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Eolo
recensioni
Es.Terni
IL REPORT DI MARIO BIANCHI SULLA QUARTA EDIZIONE DEL FESTIVAL

La quarta edizione di ES. terni, festival della creazione contemporanea, che si è tenuto a Terni dal 18 al 26 Settembre, alloggiato quasi del tutto nel magnifico spazio della ex Siri, ma che ha anche inondato con le sue suggestioni tutta la città, ha consolidato le caratteristiche di questa manifesta zione che si pone autorevolmente nel panorama dei Festival italiani più importanti ed innovativi.
Il centro di ES.terni come si è detto è stato CAOS, il Centro Arti Opificio Siri, inaugurato di recente che si compone di 6000 mq di luoghi dedicati alle arti, tra cui il museo d'arte moderna e contemporanea Aurelio De Felice, spazi espositivi temporanei, il museo archeologico, la biblioteca museale, un teatro da 300 posti e luoghi di servizio e aggregazione.
Un festival dalla fortissima identità culturale che ha posto al centro di questa sua edizione l'identità dello spettatore e quindi del suo rapporto non solo con il teatro ma con l'atto artistico stesso agito nella contemporaneita ; come già succede a Dro, ma forse in modo più estremo, le scelte operate dalla commissione artistica hanno indagato a trecentosessanta gradi sullo sguardo dello spettatore declinato in tutti i suoi aspetti.

Festival che rompe gli schemi stessi dell'atto teatrale dunque e lo fa provocatoriamente anche con se stesso e con la città che lo ospita, se, come icona dell'edizione di quest'anno, è stato scelto il “Manneken pis”, il famoso bambino che fa la pipì, proprio per ricordare il preteso scandalo della terza edizione, quando un attore orinò sul palco del Teatro Verdi creando scompiglio nei benpensanti della città umbra.
Ed è per questo che giustamente l'inizio del Festival è stato affidato alla compagnia slovena che aveva compiuto il misfatto e alla sua nuova performance “Vita nuova” , naturale svolgimento di “Via Negativa”, il progetto internazionale nato a Lubljiana nel 2002 che per sette anni ha posto al centro del percorso della compagnia il tema di sette peccati capitali analizzati come aspetti propri di della personalità di ciascuno.
Attraverso una selezione e un montaggio dei materiali sviluppati su questi temi durante gli anni del progetto Via Negativa, nel 2009 il collettivo formato da Boris Kadin, Kristian Al Droubi e Bojan Jablanovec approda alla conclusione di questo ciclo di lavoro con appunto il progetto Via Nova.
Il percorso performativo intende compiere un discorso approfondito sulle logiche dell'arte contemporanea dove l'artista deve necessariamente essere sottoposto ad una produzione continua con l'idea che il prodotto artistico creato debba essere sempre nuovo e dunque insolito. Il piacere dello sguardo teatrale dunque deve derivare solo dal nuovo “che si iscrive nei limiti del già noto”.
Tutto ciò e altro è stato proposto nella serata iniziale composta da quattro momenti, tre performativi “Quello che Beuys mi diceva mentre giacevo morto nel suo grembo”, “Gioco con stuzzicadenti”,” intervista con l'artista “ed uno finale con un dibattito coordinato dal professor Lorenzo Mango.
Tre momenti performativi tutti giocati sulla provocazione, sempre corroborata dall'ironia ma che nel secondo” pezzo” diventa attraverso un gioco feroce anche un' amara riflessione sulla guerra tra serbi e croati. C'è un po di tutto dalla Body art, all'arte concettuale, al profondo dibattito culturale, sino alla grande emozione teatrale quando sulle note di Verdi gli spettatori annaffiano un albero che nasce dal corpo dell'attore.
E nel dibattito finale viene analizzato con il pubblico il ruolo dell'artista “ nella volontà di scandagliare, capire attraverso domande, l'oggetto che ci si trova davanti e ancor più capire nostre posizioni e prospettive, per verificare la possibilità di conoscerci e cambiare attraverso l'esperienza che l'arte ci offre”.Una serata “dimostrazione” nel vero senso della parola che ci ha aperto gli occhi su tutte le varie direzioni in cui si muove l'arte contemporanea e come il teatro possa contaminare tutte le altre arti.

Come si è detto al centro dell'indagine del Festival in diverse performances è stato il ruolo dello spettatore.

