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Eolo
recensioni
VIAGGIO IN ITALIA
TEATRO A CORTE A TORINO/ IN EQUILIBRIO A CASTIGLIONCELLO/ DRODESERA ALLA CENTRALE FIES

Si è conclusa il 3 agosto a Torino la seconda edizione del Festival TEATRO A CORTE, diretta da Beppe Navello, avente come soggetto 'Il Teatro Europeo in scena nelle dimore sabaude '. La direzione artistica ha pubblicato in questi giorni le cifre ritenute significative per riassumere e definire gli eventi che hanno avuto luogo dal 30 giugno al 3 agosto. Riportiamo di seguito i dati: Le sedi del festival sono state Aglie', Druento, Moncalieri, Pollenzo, Rivoli, Santena, Torino, Venaria Reale; il Teatro di Bra ha ospitato uno spettacolo. Hanno avuto luogo 35 spettacoli (di cui 26 in prima nazionale e 7 creazioni per Teatro a Corte 08) 71 repliche 34 compagnie provenienti da 10 paesi europei (Belgio, Federazione Russa, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Paesi Bassi, Slovenia, Spagna, Svizzera) 22 giorni di spettacolo (su 35 di durata complessiva del festival: numerose pause e interruzioni, ndr) 5 giorni di laboratori per amatori e professionisti 2 giorni di incontro con operatori internazionali 2 mostre fotografiche oltre 27.000 spettatori 14.085 biglietti emessi 7 spettacoli a ingresso gratuito 8 città e 16 differenti sedi di spettacolo 338 tra artisti e tecnici ospitati 65 persone coinvolte nell’'organizzazione del festival 98 giornalisti accreditati (di cui 46 della stampa internazionale provenienti da 13 paesi) 441 camere d'’albergo prenotate per un totale di 1512 notti 31.875 contatti al sito internet ed oltre 100.000 pagine visitate Fin qui le cifre del comunicato diffuso dalla Direzione e dallo Staff del Festival.

La Fondazione Teatro Piemonte Europa ha voluto ampliare ulteriormente la dimensione culturale del Festival includendo anche un'occasione di riflessione riguardante gli aspetti tecnici dell'evoluzione del panorama teatrale, sotto forma di un convegno che ha avuto luogo il 2-3 agosto, 'L'Europa nella Rete - Teatro a Corte in dialogo con festival e realtà culturali europee '. Al Convegno hanno contribuito numerose personalità del panorama italiano ed internazionale, dando luogo ad un intenso ed interessante dibattito sugli sviluppi futuri del panorama teatrale europeo e mondiale in una prospettiva di collaborazione fra Reti nazionali e internazionali. L'evento, gratuito, era aperto al pubblico oltre che a giornalisti ed operatori, e ha offerto una preziosa e rara opportunità di informazione, confronto e discussione.
Inoltre, operatori, giornalisti e pubblico interessato agli approfondimenti hanno avuto ogni giorno occasione di incontrarsi e di incontrare gli artisti in un contesto conviviale informale sapientemente organizzato dallo staff del festival. Il clima di accoglienza e di confronto è stato palese fin dalla serata di inaugurazione del 30 giugno, che è iniziata con un aperitivo offerto al pubblico presso i locali storici della Unione Culturale Franco Antonicelli (chi ricorda i passaggi del Living Theatre a Torino negli anni furenti degli happenings? Potete rivedere i video presso il bellissimo archivio torinese dell'ORSA).
In occasione della presentazione del Festival ha avuto luogo il vernissage dell'esposizione di fotografie di Josef Nadj , artista grafico prima ancora che coreografo, in presenza dell'autore e di numerosi artisti partecipanti al Festival. L'aperitivo di benvenuto è stato molto più di un brindisi formale, e ha dimostrato chiaramente la disponibilità dello staff e il desiderio della direzione di coinvolgere il pubblico ben oltre la semplice visione dei singoli eventi in cartellone.

