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Eolo
recensioni
TEATRO FRA LE GENERAZIONI 2017
IL REPORT CRITICO DI MARIO BIANCHI

Dal 22 al 24 Marzo a Castelfiorentino, ma non solo, si è tenuta la settima edizione del Festival/Cantiere “Teatro fra le Generazioni”.

IlTeatro del Popolo, il suo ridotto, la biblioteca per ragazzi del piccolo paese toscano , il Minimal Teatro di Empoli si sono riempiti per 3 giorni di spettacoli, incontri, laboratori, anteprime e prime nazionali che hanno tentato come ben espresso dagli organizzatori della Compagnia empolese “GialloMare” di unire “tutti i differenti pubblici che convivono nella vasta platea davanti alla quale si trova chi si occupa, professionalmente o vocazionalmente, della creazione scenica per le nuove generazioni”

Quindi non solo spettacoli, ma anche laboratori, cantieri di idee e provocazioni tutti tesi a “ una ricerca artistica che non concepisce l’opera come una trincea comunicativa, divisa da rigidi steccati di genere, ma che tende verso una possibile drammaturgia intergenerazionale. Una drammaturgia che possa mettere in relazione, attiva, pezzi di platea, attraverso un confronto e di progettazione comune fra operatori, artisti ed istituzioni, a partire da alcune tematiche strettamente legate a quest'area creativa del teatro italiano “.

Ecco dunque il primo giorno riflettere per il terzo anno consecutivo sulle Residenze Toscane per verificare i risultati e le prospettive nel terzo anno della loro applicazione, ecco negli altri due giorni chiamare operatori e artisti a confrontarsi sul “fenomeno migratorio che sempre più pone domande urgenti su come favorire, ad ogni livello della vita sociale, la creazione di strumenti ed occasioni d'incontro e di ascolto fra persone provenienti da paesi e tradizioni differenti per sviluppare un necessario dialogo interculturale “, dove il teatro si pone come strumento irrinunciabile.

Ed in questo senso, oltre ad essere stati partecipi al confronto di diverse e stimolanti esperienze provenienti da tutto il paese, abbiamo visto due performance sceniche esemplificative di un teatro condiviso, una curata dallo stesso GialloMare e l'altra dalla compagnia Zaches, mentre lo stesso assessore regionale all'immigrazione Vittorio Bugli ha promesso di creare un tavolo di confronto istituzionale per favorire tutte le iniziative teatrali con al centro i Migranti.



Venendo agli spettacoli, alcune delle creazioni viste a Castelfiorentino sono già state da noi analizzate criticamente anche in altri contesti da “La piccola storia del melo incantato” di Giacomo Verde a “Diario di un brutto anatroccolo” il significativo spettacolo di teatro danza della Compagnia leccese “Factory”. Molte anche le creazioni, più propriamente rivolte ad un pubblico adulto e da noi precedentemente apprezzate da“Lourdes” di Andrea Cosentino, libero adattamento dall’omonimo libro di Rosa Matteucci a “Dialoghi degli Dei”, creazione ironica e dissacratoria dei Sacchi di Sabbia e Massimiliano Civica a “Leonce und Lena” di Patrizio Dall’Argine/Teatro Medico Ipnotico, magnifico adattamento per il Teatro di Burattini dell'opera di Georg Buchner

A Castelfiorentino abbiamo anche ritrovato con piacere Fabrizio Pallara del Teatro delle Apparizioni che è tornato coraggiosamente a misurarsi da solo con il pubblico bambino in uno spettacolo piccolo piccolo “ Fiabe da tavolo”Dalle borse magiche portate in scena da Fabrizio, simili a grandi libri, su un semplice tavolo, sono usciti sughero e carta, coriandoli e cartoline, paglia, legno e mattoncini che prodigiosamente sono diventati gli elementi per raccontare le fiabe di Cappuccetto Rosso e dei Tre Porcellini, accompagnati dai gesti e dalla narrazione dell'attore romano. Uno spettacolo minuscolo, vissuto a contatto stretto con lo sguardo dei bambini di semplice e immediata godibilità, pronto per essere portato anche nelle classi per narrare altre storie.

