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recensioni
IL REPORT DI MARIO BIANCHI SU TEATROLTRE
LA VETRINA ORGANIZZATA DA TEATROP

Dal 24 al 26 ottobre, a Lamezia Terme, organizzata da Teatrop, si è svolta la 29esima edizione della rassegna TeatrOltre, che da qualche anno si è trasformata in una vera e propria vetrina delle produzioni calabresi e del Sud, tra teatro di ricerca, di strada e teatro ragazzi. Sono stati tre giorni di fitta programmazione anche quest'anno con compagnie provenienti dal centro e dal Sud Italia con uno spazio riservato alle produzioni di alcune compagnie calabresi, 10 spettacoli (di cui uno in replica) con matinée, recite pomeridiane e serali che hanno avuto come location l’isola pedonale di Corso G. Nicotera( con la parata “ le 90 e 9 disgrazie di Pulcinella “ dei pugliesi Tubba Catubba ripetuta poi a Sambiase in Piazza Fiorentino) e il Teatro Umberto a Nicastro, e il Teatro Politeama a Sambiase.

Potremmo dire che due, soprattutto, sono stati i temi che hanno caratterizzato gli spettacoli visti a Lamezia, il rapporto con la terra di origine, per il teatro dedicato agli adulti, e la figura di Pinocchio, per quello dedicato all'infanzia.

La Calabria, la sua terra, ma sopratutto il suo mare, sono stati infatti le metafore da cui sono partiti i due belli e significanti spettacoli “ Patres” della residenza teatrale Ligeia/Scenari visibili di Lamezia Terme e “Bollari, memorie dallo Jonio” del teatro della Maruca di Crotone. In“Patres” di Saverio Tavano con Dario Natale e Gianluca Vetromilo su regia di Saverio Tavano, un ragazzo cieco, indelebilmente legato da una corda alla sua sedia, guarda l'orizzonte, prefigurando terre lontane che può solo immaginare dal buio della sua cecità.Ma è una cecità soprattutto metaforica quella che possiede, egli, in attesa del padre lontano, infatti ricorda benissimo quando davanti alla madre, ormai morta, che gli insegnava a vedere al di là dei suoi occhi, ripeteva dentro di sè “ Che non lo sapevo che il mare è blu, che non è come il cielo, che il cielo è azzurro ma il mare è blu, ma allora le chiedevo: ma si u mare è blu e u cielo è azzurru, l'orizzonti, di che culuri è? Se l'orizzonte è in mezzo, tra u cielu e u mara, di che culuri è l'orizzonte? “ L'orizzonte purtroppo per lui non ha colore, non esiste nessun orizzonte, l'orizzonte è solo una dura realtà con cui deve convivere ogni giorno della sua vita. Solo il fratello di suo padre se ne è andato, a cercare un altro orizzonte a Santo Domingo, vacuo ed effimero .

Ma un giorno il padre arriva, quel padre che gli prometteva un avvenire migliore ma che era solo anche lì, un'illusione, quel padre che sì è andato via non in cerca di orizzonti lontani ma solo per nascondere una grave colpa, una nave carica di rifiuti tossici che ha fatto affondare di proposito nel bel mare blu che il ragazzo immaginava profondo e meraviglioso. Padre come altri padri colpevole. Perchè noi padri, non solo quelli calabresi, avevamo prospettato per loro, per i nostri figli, un mondo migliore ma quello che essi stanno vivendo è ben peggiore di quello che noi volevamo cambiare.

Come arrivato, poi, il padre scompare, lasciando il figlio ancor più cieco e disorientato, ma sempre per fortuna in cerca del colore dell'orizzonte. In un dialogo serrato, tra lingua e dialetto, quello tra padre e figlio, in “Patres” ben rappresenta lo scollamento tra generazioni che non solo il Sud sta vivendo e che Pasolini aveva già preconizzato quarant'anni fa. Ma qui in questo bel testo di Tavano, recitato con commossa partecipazione da Dario Natale e Gianluca Vetromilo, è la terra matrigna con cui i due personaggi devono fare i conti, tutti e due in tempi diversi, ma specularmente nello stesso modo, perchè la loro terra non concede certezze, solo quella di condizionare pesantemente le loro vite.