Le occasioni di incontro e dialogo offerte al pubblico oltre che agli operatori sono state concrete, quotidiane e consistenti. L'edizione 2008 del festival Teatro a Corte ha indubbiamente avuto il merito di proporre al pubblico un vastissimo ventaglio di proposte, dall'intrattenimento con eventi di piazza puramente spettacolari, alla danza, al teatro di prosa tradizionale, al cinema d'autore rivisitato in chiave di sonorizzazione artistica d'avanguardia. Biglietti e varie formule di abbonamento a prezzi particolarmente interessanti e accessibili sono stati proposti, parallelamente a una grande ricchezza di materiale informativo, sia cartaceo che telematico. Ai numeri di telefono indicati sul programma rispondevano regolarmente incaricati competenti e cortesi, e il pubblico è sempre stato accolto con grande professionalità. In molti casi sono stati offerti ottimi rinfreschi e aperitivi, particolarmente graditi in occasione degli eventi all'aperto e delle serate in cui erano previsti due o più spettacoli in successione. Nelle varie località storiche gli eventi del Festival hanno rappresentato un'occasione ideale per introdurre il pubblico alla scoperta della storia e delle attrattive della sede prescelta. Ad esempio, presso la splendida, e relativamente poco nota, Agenzia dei Vini di Pollenzo, la programmazione pomeridiana e serale consentiva, tramite un'apposita convenzione, di scoprire la Banca e il Museo del Vino, e le attivita' di insegnamento e di ricerca gestite magistralmente da Slow Food.
Inoltre un eccellente sistema di navette gratuite, su semplice prenotazione telefonica anche last minute presso la biglietteria del Festival, ha permesso al pubblico di raggiungere non solo teatri relativamente decentrati come l'Astra di Torino e le Fonderie Limone di Moncalieri, ma anche e soprattutto le mete più lontane dal capoluogo piemontese, e infine di non doversi preoccupare al momento dello spostamento da una sede alla successiva in occasione di due o più eventi consecutivi.
Chi lo desiderava ha così potuto raggiungere direttamente le varie sedi del Festival a partire da Piazza Castello di Torino senza spese aggiuntive e senza doversi accollare il fastidio della guida, del parcheggio e della ricerca dei luoghi prescelti per le performances. Per molti spettatori la navetta offerta dal Festival ha rappresentato non solo un gradevole bonus, ma anche un'occasione unica per accedere senza il minimo sforzo a località sconosciute o mai visitate in condizioni ideali dopo il restauro, e di scoprirne le grandissime attrattive.

I Ci auguriamo quindi che altri laboratori di pari interesse e valore possano aver luogo nel corso della terza edizione, edizione 2009, del Festival Teatro a Corte.