Ci ha convinto invece molto poco “ Il Pifferaio magico “ presentato in anteprima, dalla compagnia toscana Gog Magog, vero e proprio " pasticcio" costruito da Rossana Gay e Tommaso Taddei tra teatro di attore, teatro di figura e musica, ispirato alla famosa fiaba del Pifferaio di Hamelin.

In " Mare Mosso" Gianfranco Pedullà del Teatro Popolare d’Arte, su una drammaturgia di Manuela Critelli, ha regalato a “Teatro Fra le generazioni”, in prima nazionale, un vero e proprio omaggio al nostro Meditarraneo, raccontando il tenero rapporto tra un padre e un figlio, gli ottimi Gianfranco Quero e il non professionista Vincenzo Infantino, due pescatori. Lui, il padre, lupo di mare che conosce quasi tutti i segreti del Mediterraneo, l'altro, il figlio, insicuro ma nel medesimo tempo curioso di tutto, che ne sta imparando piano piano i pericoli e le storie in esso contenute. Nel viaggio, compiuto su una grande barca attraverso il mare, saranno accompagnati da una ragazza, che vorrebbe essere la rappresentazione tipica di una giovane dei nostri tempi, superficiale e piena di pregiudiz,i e un povero migrante, ripescato dal mare.

Insieme a loro e ai ragazzi che vedono lo spettacolo con l'ausilio di proiezioni che illuminano di incanti la grande vela impariamo a conoscere le storie meravigliose di Tifeo, Colapesce, Ulisse, Scilla e Cariddi, a osservare da vicino l'immensità del cielo che si staglia sopra di loro ma anche le incresciose peripezie dell'uomo ripescato dal mare, a cui dà credibilità il neo attore Ananias Dissekuoa.

Lo spettacolo, che ha anche la preziosità di essere agito da attori non professionisti, vive senza  eccessivi didascalismi di sorta soprattuto nel dialogo serrato tra padre e figlio e nella scoperta di quest'ultimo della complessità del mondo, recepito anche nelle sue evidenti storture.
A nostro avviso il personaggio femminile( Gaia Nanni) risulta meno riuscito, a tratti anche disturbante nella sua estenuata metaforizzazione che nulla aggiunge all'avventura picaresca che lo spettacolo intende rappresentare.


Sembra incredibile ma una fiaba complessa come “ La Regina della neve” di Hans Cristian Andersen che racchiude in sè ben 7 storie, non tutte di facile resa scenica, nel corso di questi ultimi anni è diventata uno dei plot più visitati del teatro ragazzi italiano.

A Castelfiorentino abbiamo assistito ad una nuova ed immaginifica versione dovuta a Ca’ Luogo d’arte su testo Marina Allegri con la regia e le invenzioni scenografiche del mago Maurizio Bercini, prodotto da "Accademia Perduta".La fiaba narra, come sappiamo, del viaggio compiuto dalla piccola Gerda alla ricerca dell'amico Kay, stregato e rapito dalla Regina della neve. Gerda, coraggiosa ed indomita, non si ferma davanti a niente per rintracciare il suo caro amico e nel suo viaggio alla sua ricerca, attraverso numerosi incontri, imparerà a diventare grande, riuscendo a sconfiggere tutti i malefici della perfida regina.

Bercini, come suo solito, reinventa con maestria  tutte le sette storie, delimitandole in una sorta di pedana delle meraviglie da cui scaturisce persino il diavolo e su cui l’immaginazione dei bambini può ricreare case, foreste, fiumi. Nello stesso modo i tre giovani ed efficaci attori (Stefano Capasso, Annalisa Salis, Elena Zagaglia) che interpretano e narrano la storia, di cui due provenienti dal Corso di Alta formazione, organizzato l'anno scorso da Demetra e Accademia Perduta, hanno a disposizione anche gli opportuni oggetti e costumi per trasformarsi di volta in volta nei vari personaggi che popolano la storia.

Pur abbisognando di alcuni opportuni aggiustamenti, lo spettacolo già si configura come un allestimento di ottimo livello, capace di mettere in scena in modo credibile ed efficace una storia così complessa e piena di ammonimenti salvifici.


