eolo | rivista online di teatro ragazzi
recensioni
LE BUONE PRATICHE A MANTOVA REPORT DI CIRA SANTORO
ALL'INTERNO DI "SEGNI D'INFANZIA"

Il 1 novembre 2013 si è svolto a Mantova, nella bellissima cornice del Teatro Bibiena,nell’ambito del Festival Segni d’Infanzia, l’incontro Le buone pratiche del TeatroRagazzi, il primo appuntamento della serie dedicato a questo settore.

L’incontro, voluto da Cristina Cazzola, direttrice artistica del Festival e curato comesempre dell’associazione culturale Ateatro in collaborazione con Assitej Italia, ha riunito ilmondo del teatro ragazzi intorno a una serie di domande che partivano dalla relazione con il mondo della scuola e dalla capacità di individuare nuovi modelli gestionali e organizzativi per arrivare al rapporto con il teatro di ricerca e al ricambio generazionale.L’obiettivo dell’incontro era scambiarsi metodologie e informazioni per socializzare modelli riproducibili e condivisibili, il risultato è stato una lunga carrellata di esperienze,non certo esaustive del grande arcipelago del teatro ragazzi, che varrebbe la pena  approfondire e dipanare per trasformarle in patrimonio di un intero settore. Ciò che è emerso infatti in maniera chiara è l’identità culturale e di appartenenza ancora molto forte che il Teatro Ragazzi condivide, avendo una radice comune ancora molto forte e visibile anche se evidentemente frammentata. Le esperienze raccontate alle buone pratiche sono rappresentative di quella radice che si può sintetizzare attraverso alcune parole chiave intorno a cui proveremo a raccontare la giornata mantovana.

Impresa, politiche culturali, rete

Fabio Naggi ha raccontato il processo di accorpamento avviato da Stilema Uno Teatrocon le compagnie Non solo Teatro e Dottor Bostik con l’obiettivo di liberare risorse da destinare alla produzione artistica e alla progettazione. Le tre compagnie hanno creato una struttura unica che agisce su due livelli: il primo con compiti organizzativi, gestionali,amministrativi e di coordinamento generale, comune alle tre formazioni; il secondo, con competenze artistiche e progettuali separato, con le rispettive direzioni artistiche obbligate però a collaborare in maniera “competitiva” vista la messa a sistema di risorse e opportunità. Il tentativo è quello di creare un nuovo modello di impresa “virtuosa”,riproducibile forse anche in altre situazioni non solo per ovvi motivi legati alla crisi, ma anche come nuova sponda organizzativa per molte compagnie incapaci di mantenere una struttura organizzativa propria.

Un altro esempio di innovazione del modello di impresa, questa volta pensato su unsingolo progetto, è stato quello raccontato da Michele Losi di Scarlattine Teatro che insieme a Principio Attivo Teatro e a Factory compagnia Transadriatica, hanno portato al Fringe Festival di Edinburgo i loro spettacoli, condividendo una yurta, un appartamento e le strategie promozionali. Nella città che ospita uno dei festival più frequentati al mondo,con un numero esorbitante di spettacoli e con un meccanismo di “caccia al pubblico” che andrebbe approfondito vista l’esigenza di attrarre nuovo pubblico che hanno oggi anche i nostri teatri, le tre compagnie sono state capaci non solo di non farsi concorrenza, ma addirittura di presentarsi con un marchio nazionale che li accomunava e di proporre ogni giorno almeno uno spettacolo per ogni compagnia. Il loro è stato un modo per abbattere i costi di partecipazione a una kermesse in cui è possibile ottenere un’enorme visibilità ovviando alla penuria di sostegni pubblici finalizzati alla promozione internazionale e condividendo un’esperienza in cui, immaginiamo, saranno nati anche importanti confronti artistici e stilistici.