Ma Il Festival Teatro a Corte 2008 ci ha anche messi a confronto con una programmazione estremamente diseguale e contrastante. La direzione artistica ha presentato il cartellone 2008 come il frutto di una politica di deliberato ampliamento del ventaglio di proposte per poter offrire ampia scelta per tutte le età e tutti i gusti, scelta comprensibile trattandosi di un Festival estivo destinato a un pubblico il più vasto possibile, potenzialmente multilingue (trattandosi di un Festival che si vuole Europeo, e che si svolge in mesi di grande afflusso turistico internazionale in Piemonte). Tuttavia è apparsa un'estrema variabilità qualitativa degli spettacoli proposti, in conseguenza della fortissima flessibilità di programmazione, tradottasi in una serie di scelte che oscillano tra vari estremi. Ricordiamo che idealmente il pubblico di Teatro a Corte 2008 era incoraggiato ad accedere a tutti gli eventi, sia grazie a proposte economicamente molto vantaggiose, sia grazie a una programmazione comodissima come orari e modalità di spostamento. Teatro a Corte rende tutti gli eventi in cartellone realmente accessibili a chi lo desidera, a differenza dei festival in cui la programmazione di spettacoli in contemporanea, o la distanza fra le sedi, o la mancanza di mezzi di trasporto e di comunicazione costringono il pubblico a scegliere alcune performances e a scartarne altre. L'effetto di determinate scelte contrastanti è quindi tanto più evidente. Possiamo elencarne alcune.
La scelta di presentare come spettacolo compiuto il saggio di fine anno di una scuola di Circo, il giorno successivo al poetico e surreale atto unico di Nola Rae 'Exit Napoleon-pursued by rabbits ', in cui la maschera e la tecnica del clown evocano, ed esorcizzano, solitudine, tragedia e orrore in una folgorante galleria di ritratti di fanatici dittatori ognuno dei quali incontra inevitabilmente la propria nemesi... cunicola. Analogamente, la scelta di presentare come un solo compiuto il primo cimento coreografico di un'esordiente, allieva dell'Accademia Albertina (Accademia di Belle Arti di Torino), all'interno di un programma che ospita eventi di segno fortissimo, come lo spettacolo della Compagnia di danza Josef Nadj 'Entracte '. La scelta di incastonare per due sere lo spettacolo di Nadj, il più duro paesaggio da lui creato finora, all'interno di una settimana di eventi altrimenti integralmente consacrata alla leggerezza circense, dal minimalismo della clownerie alla dimensione più spettacolare, come una nera meteora in una piazza piena di coriandoli.
Nello stesso modo, la scelta di programmare per ben due volte, su due sere consecutive a fine Festival, la cifra nerissima di Mossoux-Bonté, vicolo cieco di incubi e ombre gotiche senza catarsi né redenzione sia in danza che in teatro di figura.
Un connubio perfetto fra performance e sedi storiche ha culminato a Rivoli, con Décor Sonore e Métalu à Chahuter, che hanno permesso di riscoprire la reggia di Rivoli sotto forma di 'visione sonora '. Un'altra scelta vincente ha creato le condizioni perfette per l'esperienza poetica del capolavoro espressionista Der Golem di Paul Wegener e Carl Boese (1920), recentemente restaurato, sonorizzato dal vivo dai giovani, sensibili Supershock nella cornice della Cappella barocca di S.Uberto, alla Venaria Reale.

La scelta di iniziare e concludere il Festival con spettacoli di teatro di strada di ardua ambientazione nella nobile geometria della Piazzetta Reale di Torino. La scelta di investire il palco della Venaria Reale con violentissime luci laser e musica techno, dopo un pomeriggio perfetto consacrato in luce naturale al minimalismo poetico della Compagnia francese Les Souffleurs commandos poétiques, alle acrobazie sul filo secondo la tradizione circense russa di Dmitri Korneevitch, e al surreale duetto d'amore fra una ruspa e un uomo in Transports exceptionnels di Dominique Boivin, con Philippe Priasso, Eric Lamy, William Defresne, e dopo il liquido crepusculo ipnotico di Nous Tube #2 di Jorg Muller con Hyacinte Reisch. Finiti i technolaser, fuochi d'artificio e musica dal vivo nella notte con The World Famous with Terrafolk.

I luoghi sono bellissimi, l'Europa attende, l'edizione 2009 potrà essere indimenticabile se alle qualità che il Festival possiede abbondantemente (eccellenza nella comunicazione, generosità nell'accoglienza e volontà di raggiungere, informare e coinvolgere il pubblico) la Direzione artistica vorrà aggiungere un taglio che consenta di mantenere un amplissimo ventaglio di proposte senza rinunciare a selezionare spettacoli la cui qualità sia ulteriormente rappresentativa della scena internazionale oltre che all'altezza dell'eccellenza dei luoghi e delle intenzioni di chi vuole Teatro a Corte degno di coesistere sullo stesso piano dei grandi festival estivi europei. L'abbinamento felice fra unicità dei luoghi e unicità di creazioni ad essi adeguate oltre che intrinsecamente di altissima qualità, come nel caso della proiezione del Golem, costituisce la chiave per un Festival dotato di un'identità forte che non tema confronti. Grati di aver scoperto, o ritrovato, alcuni artisti e luoghi meravigliosi, attendiamo l'edizione 2009.
EUGENIA PRALORAN