Anche in “Bollari, Memorie dello Jonio” con e di Carlo Gallo, protagonista è un figlio che si confronta con il padre, è lui infatti, il figlio, che racconta la storia del padre, Mastu Rafele, anziano pescatore che ha perso una mano a causa di una bomba, quando sulla sua Cecella, il peschereccio più grande di tutta la Calabria, lavorava facendo incetta di pesci, ma ora quella barca appartiene al rivale Mastu Peppu e lui si deve arrangiare.

Sono i tempi del Fascismo, ora il padre non ha più quella bella barca, si deve accontentare di una barca molto più piccola dove pesca con il figlio e con Sandro, Sauricicchio, il cui compito è fare il palo da riva, per assicurarsi che non arrivino controlli, è infatti proibito pescare con le bombe, perchè poi c'è Michele Mastano "squama nera" il gendarme fascista che controlla, soprattutto che le bombe non servano ad uccidere Mussolini che arriverà a Crotone. Mussolini che "muzzicava parole ara radio come nu piscicane". Mussolini che invece arrivato in pompa magna sul podio dirà questa volta pochissime parole "La Calabria farà un passo avanti e lo farà” poi ha scinnutu i scalette e si n'ha ghiutu! Perchè anche lui della Calabria non interessa nulla.

La narrazione di Gallo tra l'italiano dei fatti narrati e il significante bellissimo dialetto di quelli evocati è intensa e commovente, tutta tesa nella memoria dei piccoli e grandi avvenimenti di quei tempi, raccolti sul campo dai ricordi degli anziani, una narrazione dove anche i pesci hanno sentimenti.Ecco il Sauro che quando lo si cattura muove la mascella ed emette dei "Crrrii...Crrriii" quasi a voler dire qualcosa, ecco il Vopa che quando viene preso in mano per la paura fa molta cacca ("da paura lassa l'urtima firma aru munnu e ti caca subba i mani, i pantaloni e ri cavize") infine c'è il tonno che stremato dalla lotta si ferma, s'arrende e ti dona la vita guardandoti negli occhi.E poi soprattutto ci sono le sardine, le sardine che rappresentano il destino, metafora del vivere e delle sue incertezze, esse nuotano da una parte e dall'altra, ogni volta in numero minore perchè attaccate sia dall'uomo che dagli altri pesci.

E sono loro, i pesci, la speranza degli uomini che popolano il racconto di Gallo, essi, gli uomini, che fin da bambini giocano sulla riva del mare a chi li avvista per primi i pesci, urlando il loro grido di battaglia “Bolla, Bollaru Bollari “, parola antica tradotta nel suono gutturale dei pescatori che utilizzano lo stesso urlo. E saranno proprio i pesci ed il mare che tradiranno Mastu Rafele che morirà maciullato dalla bomba, usata per pescare e al figlio non rimarrà altro che rivedere i luogo in cui è morto il padre, ammirandone la bellezza della natura.

Come sottofondo dei due spettacoli non ci sono musiche di atmosfera solo il rumore del mare, d' altronde è lui il vero protagonista delle due creazioni.

Inoltre possiamo ben dire che anche lo spettacolo di guarattelle napoletane del Teatro della Maruca di Crotone di Angelo Gallo “Zampalesta e il quadro della madonna” parla della Calabria e della sua terra, essendo dedicato all'icona protettrice della bella città calabrese dove agisce il teatro della Maruca. Dopo “Zampalesta u cane tempesta” è il secondo spettacolo della compagnia che ha come protagonista Zampalesta, il cane del simpatico Agazio, sarà infatti lui che scoprirà il colpevole del furto della madonna di Capocolonna che protegge Crotone.