Vania Pucci di Giallo Mare Minimal Teatro ha invece raccontato un progetto di innovazione di politica culturale mirata al settore del Teatro ragazzi, avviato insieme aFondazione Sipario Toscana in questa regione. Uno Stabile di Innovazione e una compagnia in residenza si sono messi insieme oltre che per promuovere un progetto speciale denominato Teatro per le Nuove Generazioni e l’educazione permanente, anche per arrivare a un Festival di rilevanza nazionale con una direzione artistica condivisa.Inoltre, il progetto ha l’obiettivo di realizzare una serie di cantieri creativi volti alla formazione dei giovani artisti e del pubblico, una collaborazione con altre istituzioni culturali del territorio e la creazione di una rete di distribuzione regionale che riesca a portare ogni cittadino della Toscana “almeno tre volte a teatro”. Un esempio ambizioso e tenace di costruzione di una rete attiva su un intero territorio regionale che ha messo al centro della propria azione il Teatro Ragazzi. Un’operazione non del tutto scontata di questi tempi.

Un esempio di innovazione delle politiche culturali nel settore cresciuto alle soglie delterzo millennio è invece l’ esperienza dedicata all’infanzia dai 0 ai 6 anni raccontata daValeria Frabetti de La Baracca: “Visioni di futuro, visioni di teatro – Festival di teatro e cultura per la prima Infanzia”. Nato dalla necessità di condividere il lavoro di ricerca fatto nei nidi di Bologna “Il Nido e il Teatro”, il festival è diventato uno degli appuntamenti internazionali più importanti dedicati alla piccola infanzia con un’altissima presenza di operatori stranieri. Luogo di confronto per le compagnie e gli operatori che si occupano di primissima infanzia, il festival si sviluppa intorno alla presentazione di studi o debutti ancora in fase di produzione, workshop, conferenze e appuntamenti formativi destinati a educatori, insegnanti e genitori. Questo Festival ormai tredicenne, ha generato, grazie al suo lavoro continuativo con i più piccoli, una rete europea, Small size, finalizzata alla diffusione delle arti performative per la prima infanzia e finanziata per ben tre volte in successivi progetti europei dal 2005 al 2014. Un progetto internazionale di larghissimo respiro che dopo quasi dieci anni di lavoro di rete, ha sicuramente prodotto un modello sostenibile e permanente. Cosa che dovrebbero fare in generale tutti i progetti europei e non solo.

Pratiche sulla scuola, famiglia e società

Le pratiche del teatro ragazzi continuano ad essere fortemente legate al mondo della scuola e della famiglia come punto di snodo della comunità da cui partire per incontrare disabilità, culture, memorie. L’ERT- l’Ente Regionale Teatrale del Friuli Venezia Giulia, IlTeatro del Piccione, il Pandemonium Teatro e il Teatro dell’Orsa hanno raccontato un teatro che si sporca le mani per andare nei luoghi della città in cui è possibile catturare storie, creare relazioni, scambiarsi competenze, esercitare quella funzione di servizio sul territorio obbligatoria per un circuito pubblico (come hanno ribadito insistentemente a due voci Silvia Colli e Lucia Vinzi organizzatrici della tre giorni Fare teatro a scuola svoltasi aUdine il 28, 29 e 30 ottobre) ma fondamentale e connaturata anche per le compagnie che hanno assunto negli anni una funzione di servizio sul territorio ormai inderogabile.

Le pratiche che abbiamo ascoltato, come ha detto Paolo Piano del Teatro del Piccione,non sono forse delle più innovative, ma ognuna di queste meriterebbe di essere approfondita e discussa, forse per ricostruire un nuovo patto tra Teatro Ragazzi e Infanzia,necessario oggi più che mai visti i cambiamenti radicali di prospettive a cui sono stati sottoposti il teatro, la scuola e non ultima, l’infanzia stessa, che rischia di perdere molte delle tutele e delle opportunità che ritenevamo acquisite. Per quanto riguarda il rapporto con il territorio Pier Paolo Bonaccurso di Teatrop ha raccontato delle difficoltà del Teatro ragazzi calabrese (è di questi giorni la notizia della chiusura dello spazio del Teatro dell'Acquario) illustrando l'iniziativa di Teatro Oltre che intende far conoscere le realtà del  territorio ad un pubblico più ampio con lo scambio anche di esperienze tra le compagnie.