Drodesera 2008, ovvero come il teatro possa contenere in sé una drammaturgia così forte da non aver bisogno di parole,quasi che fossimo stanchi di usarle in quella accezione e che abbiano quindi perso di valore,così forte da non avere quasi mai il bisogno di esprimere sentimenti perchè anche questi sono da rifondare in un gioco di scarnificazione assoluta dei vari linguaggi. Teatrodanza, teatro del corpo,teatro dell'immagine,performance in un confronto anche tra la generazione ormai consolidata della ricerca, come Fanny&Alexander e Teatro Clandestino, portati all'investigazione di altra linfa vitale e la nuova , tesa alla riconferma dei primi esiti felici, con uno sguardo poi all'Europa. Con una scelta rigorosa ,coerente, rischiosa, ben confermata nella frase che chiosa gli intenti di questa edizione del festival “Noi siamo una famiglia“, Dino Sommadossi e Barbara Boninsegna hanno chiarito subito le forme e le poetiche che hanno pervaso gli spettacoli visti per dieci giorni nella Centrale di Fies nella scelta dei gruppi che formeranno la Factory ossia una vera famiglia teatrale che avrà Fies come casa: Sonia Brunelli,Dewey Dell,Francesca Grilli,Pathosformel, TeatroSotterraneo.

E iniziamo la nostra analisi del Festival proprio da quest'ultimo gruppo di cui avevamo apprezzato a suo tempo “Post-it”come frutto già maturo di un percorso preciso. E” La Cosa 1 “ con l'elaborazione drammaturgica di Daniele Villa ed in scena Iacopo Braca, Sara Bonaventura, Matteo Ceccarelli, Claudio Cirri, ci pare confermarlo, qui lo spazio scenico è attraversato da corpi che corrono letteralmente a per di fiato, persone che non riescono più a comunicare tra loro, le parole sono banali, smozzicate, sconosciute o tuttalpiù sono coperte dal rumore dei passi che rimbombano sulla scena. Sono persone comuni i nostri protagonisti ma non possono esserlo,come atleti acclamati dalla folla hanno bisogno solo di apparire vincenti, i sentimenti sono nascosti,non c'è tempo per quelli,l'importante è correre per arrivare primi, ma è una corsa che sfocia nel nulla.. La corsa è interrotta, come è già stile del Sotterraneo ,da brevi siparietti,venati costantemente da ironia dove ci sta pure una grande foca di pelouche ,si ride parecchio per non piangere, per altro senza sottolineature di senso.
Pathosformel poi, dopo la drammaturgia dei corpi nascosti, ma ben presenti di” La timidezza delle ossa “, in “The skinny distance/la più piccola distanza “abbandona addirittura il corpo dell'attore per affidarsi alla geometria di piccoli solidi quadrati sospesi per aria che interagiscono con la musica in un “Ballet mecanique” di intrigante intelligenza,una specie di partitura emozionale dell'oggetto. La scena e l'ora scelta per la performance fanno parte integrante dello spettacolo, lo spazio è geometico, profondo ,la luce trascolora e alla fine tutto si confonde, altre trasparenze illuminano lo spazio.E' una ricerca che affonda le radici in quella degli anni trenta che rimanda alla tradizione tra arte e teatro astratto di figura.
Dewwey Dell in “Kin Keen King “ Teodora Castellucci mette in scena invece creature forse zoomorfe,uomini vestiti da un aggiunta come si legge in locandina, ,il movimento e la danza sono l'unica possibilità per emergere,le musiche e le luci di Demetrio Castellucci ridondanti si mescolano ai rumori della natura
Sonia Brunelli invece scarnifica la danza,le tre danzatrici ? partendo da una configurazione grafica, si affidano a semplici movimenti soprattutto di gambe, sofferti,quasi impotenti, le tre entità in movimento si incrociano ripetendosi in uno schema preciso guidato da impulsi sonori, si sfilacciano a turno i costumi in un gioco un poco noioso,fin troppo lungo nella sua sfibrante brevità,forse.
Silvia Costa in” La quiescenza del seme “ è immersa invece in una teca che piano piano si colma d'aqua, il corpo dell'attrice si muove poi piano piano,inventa faticosamente pose diverse ,poi tutto scolora, tutto diventa scuro,di lei appaiono illuminate a tratti le gambe, le braccia che appaiono in un gioco di chiaroscuri che rimandano alla pittura,Caravaggio,forse.
“Nanou” in “Sulla conoscenza irrazionale dell'oggetto” offre un percorso personale su un tema cruciale? della nostra esistenza,la bestia,l'erotismo della bestialità.Il corpo dell'uomo e della donna (Marco Valerio Amico e Rhuena Bracci) si muovono come bestie in uno spazio profondo che si illumina solo a volte, non si toccano forse mai l'uomo e la donna , si esprimono con urli improvvisi e parole solo mormorate. Solo alla fine con un ricordo forse dell'ultima scena del Salò pasoliniano,c'è una specie di ballo,ma è solo un attimo , l'emozione non c'è,non è gradita. E d'altronde quasi tutti questi spettacoli negano l'emozione,ciò è quasi un manifesto. L'avverbio 'forse ',giustamente , ci riverbera in ogni spettacolo,ogni spettatore con le sue conoscenze,le sue emozioni “legge” autonomamente quello che si trova davanti, il gioco intellettuale prende il posto dei grandi temi,non è più l'ora,il momento,o forse non lo è proprio adesso?

