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recensioni
VIAGGIO IN ITALIA
DIARIO QUOTIDIANO TRA I FESTIVAL ESTIVI A CURA DI MARIO BIANCHI

Il viaggio in Italia tra i festival incomincia a Pinerolo. A Pinerolo in quello organizzato da Teatro Alegre “Immagini dall’Interno” si è vista una nuova tappa del percorso intrigante che lega Dino Arru del Bostik a Beckett, questa volta con l’aggiunta di suggestivi riferimenti al grande pittore irlandese Francis Bacon. Anni fa avevamo visto un bellissimo spettacolo con Arru che coadiuvato da una splendida Paola Roman metteva in scena “Giorni Felici”. Questa volta il riferimento e a”Atti senza parole” , performances mute del grande drammaturgo. La marionetta protagonista, quasi un alter ego di Arru che spesso guarda con pietà la sua creatura non lesinandole però anche qualche scapaccione, si muove in un mondo senza contorni precisi dove non riesce a governare né lo spazio né il tempo.
Gli oggetti si muovono intorno a lui schiacciandone la volontà, il tempo è scandito da orologi inesorabili e da colpi di fischietto che rendono ogni sua capacità di volere, inutile. L’uomo e la marionetta sono finalmente tutt’uno non più una metafora uno dell’altro ed il fatto che lo spettacolo venga agito su un altare di una chiesa ancora addobbata dà alla performance un’aura di algida sacralità suggestivamente inquietante. Le atmosfere del pittore e del drammaturgo sono colte nella loro essenzialità dando al teatro di figura lo spessore di un teatro totale.

+++++++++++++++++++ A Belluno il piccolo/grande festival “Filo d’Arianna” organizzato dal TIB Teatro all’inizio di Luglio che si muove tra i miti di ieri e di oggi rende omaggio a Pasolini. Ecco le due creazioni delle Ariette,“L’estate fine” e “Secondo Pasolini”. Francamente più interessante ed emozionante il secondo con quella specie di funerale che si snoda tra le strade del paese tra vere e proprie stazioni di Via Crucis per poi terminare in un prato della periferia dove viene proiettato il ' Vangelo secondo Matteo '. Lo spirito pasoliniano si fa’ magicamente carne nelle sue parole in scenari evocanti la sua tensione all’assoluto che si manifesta nella natura e nelle cose che ci circondano. Ecco “Italia mia ” dei “Bababbaluk “ dove il mondo pasoliniano riemerge attraverso le ombre dei suoi personaggi che un beffardo talk show vorrebbe inutilmente omologare. E’ la morte del poeta anche qui con il suo funerale a rendere vivi i suoi pensieri, i suoi eroi gioiosamente vinti ,incarnati da una “ comparsa “ di Decameron che appare in video per ricordare quella sua straordinaria esperienza.
E’ un teatro quello del gruppo napoletano di Sergio Longobardi volutamente “sbrindellato”fatto di apparizioni, di monologhi lancinanti, di voci lontane. I miti del passato prendono vita attraverso le rivisitazioni che Renato Carpentieri e Lello Serao hanno fatto di Ismene,Cassandra( ambientato alla stazione di Belluno) e Immanuel Kant. Su tutti rimane nella memoria il servo del grande filosofo tedesco Lampe che con una invenzione folgorante Carpentieri interpreta e fa recitare in napoletano e che contrappone le incertezze dell’uomo comune alle certezze della ricerca di una verità assoluta. I miti del passato poi riemergono anche nell’intrigante evocazione che Sista Bramini fa della mitologia. E’ una specie di narrazione quasi cantata che immerge gli spettatori in uno spazio senza tempo dove ogni sortilegio è possibile e dove Diana e Atteone, Ermafrodito, Persefone e Demetra ricompaiono vivi a ricordarci L’estremo fascino così attuale del mito .Un modo di raccontare quello della Bramini molto personale che si discosta dalla moda imperante di una narrazione pedissequa che sta invadendo tutte le piazze italiane
Piccolo grande festival questo di Belluno che ogni sera ha accompagnato gli spettacoli con un approfondimento di Massimo Marino su Pasolini e con un convegno intitolato “L’effimero che permane”dove è parso a tutti chiaro che ormai Il teatro,quello delle passioni vere abita i piccoli luoghi, i piccoli festival, le piccole Compagnie,magari dimenticate dal ministero come il Tib e Belluno,dunque.