Nella più estrema ma nello stesso tempo la più immediata e spirituale “Oot washing for the Sole” di Adrian Howells vi è attraverso i piedi il rapporto interattivo e intimo tra lo spettatore e l'attore anche se i due termini ovviamente non hanno più senso.
Tra i due nasce un legame profondo basato come già detto sui piedi in cui lo spettatore deliberatamente sceglie di mettersi al servizio del performer in un vero e proprio atto d'amore . Howell glieli lava , li asciuga, li cosparge di incensi e olio di mandorla, e li massaggia baciandoli in un vero e proprio rito recitato in arabo ed in ebreo.
In Domini Pubblic invece il regista catalano Roger Bernat, come un gioco da tavola a grandezza naturale, riunisce un gruppo di persone in una piazza. Esse, attraverso una cuffia, seguendo una serie di domande e di istruzioni, si spostano nello spazio aperto iniziando a formare dei piccoli gruppi, mettendo in evidenza schematismi sociali in una sorta di gioco di ruolo dove ad un certo punto il tema della guerra diventa centrale.
Lo spettatore diventa dunque protagonista come nel progetto “Tangeri” formato da due movimenti rispettivamente per uno e per tredici persone dove Caterina Poggesi e il gruppo Fosca immergono il pubblico in una vaga evocazione di inizio secolo scorso di stampo cinematografico .
Interventi interessanti ma dove secondo noi manca un vero e proprio scarto emozionale e drammaturgico, insomma il tuo sguardo seppur sollecitato rimane sostanzialmente passivo e privo di vere emozioni teatrali in un gioco certo interessante e ben costruito ma che potrebbe essere più incisivo.
Stessa cosa avviene seppur con metodologie più intriganti in Postilla di Menoventi , uno dei gruppi più interessanti dell'ultima generazione teatrale. Qui lo spettatore viene accolto in una stanzetta, un piccolo ufficio, dove un uomo lo riceve sul suo posto di lavoro e gli chiede di fare una scelta. Deve vendere l'anima per vedere lo spettacolo ed accentando la sfida si vedrà protagonista dell'evento. La performance agita in tutti gli spazi del Teatro Verdi riflette in modo singolare ed intelligente sulla messa in scena, sullo spettacolo teatrale come arte che ci avvolge e che non ci lascia tregua ma anche qui vince il concetto, manca l'inferno dell'assunto, rimane tutto un gioco e a nostro avviso si poteva osare molto di più soprattutto quando lo spettatore rimane da solo davanti alla platea completamente deserta.
Il coinvolgimento dello spettatore avviene anche in ”Pitecus” di Antonio Rezza e Flavia Mastrella. Il teatro di Antonio Rezza ironico e beffardo è realizzato attraverso piccoli sketch in cui personaggi sbucando dalle fessure e dai buchi dei vasi di stoffa variopinti che compongono la scena creano microcosmo perversi dove ogni cosa viene messa in discussione.
E' uno spettacolo che analizza il rapporto tra l'uomo e le sue perversioni, dove ogni cosa viene contaminata da un sarcasmo feroce, una specie di specchio deformato del mondo, dove si ride amaro. Dobbiamo dire che quello che ci intriga di più in “Pitecus” non è tanto lo spettacolo che ci pare poco articolato e spesso ripetitivo ma il modo in cui Rezza strapazza gli spettatori con un senso del ritmo e dell'invenzione provocatoria veramente notevole come accade anche nel filmato che precede lo spettacolo ed è in questa direzione che pensiamo Pitecus sia stato scelto da Es terni.
Roberto Castello provoca invece il pubblico in piazza allestendo una festa di nozze dove una sposa, uno sposo e un terzo personaggio sono accompagnati da una colonna sonora di musiche zingare che ce la immettono in un'atmosfera di festa dove anche il pubblico è invitato a bere ma anche a coprire ogni cosa di stoffa.

Di veri e propri spettacoli si parla invece per “Tabula Rasa “di Leonardo Delogu e per “Unido” di Sineglossa. Tabula rasa performance/evento site-specific, ideato per la città di Terni,è il primo esito del progetto “tu sei dunque venuto in questa casa per distruggere”di Leonardo Delogu che si è avvalso della concezione e disegno dello spazio suono di Davide Tidoni e con la partecipazione di Mihaela Stan e Matteo Ceccarelli.
Delogu, attore in qualche modo icona di Cesare Ronconi e Mariangela Gualtieri, in un immenso spazio vuoto e oscuro che prende vita, suono e luce, costruisce e distrugge una baracca mettendola in relazione con il cielo stellato, cercando di indagare “ le forme dell’abitare dell’uomo contemporaneo per farne elementi estetici e drammaturgici di una creazione artistica collettiva sulla condizione umana presente”che è sempre in cerca di una bellezza ideale difficilmente raggiungibile. Federico Bomba di Sineglossa invece pone a compimento a Terni lo spettacolo “Unido” giocando in modo radicale con la percezione visiva dello spettatore e lo fa mettendo in discussione l'identità di genere in uno spettacolo dove il femminile ed il maschile vengono continuamente ribaltati mescolati e sovrapposti rimandando all'ermafrodito come punto limite di questa ricerca. L'essere uomo e l'essere donna all'inizio assai chiari nel loro essere appunto, piano piano perdono la loro identità, attraverso corpi in movimento, gesti, segni,immagini che si rincorrono continuamente.
Lo spettacolo è ardito e composito, zeppo di suggestioni dove il gioco scenotecnico delle sovrapposizioni provoca uno straniamento notevole nel pubblico ma ci sembra ancora opportuno che tutti i materiali accomulati vengano resi meno didascalici soprattutto nella prima parte. Come a Dro abbiamo dunque assistito alle mille forme in cui si esprime il nuovo teatro italiano, alle mille forme con cui il contemporaneo cerca di stimolare lo spettatore verso nuove direzioni dove l'attore ha una parte sempre più trascurabile almeno nell'accezione tradizionale del termine.

Tutto ciò nei primi tre giorni del Festival che ha offerto però altre e numerose possibilità di visioni da Silvia Costa/Plumes dans la tete coprodotto da Uovo Performing arts festival di Milano a Marina Giovannini e Samuele Ardini, vincitori del 'Premio Equilibrio Roma 2008 ' che hanno presenterato a Terni nella sua forma completa 'Pausa Paradiso ' e poi il Gruppo Nanou , i Motus.
La danza è stata rappresentata da Pere Faura (Portogallo/Olanda) giovane danzatore e coreografo portoghese, residente in Olanda che ha collaborato con Jerome Bel e Ivana Muller. Affascinante anche l'intervento urbano degli olandesi Refunc Denijs Oudendik e Jan Korbes, designer e architetti che lavorano con oggetti recuperati e che hanno creato un'apposita installazione per il festival.
MARIO BIANCHI




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