Visioni

Sicuramente una delle sfide più coraggiose degli ultimi anni è stata quella raccontata da Flavia Armenzoni del Teatro delle Briciole – Fondazione Solares, Nuovi Sguardi per unpubblico giovane che dopo un primo triennio si appresta ora a cominciare un secondociclo di incontri tra Teatro Ragazzi e Teatro di Ricerca. Il progetto, che a detta della stessa Armenzoni ha prodotto anche delle criticità su cui sarebbe interessante aprire un confronto, ha chiesto a gruppi già affermati di creare uno spettacolo per bambini, che sotto lo sguardo competente del Teatro delle Briciole, hanno costituito una sorta di “cantiere produttivo”. Dopo gli spettacoli di Babilonia Teatri Baby don’t cry e del Teatro SotterraneoLa Repubblica dei bambini, è stata la volta de I sacchi di sabbia, gli unici ad aver lavorato su un progetto per i più piccoli, Pop up. Questo cantiere, oltre a rivitalizzare una delle mission principali degli Stabili di Innovazione, ha ribadito la difficoltà per gli artisti di confrontarsi con un pubblico che ha bisogno di un linguaggio adeguato, e quindi di competenze artistiche e pedagogiche non del tutto scontate. Una bella palestra per i gruppi della ricerca italiana, che guarda con sempre maggiore attenzione al mondo dell’Infanzia, ma anche un terreno di confronto in cui il Teatro Ragazzi può ritrovare una propria specificità che, se messa a confronto con altri linguaggi e altri sguardi, ha ancora molto da insegnare.

Un’altra visione in corso d’opera è quella raccontata ancora una volta da Valeria Frabetti che coinvolge una rete di teatri e operatori bolognesi, dal Festival sulle identità glbt Gender Bender a Pubblico-Il teatro di Casalecchio di Reno, Emilia Romagna TeatroFondazione, il Centro Studi sulle Identità di Genere dell’Università di Bologna e le famiglie Arcobaleno. Il terreno è quello scosceso ma sempre più urgente dell’educazione alle identità di genere, un tema tabù nelle nostre scuole, che non solo continuano ad ignorare il pensiero sulla differenza sessuale ma ogni forma di discorso sulla sessualità e sulle sue implicazioni sociali e familiari. Teatro Arcobaleno è un progetto nato quest’anno con la proposta di alcuni spettacoli per tutti che affrontano il tema dell’omosessualità e del rapporto tra i sessi ma ha l’obiettivo di realizzare nella prossima stagione un percorso di formazione destinato alle insegnanti e una rassegna pensata appositamente per le scuole.

Grande assente della giornata la parola Innovazione Tecnologica. Un terreno su cui va recuperato un gap non solo in relazione alla sfera della comunicazione con il giovane pubblico, ma anche nella relazione artistica e nel linguaggio, su cui è ormai urgente misurarsi.

Nel pomeriggio, dopo una parentesi dedicata all’esperienza di Reggio Children, sono stati presentati due progetti internazionali: La Festa annuale del Teatro dei bambini inDanimarca organizzata dal Teatercentrum e l’associazione Scene(s) d’Enfance etd’Ailleurs che ha l’obiettivo di raggruppare tutte le componenti dello spettacolo del teatro jeune public francese per promuoverlo sia a livello istituzionale che di territori e di ricerca teorica. Uno strumento quest’ultimo che Giovanna Palmieri, nuova presidente di Assitej iItalia ha dichiarato di voler promuovere anche nel nostro paese, dando all’associazione da lei presieduta una nuova missione, nel tentativo di rimettere in circolo idee, pratiche e  riflessioni che siano in grado di sottolineare la forza e la vitalità di un settore troppo spesso sottovalutato.


Le buone pratiche raccontate infatti sotto la dittatura del peperone di Mimma Gallina eOliviero Ponte Di Pino, coordinatori della giornata, attentissimi a mantenere ogni intervento nei cinque minuti concordati, hanno aperto uno squarcio su una realtà ancora molto dinamica e soprattutto, molto coesa nelle metodologie. Le cattive pratiche che a volte la contraddistinguono, lette da Valerio Buongiorno a inizio di giornata, possono essere superate se ognuna di queste brevi storie diventa materia di riflessione approfondita, su cui indagare motivazioni, obiettivi, risultati, criticità e prospettive pensando che non è in gioco solo la sopravvivenza di singole realtà del teatro, ma un pensiero teatrale che, circa quarant’anni fa, scegliendo l’infanzia come interlocutore privilegiato, aveva scelto di lavorare sul FUTURO.