+++++++++++++++++++++ Molte e piacevoli le sorprese alla ottava edizione di “Inequilibrio” il festival che Massimo Paganelli di Armunia dirige a Castiglioncello e dintorni.Sorprese dolci come il nuovo lavoro che Roberto Abbiati ha confezionato con Leonardo Capuano,sì proprio confezionato per i propri spettatori:”Pasticceri,io e mio fratello Roberto.” Dopo averci intrigato con Moby Dick e con un avventuroso viaggio molto particolare di una giraffa ci delizia con una educazione sentimentale in pasticceria.
In una pasticceria riprodotta dal vero a stretto contatto con il pubblico, Roberto con suo fratello a suon di musica preparano dolci che poi gli spettatori mangeranno ma soprattutto fantasticano amori forse possibili. Novelli Cyrano e Cristiano, sono uguali e diversi, uno balbetta e l’altro no,uno e cuoco l’altro solo apprendista, uno è legato alla terra.l’altro alla poesia,ma ambedue coltivano sogni d’amore. E’un dolce contrappunto di umori e di sapori che Abbiati e Capuano impastano con grande sagacia di mezzi espressivi, attorali e puranco culinari in uno spettacolo molto gradevole che non lesina anche momenti di fine melanconia.
Andrea Cosentino dopo “Andromaca” e “L’Asino Albino” ci consegna la sua prova più matura in “Angelica”,riflessione dolceamara sulla morte nella società contemporanea che la televisione spettacolarizza ma che ognuno di noi vive poi indifeso alla propria maniera, Il racconto di Cosentino, come il ricordo della vita passata, si spezza di continuo,entra in personaggi immaginati e reali, ci consegna elaborazioni intellettuali sulla concezione del tempo, si misura con gli eroi della televisione demistificandola con un uso irriverente di oggetti e pupazzi.
Tutto ciò diventa il pretesto per l’attore/autore per parlare del nostro tempo in modo intelligente e con un uso dei propri mezzi interpretativi che diventano ogni volta più coerenti e personali. Non del tutto convincente invece,anche se altamente coraggiosa ,la produzione di punta del festival “I costruttori di imperi “di Boris Vian con Alessandro Benvenuti protagonista e con la regia di Davide Iodice. Tre bellissimi azzardi che però non riescono a rendere sufficientemente credibile lo spettacolo. Sia perché il testo di Vian è parso superato chiuso come è in un linguaggio forzatamente poetico sia perché la regia di Iodice non ne approfondisce le le molte suggestioni ioneschiane che pure il testo possiede . Forse Iodice non deve misurarsi con testi già scritti ma deve lasciarsi andare a suoi sogni come nel meraviglioso “La bellezza”.
Bellissimo invece ci è parso il “Finale di partita” del teatrino Giullare di Bologna.
Ancora un Beckett e ancora dei pupazzi come è nello stile della compagnia, ma forse anche il miglior modo oggi di rendere il mondo del grande autore irlandese, ed il Teatrino Giullare ce ne restituisce intatta tutta la lacerante denuncia della condizione umana. Su una scacchiera illuminata , come del resto suggerisce anche Beckett, Enrico Deotti e Giulia Dell’Ongaro in costume e ricoperti da maschere muovono Hamm e Clow come due pedine,Hamm fermo e cieco,Clov che vuole ostinatamente uscire,cercare di fuggire ad un destino segnato. Nei piccoli bidoncini di spazzatura anche i vecchi Nag e Neill,vengono mossi, rifiuti umani conndannati anch’essi alla morte,forse già morti.
Lo spettacolo vive su un ritmo ininterrotto di parole che si frammezzano a mosse ,a sospiri in una lamentazione funebre toccante, di grande teatralità.
Dopo “Guignol” a Castiglioncello Massimiliano Civica rilegge nello stesso modo ma con un contesto diverso un bellissimo testo Di Heny Becque”La Parigina”. Anche qui come nella messa in scena precedente,gli attori,senza costumi e senza scenografia con le sole armi della parola, ripetono le loro parti,in un gioco minimalista portato all’esasperazione.