Daria Paoletta dei Burambò nella sua ultima creazione “ Il Fiore Azzurro” mette prepotentemente in sintonia le arti dove è maestra, la narrazione e il teatro di figura, per raccontare una esemplificatrice storia zigana che racconta le avventure di Tzigo, un bambino che si mette in cammino alla ricerca della felicità e della fortuna, seguendo le indicazioni ereditate dalla madre attraverso un fiore azzurro, nato dalle lacrime versate nel momento della sua morte. Per mezzo di questo spirito guida, il ragazzo, un pupazzo( creato con perizia da Raffaele Scarimboli) che l'attrice muove con assoluta veritiera maestria, parte all'avventura attraverso boschi e villaggi, incontrando animali magici disposti ad aiutarlo, affrontando nel contempo la terribile strega Muma Padurii. L'attrice in modo credibilissimo attraverso una lingua che si nutre anche di diversi dialetti riesce a rendere vivi tutti i numerosi personaggi e luoghi che Tzigo incontra, dialogando nel contempo con il pupazzo che diventa alla fine umano, pur rivendicando in modo profondamente naturale la sua vera e particolarissima natura.

Qualche dubbio ci rimane nel cambiamento di registro della parte finale, dove interviene anche un musicista, il per altro ottimo Nicola Masciullo, e nella foga interpretativa un poco autoreferenziale della resa del personaggio della strega, che a tratti fa smarrire all'interprete la via maestra più intima del racconto che  si propone come un nuovo tassello importante e fecondo del percorso artistico dell'artista foggiana.


In “ Cappuccetto rosso e la nonna” la nuova creazione di Giallo Mare è ancora una volta la celeberrima bambina dal vestitino rosso, una delle icone più rappresentative del teatro ragazzi, ad essere al centro della storia. Ma questa volta in scena vive solo da coprotagonista, perchè il vero mattatore della storia, è la nonna. La nonna (Vania Pucci) che nella sua casa nel bosco ha allestito una vera e propria scuola dove insegna, con tanto di lavagna luminosa, manovrata da una burbera zia (Adriana Zamboni), a sua nipote, a un maiale, una capretta e una papera, come poter difendersi dagli attacchi del lupo, che, come si sa, usa trucchi magistrali di trasformazione per non farsi riconoscere. Ma Cappuccetto Rosso, quel giorno non arriva e così la nostra ansiosa e simpatica vecchiettina si trasforma in “Super Nonna” ( il momento più godibile e rappresentativo dello spettacolo) e si getta con una slitta trainata da un gomitolone rosso per aiutare la nipote, smarrita nel bosco, coinvolgendo un Cappuccetto in carne ed ossa, prelevato dalla platea, riuscendolo a salvare dalle grinfie del perfido lupo con l'aiuto anche del proverbiale cacciatore. Una storia siffatta di difficile allestimento, strampalata che naviga nella fantasia più totale di piacevole divertimento, secondo noi, avrebbe dovuto, per darle maggiore credibilità teatrale, essere forse risolta in modo surreale, quasi come in un cartone animato. L'impostazione dello spettacolo e la sua messa in scena, a nostro avviso, invece, non riescono del tutto a trovare una loro giusta dimensione interpretativa, tra elementi simbolici e reinvenzione del reale, che come detto avviene compiutamente soprattutto nella scena della trasformazione della super nonna.I bambini comunque si divertono, partecipando alle nuove avventure di una nonna davvero speciale!




 



Ci è piaciuto molto “Accross the universe” lo spettacolo che il Teatro delle Briciole per il progetto“ Custodi di nuovi talenti” ha affidato ai giovanissimi Daniele Bonaiuti e Chiara Renzi, con in scena anche Riccardo Reina, che avevamo già conosciuto in “ La repubblica dei bambini” spettacolo creato dal Teatro Sotterraneo.

“Accross the universe” è imbastito come un vero e proprio collage di quadri scenici, legati tra loro emozionalmente e concettualmente da libere associazioni di idee che indagano, sotto diverse forme, il rapporto tra uomo e universo, attraverso una forma teatrale significante che mescola in modo intelligente, l' alto e il basso, il dentro e il fuori, il finito e l' infinito, impastandola di poetica ironia.

