibile e
autentica felicità.