Ma mentre là l’essenzialità della messainscena viveva nel contrasto con la virulenza del testo e delle sue passioni, qui intende scavarne al contrario i sentimenti in un gioco intellettuale scandito anche da piccoli impercettibili trasalimenti. Operazione dunque affascinante ma che saprebbe molto di esercizio di stile se venisse ripetuta in un ulteriore spettacolo.

-----------------------------------------------------------------Già da tempo la carta vincente dei festival,soprattutto di quelli più attenti a sottolineare i cambiamenti della scena italiana ,facendone emergere le punte più avanzate, sono le piccole residenze, le antologie dedicate agli autori,la proposta cioè di presentare al pubblico e ai critici degli approfondimenti non solo sui registi e sulle compagnie emergenti ma anche su autori consolidati per comprenderne meglio i nuovi esiti e le direzioni. Al piccolo grande festival di Dro , abbiamo potuto avvicinarci a Emma Dante ,autrice di punta del nuovo teatro italiano, con la visione di ben tre spettacoli. Il teatro di Emma Dante si nutre specificatamente dei sapori,degli umori, delle atmosfere della Sicilia per poi travalicarne i significati per un'analisi appassionata e appassionante dei sentimenti con una forma teatrale unica nel panorama teatrale italiano. Le vicende raccontate sin dai tempi di ' mPalermu ' sembrano alla maniera de 'Il Decalogo 'di Kieslowskj tutte ambientate in un grande caseggiato palermitano, dove l'occhio dello spettatore può di volta in volta entrare per spiarne i riti quotidiani, le vicende più intime, i segreti più inconfessabili.
Ecco in 'Mishelle di Sant'Oliva ' un padre ed un figlio,ognuno vive nella sua solitudine,divisi dalle visioni del mondo ma uniti nel ricordo trasfigurato di una madre moglie,Michelle appunto,soubrette acclamata sui palcoscenici francesi o volgare puttana, non importa . Il padre ancorato ai suoi principi che non possono permettere l'omosassualità del figlio,il figlio che esprime tutta la sua carnosa vitalità esibendola pubblicamente.L'incontro delle due esistenze avverrà solo quando il figlio vivrà in simbiosi con la madre a cui il padre si concederà in un sensuale quanto tenerissimo bacio.In 'Vita mia ' ecco una madre con i suoi tre figli,ecco una madre con l'improvvisa morte di uno dei tre,il più piccolo.E'una specie di rito funebre a cui assistiamo,dove il riso si mischia con il pianto,il presente con il passato,la realtà con il desiderio.Il figlio amorevolmente vestito prende gioiosamente vita in una danza sfrenata.Il dolore si ricompone anche qui solo quando tutta la famiglia del morto si stringe a lui in una specie di sudario condiviso attraverso un gioco, ancora una volta tenerissimo. Le scenografie sono semplicissime,l'atto teatrale si affida soprattutto alle parole che spesso diventano un impasto di suoni che vanno al di là del loro significato,il dialetto si mischia con la lingua con l'emozione della musica che spesso si trasforma in una gestualità sfrenata.Non vi è nulla di realistico(gli attori che a volte si intersecano tra loro tra l'altro hanno età molto diverse dai personaggi che interpretano),la ritualità travolge ogni cosa rendendola simbolicamente umana.Ogni parola ogni gesto è studiato, non concede mai nulla all'esteriorità degli effetti e conseguentemente degli affetti.
La ritualità diventa sempre carne viva ,reale come esplicitato magnificamente ne 'La Scimmia ' l'unico dei tre spettacoli non scritti da Emma Dante ma liberamente ispirato a 'Le due zitelle 'di Tommaso Landolfi ' Al centro dello spettacolo una grande croce,vera protagonista dello spettacolo su cui nel momento più intenso verrà esposta la scimmia, non come rea di avere oltraggiato l'ostia sacra,il corpo di Gesù ,ma come vittima di un mondo in cui è la ritualità ad essere veramente blasfema incarnata nel mondo delle due zittelle,padrone del povero animale.
Il teatro di Emma Dante dunque a Dro si è presentato come un corpus unico,con stilemi particolari a cui gli attori partecipano indissolubilmente con l'autrice in un percorso riconoscibilissimo e magnificamente unico sulla scena italiana.