Ne viene fuori una specie di zapping, molto vicino al pubblico di riferimento, dove convivono spot televisivi, dichiarazioni d'amore, eventi sportivi, avventure estragalattiche dove galassie e stelle si incontrano con i buchi neri che inevitabilmente covano dentro di noi, facendo scaturire il big beng delle emozioni.

Lo spettacolo non dà soluzioni, ma cerca di porre domande, di proporre suggestioni e lo fa in modo intelligentemente lieve su materie dove spesso invece i concetti proposti sono vissuti dai ragazzi come assolutamente noiosi, ma quello che più conta ognuno di loro (noi) viene invitato a guardare dentro di sè, a misurarsi con uno spazio che non riesce più a contenerci e con un tempo che corre troppo velocemente, impedendoci così di vivere la vita pienamente in tutta la sua complessità e poesia.



L’albero del pepe di ATGTP - Teatro Pirata su deazione e regia Simone Guerro con in scena Michele Battistella e Silvia Paglioni racconta la storia di una bambina che non a caso si chiama Pepe. Pepe è infatti una bimba sempre in movimento a cui sembra proprio sia caduto il pepe sui piedi. I suoi genitori e perfino il fratello hanno altro da fare che seguirne le bizze e i bisogni, così come è successo al Barone di calviniana memoria, a pranzo, davanti a un piatto di lumache da mangiare per forza, la nostra Pepe decide di sperimentare finalmente una nuova libertà rifugiandosi su un frondoso e accogliente albero per non scendere più. Su quell'albero, Pepe all'inizio per stare più sola caccia via tutti gli animali che vi abitano fino a che l’arrivo dell’inverno non le scombussola tutto, facendola tornare a più miti e utili consigli. Ma nel mondo reale, quello in cui vivono gli umani, qualcosa sta cambiando, sarà la guerra a farla tornare sulla terra ferma,riavvicinandola al fratello. Passato l’orrore, l’amato albero, ormai giunto al termine del suo ciclo vitale, si trasforma in una casa vera e propria per accogliere la nuova vita dei due ragazzi. “L'albero di Pepe” è una piacevole favola raccontata con canzoni e pupazzi di animali a cui gioverebbe forse una recitazione più misurata da parte della protagonista e un impianto meno moralistico sia nelle canzoni sia nella rappresentazione soprattutto della guerra che appesantiscono una messa in scena che per altro soprattutto nella prima parte contiene momenti assai godibili, molto apprezzati dai bambini che assistevano allo spettacolo.




Terminiamo la nostra analisi lodando in modo particolare la Lezione/spettacolo di e con Massimiliano Civica “PAROLE IMBROGLIATE”, regista e drammaturgo vincitore premio Ubu 2015 come migliore regista. "Parole imbrogliate" si configura come  un incontro/confronto con Eduardo De Filippo, personalità tra le più alte del '9oo italiano, artista e uomo che viene svelato in tutta la sua complessità, attraverso aneddoti e racconti che Civica mescola sapientemente e con consumata resa ironica con considerazioni sull'arte teatrale. Ne viene fuori un elogio dell'attore divertito e divertente impastato di commozione e tenerezza per un 'arte senza tempo .

Tra tre festival che si susseguiranno nei prossimi mesi: Teatro fra le Generazioni a Castelfiorentino, Segnali a Milano e Maggio all'Infanzia a Bari,nascerà oltre alla nostra rivista un ulteriore sguardo critico.Questo "fil rouge"operativo sarà possibile  dalla collaborazione con Altre Velocità, Teatro&Critica e Stratagemmi che svilupperanno all'interno dei tre cantieri festivalieri, un'azione di osservazione ed approfondimento critico sulle opere, gli artisti e le varie proposte che faranno parte delle tre programmazioni.

POTRETE TROVARE I RESOCONTI CRITICI DEI TRE FESTIVAL su

 TEATRORAGAZZIOSSERVATORIO.IT






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