La ricerca acclarata era presente a Dro con Fanny&Alexander e Teatro Clandestino Fanny&Alexander ,Chiara Lagani e Luigi de Angelis, compie un percorso composto da diversi spettacoli intorno al “Mago di Oz”, a Dro abbiamo visto “Est” e “Kansas” Ovviamente come accade sempre negli spettacoli del gruppo romagnolo lo spettatore è messo a dura prova per cercare di penetrare i simboli che costellano gli spettacoli anche se alla fine di “East” il performer Koen De Preter ci avverte di stare tranquilli che non ce ne sono di simboli.
Nel bellissimo spazio della Forgia c'è un ragazzo senza più cuore che parla una lingua fatta di battiti, Battiti brevi e battiti lunghi, quasi un alfabeto morse di un cuore immaginato e immaginario: Una voce , forse lo stesso Oz gli impartisce dei comandi,sul suo corpo le immagini di una ballerina indiana. Ad un certo punto il performer apre la grande finestra sul fondo e la natura penetra nella stanza, i sui suoni sono amplificati ed immediatamente il teatro senza bisogno di significati entra indissolubilmente nella stanza.Il luogo ha la medesima carica emotiva del testo,in questo caso di più.
In “Kansas “ invece siamo in un museo,sulla parete,ritratti femminili di diverse epoche in cui l'attrice, la stessa Lagani , in scena intende rispecchiarsi,uscendo dal suo Kansas per volare sopra l'arcobaleno come nella famosa canzone di Judy Garland e come nel famoso film vi è l'uragano che spezza l'emozione, statue che rimandano a Cattelan forse ci suggeriscono che nella nostra società l'intellettuale è impotente davanti alla guerra. Forse e ripetiamo forse sarebbe necessario vedere tutti gli spettacoli che compongono il progetto legato a Baum per gustarne appieno la sostanza. Comunque se ne pensi un percorso quello dei Fanny intrigante,unico nel panorama nazionale.
“Candide” di Teatro Clandestino tratto dall'opera di Voltaire , purtroppo interrotto dalla pioggia, offre a Pietro Babina di misurarsi con un testo classico trattandolo a suo modo come un'opera rock. Tre attori si muovono alla ricerca di uno dei migliori mondi possibili su un palcoscenico centrale circondato dagli spettatori.