La Valdoca crea il suo nuovo spettacolo producendolo nello pazio protetto della Centrale idroelettica di Fies che è il palcoscenico inventato da Barbara Boninsegna e Dino Sommadossi per il proprio festival,ecco la seconda tappa di 'Paesaggio con fratello rotto ',si intitola 'Canto di Ferro ' .Cesare Ronconi con le parole di Mariangela Gualtieri(che ci regala anche i suoi magici racconti in uno spazio antico di una cucina nella parte antica del paese che diventa una specie di antro dove la poetessa è in un certo modo la sacerdotessa e che piano piano svela il volto nascosto da un velo nero) ha immaginato uno spazio ai confini del mondo e del tempo in cui l'umanità ha mantenuto un barlume ancora di lucidità pietosa,anzi essa grida a gran voce la sua volontà di ricercare lo splendore delle cose.Gli otto esseri umani in scena non sono ancora ridotti a bestie,hanno ancora lampi di desideri, di tenerezze che le allucinazioni poetiche dell'autrice ci trasmettono fin dentro le radici delle nostre emozioni.Noi esseri umani che non siamo immersi nella palude del mercimonio,noi esseri spettatori sensibili a cui la Gualtieri invia una lettera piena d'amore alla fine dello spettacolo noi 'siamo solo confusi,ma sentiamo ancora,siamo ancora capaci di amare qualcosa,ancora proviamo pietà ' Il teatro qui diventa spazio totale delle emozioni dove teatro poesia musica pittura si mescolano per ricordarci che c'è ancora per fortuna una possibilità di riscatto

------------------------------------------------------------------ARRIVANO DAL MARE,Lo storico festival di teatro di Animazione che il Centro di Teatro di Figura organizza a Cervia festeggia i suoi trent'anni giungendo direttamente dal mare.Su una barca nel porto della cittadina romagnola Sandrone,Pulcinella e soci arrivano ed inondano di questa arte antica e ancora stupefacente le piazze e i luoghi di spettacolo di Cervia.
Ca' luogo d'arte presenta il terzo spettacolo del suo personalissimo progetto sulla fiaba,dopo 'Cappuccetto rosso ' e 'Il gatto con gli Stivali ', 'La principessa sul pisello ' e fa ancora una volta centro.Come sempre una preziosa e arguta ironia attraversa la fiaba rimpolpandola di situazioni gustosissime affidando il racconto a due meravigliosi quanto improbabili narratori una pecora e un papero.La baracca raffinatissima si apre su molteplici piani di rappresentazione in cui l'estro di Bercini e compagni si sbizzarrisce mischiando situazioni, atmosfere e colori diversi con risultai esilaranti.
Al Teatro Comunale Claudio Casadio si misura con una icona del teatro ragazzi Pollicino interpretando tutti i personaggi coadiuvato ancora una volta dagli evocativi oggetti di scena di Marcello Chiarenza che creano un mondo fiabesco intorno a lui.Claudio Casadio vince la scommessa di riuscire a rendere credibili tutti i vari piani narrativi districandosi a dovere nelle diverse situazioni.Ci dovrebbero forse essere più momenti di sospensione in cui le parole potessero dare maggiore agio alle emozioni di giungere allo spettatore ma la scommessa è in gran parte vinta.
Come è in gran parte vinta quella di mescolare insieme due mondi diversi come quelli del Fulesta e di Pulcinella nello spettacolo presentato dai padroni di casa 'La volta che il Fulesta incontrò Pulcinella in Persia ' .Il Centro Teatro di Figura avendo a disposizione due gioielli di famiglia come Sergio Diotti (che ormai tutti chiamano 'Fulesta ' per come è entrato in simbiosi con il suo personaggio,il mitico narratore di fole romagnolo )e il giovane Luca Ronga,diventato ormai interprete pulcinellano di rango al pari dei suoi colleghi napoletani ,ha pensato bene di riunirli in uno spettacolo dai toni gustosi. Intendiamoci sono ancora rare le volte in cui i due personaggi realmente interagiscono ma l'idea ci pare già ora intrigante.Il grande narratore Fulesta che evoca con la sua lanterna magica un umanissimo Pulcinella arabo è un momento di grande effetto.La via è tracciata er un secondo spettacolo in cui le due figure possano finalmente compiere un viaggio realmente condiviso.Molto commovente anche la serata per le consegne delle Sirene d'oro.Sia per il ricordo di Claudio Massari,instancabile animatore bolognese che troppo presto ci ha lasciato, sia per il giusto riconoscimento a Dario Moretti,uno dei pochi reali autentici artisti del teatro di figura e del teatro ragazzi italiano.

