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recensioni
Orfeo ed Euridice secondo Cesar Brie
Con Giacomo Ferraù e Giulia Viana che superano l'ardua prova

I Maestri, anche in teatro, servono per imparare, servono per “bere” avidamente dalle loro esperienze e per misurarsi con loro in nuove imprese, per diventare grandi. E' quello che hanno fatto ottimamente Giacomo Ferrau' e Giulia Viana, offrendo la loro fresca giovinezza e la loro voglia di stare in scena “concedendosi” al maestro Cesar Brie in “Orfeo ed Euridice”, lo spettacolo selezionato per “In-Box” 2014, prodotto da Teatro Presente/Eco di Fondo visto al Teatro dell'Elfo a Milano.

L'immortale mito di Orfeo ed Euridice serve ai nostri tre per parlare ovviamente d'amore ma non solo, serve anche per ragionare del presente e di temi che hanno diviso le coscienze.

La celebre avventura del cantore greco che persa l'amatissima sposa sua Euridice corre all'Inferno per salvarla ma che, pur avendo impietosito Ade e Persefone con il suo canto, non riesce a ricondurla tra i vivi, è narrata all'inizio dello spettacolo subito agli spettatori da un simpaticissimo Caronte in salsa sicula.

Ma è solo un pretesto, quello che interessa allo spettacolo è, come abbiamo detto, parlare dell'oggi, di una coppia comune, Giacomo e Giulia, che si conoscono, amano e sposano come tutte le coppie del mondo.

Purtroppo però il destino è in agguato ed un incidente fatale priva lo sposo della sua sposa.

Ma non completamente, Giulia c'è, ma solo con il suo corpo, c'è, respira e apparentemente vive, ma la mente ed il cuore, quello più profondo, sono altrove e Giacomo ne soffre atrocemente, è disperato. Ma l'amore quello più vero (che non può permettere che l'amato debba soffrire anche a costo di privarsene) è ancora più potente e Giacomo vuole che la sua Giulia non debba più sostenere un' ingiuria così grande.

Intorno a quel corpo senza più un 'anima, sulla scena, si muove un grumo di altri personaggi, gli infermieri, i dottori, i giudici, le suore con le loro convinzioni, fatte di certezze, ma anche di dubbi e debolezze.

Il palcoscenico è spoglio, è la luce che delimita gli spazi anche emozionalmente, mentre i due attori con pochi movimenti e cambi di vestiti si immedesimano in ruoli diversi, dando sostanza e parole ai caratteri in gioco.

Ma al di là delle problematiche sul fine vita o sull'eutanasia su cui non si danno né ragioni di parte né consigli, quel che interessa a Cesar Brie è soprattutto in quanti modi la parola amore può essere declinata e lo spettacolo ha i suoi momenti più toccanti in questo ambito dove le parole e i gesti si vestono di sguardi, di ricordi di emozioni.

Vi è forse qualche didascalismo e qualche cambio di registro di troppo in “Orfeo ed Euridice” ma Giacomo Ferraù e Giulia Viana superano abbondantemente la prova coraggiosa che si erano posti, quella di restituire attraverso lo sguardo di uno dei maestri del teatro contemporaneo uno squarcio reale di vita dove l'amore vince sempre al di là della insensibilità della morte.