Figura sempre presente a Drodesera è Virgilio Sieni, questa volta il maestro italiano costruisce in “Tregua, intorno ai corpi” due numeri con l'accompagnamento del contrabbasso di Stefano Scodanibbio che già aveva fatto da contraltare a Rodrigo Garcia. Nel primo Simona Bertozzi Ramona Caia e Cristina Rizzo, complice un raffinato sipario lateraledi nastri che illumina di chiroscuro la scena, si muovono con altrettanto raffinata intensità con rimandi evidenti alle pitture del Rinascimento ,nel secondo è lo stesso Sieni a deliziarci con la sua danza intorno allo strumento che ora è al centro della scena.
L'apporto straniero ha portato a Dro due composizioni dei belgi di “Abattoir Fermè “ , “Just Linda” e “Tourniquet “. “Just Linda” è una divertente performance in cui in una teca le trasformazioni di una perfetta donna di casa in un essere androgino vengono esaminate come in un esperimento da sezionare in un laboratorio. Tourniquet invece è un lungo pezzo mortuario a tre ,dedicato a tutte le vittime dei pedofili, tre esseri,due uomini e una donna vivono in una casa fatiscente ; attraverso le loro trasformazioni che ne evidenziano la mostruosità restiamo colpiti da un alternarsi di visioni dal fascino inquietante. E' un continnum barocco dove il sangue regna sovrano.


IN EQUILIBRIO A CASTIGLIONCELLO

Ancora una volta “INEQULIBRIO” giunto alla sua ottava edizione a Castiglioncello si propone non come un vero festival ma come un laboratorio in continua evoluazione che nonostante i tagli anche quest'anno ci ha regalato negli ultimi giorni di programmazione seguiti da Eolo numerose sorprese.

“Scimmia” Studio per Woyzeck conferma l'eccellenza del percorso artistico di Claudio Morganti, qui in scena con un altro attore , lo straordinario Francesco Pennacchia che impersona il celebre personaggio creato da Buchner,lui ,Morganti, fa il ciarlatano che imbonisce il pubblico, che strapazza e corteggia la bestia in un gioco di raffinata teatralità che fa già intravvedere il risultato finale,immergendolo in una quotidianetà che rende ,se si può ,ancora più esemplare questo testo immenso, come si sa , scritto all'inizio dell'Ottocento, ma di grande e profonda inquietudine tutta contemporanea.
Di grande risalto anche “Salvatore, Cacaticchiu,Gambilonghe e Ferdinando” della compagnia Lombardo Suriano Aiello che rivisita un episodio sconosciuto del Risorgimento con grande forza emotiva. I fatti storici raccontati sono quelli passati alla cronaca come i “Moti di Gerace” Il 2 ottobre 1847, nel Regno delle Due Sicilie, nella piana di Gerace, alle quattro del pomeriggio furono fucilati cinque giovani calabresi: Michele Bello, Pietro Mazzone, Gaetano Ruffo, Domenico Salvadori e Rocco Verduci. I cinque, poco più che ventenni, erano accusati di essere i capi di una rivolta contro il Re che per alcuni giorni seminò lo scompiglio nei comuni del distretto di Gerace, una rivolta che intendeva riscattare l'amarissima condizione delle genti di Calabria.
Nel testo di Francesco Suriano che ne cura anche la regia , scritto in un calabrese denso che la drammaturgia rende per altro comprensibilissimo , il fatto è vissuto dall'agente segreto del Regno delle Due Sicilie Salvatore Saltalamacchia, impersonato tra narrazione ed interpretazione dal giovane bravissimo attore Alessandro Lombardo a cui fa da contraltare, non solo musicale, un altrettanto efficace Francesco Aiello.
Lo spettacolo narra la vicenda attraverso cadenze da fiaba ,accompagnate da canti e con improvvisi sbalzi di fantasia che stemperano il crudo evolversi dei fatti, in modo immaginifico ma assolutamente in armonia con il contesto narrativo, conducendoci dalle strade malfamate di Napoli sino alle stanze del re per concludersi amaramente nelle campagne calabresi dove i contadini morivano di fame.
Sulla scena predomina l'alluminio che di volta in volta crea ambienti e personaggi sempre nuovi in un turbinio di situazioni efficacissimo non privo di dolente espressività.Insomma il gioco della memoria è risolto con moduli nuovi e straordinariamente teatrali.