----------------------------------------------------------------- Volterra quest'anno nel segno di Pasolini con la nuova produzione della Compagnia della Fortezza, con I Babbaluck,con 'L'Ospite ' dei Motus,con le Ariette e con la Kermesse ' P.P.Pasolini ovvero elogio al Disimpegno ', non uno spettacolo,ma un fiume di immagini,di sensazioni,di utopie che i vari ospiti sul palco hanno regalato al pubblico come al solito numerosissimo accorso per il gran finale del Festival.
Marco Martinelli con le sue Albe a Volterra esce dalle sue parabole sornionamente edificanti per darsi al Rock con 'La mano ' Infatti ,attraverso la sua musa Ermanna Montanari, ci racconta ,su un testo non sempre all'altezza di Luca Doninelli, la bizzarra e tragica vicenda umana di una star del Rock,Geremia Olsen, che muore troncandosi la mano sinistra con una scure.Ermanna incarna la sorella incestuosa? di Geremia che vive da monaca ,ossessionata dal ricordo del fratello. La bellezza dello spettacolo sta soprattutto nel rapporto poeticamente e visivamente riuscito tra il regista, lo scenografo Edoardo Sanchi ed il mago della luci Vincent Longuemare.
Lo spazio che hanno creato è una sorta di cattedrale di luce e suono che Luigi Ceccarelli inonda di un efficacissimo tappeto sonoro fatto di lancinanti accordi mcali,di sospensioni che rimandano direttamente al mondo tormentato del protagonista evocato. In questo modo il delirio della sorella suora entra perfettamente nell'emozione degli spettatori anche per merito di Ermanna Montanari che asseconda perfettamente tutti gli elementi dello spettacolo con una sapientissima alternanza di toni e di volumi di voce di grande suggestione.
I Motus hanno presentato a Volterra,il quarto episodio del la loro ultima creazione che viene proposta come Workshop in divenire 'Piccoli Episodi di Fascismo quotidiano ' ambientandolo in una scuola.Il pre/testo di Fassbinder viene utilizzato ancora una volta dalla compagnia in senso antiteatrale.Gli spettatori assistono a sprazzi di visioni su diversi piani.I grandi finestroni nella scuola illuminati ad intermittenza,le porte semichiuse che lasciano intravvedere episodidi disagio , l'utilizzo di documentari,i rimandi sonori, la vicenda principale spiata ancora su diversi piani dietro ad un occasionale schermo trasparente,sono materiali di un unico progetto coerente che tende a smontare il normale sguardo dello spettatore. In stretto rapporto con il Festival si è tenuto anche un convegno di tre giorni Teatro Carcere in Europa che ha fatto il punto della situazione e ha posto le basi sulle nuove direzioni del Teatro Carcere.Ed intanto I Pescecani anche per la prossima stagione saranno in tournè.

-------------------Interessante e pieno di stimoli il piccolo festival a cui Marco Grilli sta cercando di dare fisionomia a San Giacomo ridente paesino nel Monregalese. Interessante perchè si sono potuti rivedere spettacoli ormai considerati cult nell'ambito del Teatro di figura come il 'Pinocchio ' del Teatro del Drago, 'Hansel e Grethel ' di Daniele De Bernardi, 'La mosca ' di Orlando Della Morte e pieno di stimoli perchè nel contempo si sono potuti osservare nella vetrina apposita i nuovi talenti italiani che felicemente risultano essere soprattutto donne.
Tra gli spettacoli visti il più memorabile è stato senza dubbio il Pulcinella di Gianluca Di Matteo. Il ragazzo napoletano trapiantato a Torino ha già il ritmo giusto ed il suo combattimento con il guappo Pasquale con la relativa posa nella bara è un piccolo pezzo di bravura da rimarcare. Come di notevole finezza ci è sembrato 'Alice' ' del G.R.M. di Torino. I tre giovani 'animattori 'hanno saputo reinventare con ironia i momenti salienti del romanzo di Lewis Carroll con la lente di ingrandimento dei meccanismi della fisica in un gioco intellettuale mai fine a se stesso ma di notevole coinvolgimento.
Mario Bianchi