Intorno a Zampalesta vivono Don Ciccio parroco della città, Pierino il suo chierichetto pasticcione e Pasquale, il cattivo della vicenda, che come si può immaginare ala fine della storia avrà la sua giusta punizione.Lo spettacolo diretto da Gaspare Nasuto è nettamente diviso in due, nella prima parte segue fedelmente le regole tradizionali della guarratella, nella seconda, il racconto invece prende le forme oniriche del sogno che in qualche modo lasciano un po'spaesato lo spettatore, abituato ai ritmi che contraddistinguevano l'inizio di questa creazione, un tentativo di sperimentazione lodevole ma che secondo noi dovrebbe in qualche modo essere rivisto per salvaguardare meglio l'unità stilistica dello spettacolo.



Ma ora veniamo alle diverse versioni sceniche di Pinocchio che abbiamo visto alla rassegna calabrese.

“Studio Pinocchio,tutti al paese dei Balocchi” di Teatrop sceglie di mettere in scena la famosa storia di Collodi, utilizzando sia il racconto scritto in rima da Rodari, accompagnato dalla musica di Lucio Dalla, sia con la tecnica della sand-art. Greta Belometti è molto brava ad utilizzare tutte e due le tecniche ma il continuo e un po frenetico passare da un contesto all'altro, in qualche modo appesantisce il risultato finale dello spettacolo che, a nostro parere, o dovrebbe essere arricchito da un altro attore o da un escamotage apposito, per evitare il passaggio altalenante da attrice ad illustratrice.



Di sapore più innovativo e contemporaneo ci è parsa la versione del Centro Arti Integrate I.A.C. Di Matera “Pinocchio Bambino Cresciuto Burattino” di Andrea Santantonio con Nadia Casamassima e Dino Paradiso, rilettura in qualche modo “rovesciata” in modo intelligente e significante della storia di Pinocchio che la fa diventare marcatamente una storia di formazione. Geppetto, Mangiafuoco, il Gatto e la Volpe, la Fàtina aiutati anche da video multimediali cercano progressivamente di mettere addosso al nostro burattino un progetto di educazione sbagliato, consigliandogli di percorrere vie di uscita troppo facili alle trappole che la vita via via gli mette davanti, ma alla fine il nostro eroe capisce da solo che la strada intrapresa non è quella giusta, insomma che lui non è un burattino di legno da manovrare, ma un bambino in carne e d'ossa a cui compete fare scelte personali e coraggiose. Spettacolo intelligente e ben costruito, a cui gioverebbe solo una maggior equilibrio verso il finale, sfoltendo l'eccessivo bagaglio didascalico della morale, detta dalla per altro convincente Nadia Casamassima-Pinocchio. Molto bella infine l'idea di identificare con il teatro stesso la pancia della balena dove gli spettatori, in qualche modo come Geppetto, assistono alla maturazione avvenuta in Pinocchio sottolineata attraverso anche un testo evocativo.

Del Pinocchio dell'Associazione Culturale Tubbacatubba di Michele Napoletano, con Michele Napoletano e Giacomo Dimase abbiamo già parlato in occasione del “Maggio all'infanzia” evidenziandone la natura di divertissement gustosamente folle ma secondo noi un po' fine a sé stesso.


A Lamezia abbiamo visto finito anche “ Il Pifferaio Magico” dei padroni di casa di Teatrop, 1°episodio della trilogia “Le isole che non ci sono” con Pierpaolo Bonaccurso, Greta Belometti e Fabio Tropea regia di Piero Bonaccurso,spettacolo divertente e ben congegnato dove sulle bellissime immagini in sand art disegnate dal vivo da Greta Belometti e sulle musiche create dal vivo da Fabio Tropea, Pier Paolo Bonaccurso narra in sintonia con i compagni di palcoscenico la famosa vicenda del Pifferaio che, attraverso il suono del suo strumento, allontana prima i topi poi i bambini dalla città di Hameling. La rassegna si è conclusa sul palcoscenico del Teatro Umberto con una conferenza-spettacolo dell’artista lametino Fabio Butera, scultore, creatore di maschere teatrali e marionette che ha parlato della sua bellissima esperienza con l' odin theatre di Eugenio Barba, configurando anche un nuovo progetto sperimentale con alcune marionette da lui create per narrare in modo originale la famosa tragica storia della Baronessa di Carini.