Elena Guerrini di Orti Insorti , indimenticabile attrice di molti spettacoli di Pippo del Bono , nel Parco del Castello Pasquini, celebra senza retorica con l'aiuto di Pasolini , dell'indimenticato nonno Pompilio,ma anche del saggio giapponese Fukuoka, il giardino come emblema primario della vita. Gli alberi sono trattati come persone, la natura trionfa attraverso un racconto venato di ironia e di profonda adesione con il mondo.
Gaetano Ventriglia in “Otello alzati e cammina” ,rivisita in chiave moderna il personaggio di Otello attraverso il punto di vista sarcastico di Iago, il rapporto tra i due è un gioco nichilista al massacro dove tutti e due i personaggi sono entrambi soccombenti,ma lo Iago di Ventriglia che spesso esce dal personaggio per restituire intatto il suo sguardo ironico sul mondo, nella sua vacuità possiede una marcia in più, conosce quello che fa e quello che fa gli dà il senso della vita, mentre l'altro Otello, non comprende nulla, nemmeno l'amore che gli è d'accanto. Il teatro di Ventriglia è un teatro sommesso,colloquiante che ti apre panorami più ampi su storie che ti sembravano già possedute.
“Tutto è vivo” presentato a Castiglioncello è l'ultimo spettacolo del Tam Teatromusica che rispetta in pieno il cammino unico in Italia di questa coraggiosa compagnia, sempre attiva nella costante ricerca di come l'elemento musicale si possa coniugare con la scena.Anche qui sono gli strumenti musicali a farla da padroni sulla scena, anzi sono loro i veri personaggi della performance, messi in relazione con gli animattori dal segno luminoso della matita di un pittore che segna i loro contorni,luce e colore abbagliante Tutto suonato dal vivo ci pare però pur nell'eccellenza del risultato che le ragioni della tecnologia offuschino a volte quelle del cuore.

Maria Grazia Mandruzzato attrice storica di Thierry Salmon sul una drammaturgia di Luca Scarlini mette in scena un monologo tratto da” Lettere di una novizia di Guido Piovene”, il volto austero, scavato dell'attrice ci parla del suo rapporto impossibile con una figlia Scritta nel 1941 come romanzo epistolare ,l'opera di Piovene narra la tragica vicenda di una ragazza che lascia il convento in cerca di libertà per poi morire in carcere E appunto a lei che la Mandruzzato si rivolge raccontando al pubblico l'intricato rapporto irrisolto d'amore e di odio con la figlia . E' un teatro come si usava una volta di attrice,dove le ragioni dello spettacolo sono soprattutto nascoste nell'emozione delle parole che scaturiscono da una recitazione forte e coinvolgente.
Inusuale,fragile sempre al limite dello scherzo, attraverso i toni della commedia beffarda, lo spettacolo di “Zoe Teatro” “ Malacorte” che mette in scena un cuoco, un re ed un ministro trasformista per un gioco crudele sul potere. Lo spazio è uno spazio indefinito dove i tre personaggi abitano luoghi concomitanti ma assai lontani,è la stanza del potere che a volte li accomuna, una stanza dove solo la corona ha importanza o forse neanche quella, mentre il popolo nemmeno esiste . Sono fantocci che ripetono giochi uguali a sé stessi senza possibilità di riscatto.
In “Il Trattato dei manichini” di Teatro Persona del giovane regista Alessandro Serra uno dei più interessanti dell'ultima generazione teatrale tra Tim Burton e Fellini la scena è popolata da esseri che rimandano ad un mondo claustrofobico,crudele. Il risultato è sì a volte piacevolmente estetizzante ma alla fine assai ripetitivo e avrebbe bisogno di essere maggiormente governato e forse in futuro lo sarà.

Studi, spettacoli quasi compiuti immagini come quella della Clownessa Patrizia Airoldi che rimanda a Toulouse Lautrec e che ci dispensa aforismi in un poema di parole e musica in sette movimenti,forse troppi ma comunque intrigante.
Poi c'è “Per farla finita col teatro di vernacolo”di cui non capisci il senso e perchè sia stato finalista al premio Riccione,ma forse è colpa tua ma Massimo Paganelli ascolta come sempre tutti in questo Festival dove si cerca sempre e quasi sempre il teatro è ritrovato.
MARIO BIANCHI




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