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recensioni
A CASTELFIORENTINO
TEATRO TRA LE GENERAZIONI/LE RECENSIONI DI MARIO BIANCHI

Da mercoledì 18 a venerdì 20 marzo si è svolta a Castelfiorentino la quinta edizione di “Teatro fra le generazioni” il più significativo cantiere multidisciplinare della Toscana, legato al teatro d’innovazione per le nuove generazioni, organizzato come sempre con grande dedizione  dalla storica e gloriosa compagnia Giallo Mare Minimal Teatro che da oltre trent'anni opera in questo territorio. Anche in questa edizione l' offerta è stata valida e composita, così come è stata declinata, avendo affiancato al ricco cartellone di spettacoli, mostre e studi di nuove proposte, una serie di appuntamenti e dibattiti a cui hanno partecipato operatori e artisti giunti da tutta l'Italia.
Gli incontri, tenutisi nella bella cornice dell'ex Oratorio San Carlo, hanno riguardato differenti temi, fra i quali una riflessione sul ruolo attuale e potenziale del teatro per l’infanzia e la gioventù nel “Sistema teatrale italiano”, il rapporto fra teatro ed educazione, a cominciare dalla relazione di questa area creativa con il mondo della scuola e l’ormai tradizionale focus sul sistema regionale delle Residenze, nel confronto anche con altre realtà regionali, quali Puglia e Lombardia. E soprattutto con la Puglia è stato stretto un rapporto che ha reso possibile la presenza alla manifestazione di diverse compagnie  di questa regione.  Il cantiere “Teatro fra le generazioni” è promosso da Comune di Castelfiorentino, Regione Toscana, Giallo Mare Minimal Teatro, Fondazione Toscana Spettacolo e Fondazione Teatro del Popolo, Banca di Credito Cooperativo di Cambiano, Comune di Empoli, Comune di Vinci, Comune di Santa Croce sull’Arno, Unioni dei comuni Empolese Valdelsa.
La programmazione, come nelle edizioni precedenti, ha mescolato intelligentemente creazioni per ragazzi e adulti, uscendo spesso dalla Toscana, per rivolgersi, oltre che alla Puglia, ad altre regioni.
Alcuni degli spettacoli sono già stati da noi valorizzati come i pugliesi “Nel bosco addormentato” della Bottega degli Apocrifi e “Robin Hood” di Armamaxa, o come  “Più veloce di un raglio” dei sardi di Cada Die ( che al Festival Segnali in Maggio a Milano riceverà il premio come migliore novità dalla nostra rivista)  o il gioioso “I musicanti di Brema” di Catalyst, visto a Vimercate l'anno scorso che ha riempito il Teatro del Popolo di Castelfiorentino  per non parlare dello storico “ Kohlhaas” di Marco Baliani, ma con grande interesse abbiamo visto diverse nuove produzioni alcune di notevole fattura.


Iniziamo la nostra disanima dai padroni di casa di Giallo Mare minimal Teatro che storicamente viaggiano come sappiamo verso due direzioni diverse, nate rispettivamente dalle poetiche di Vania Pucci e Renzo Boldrini. Dopo aver visto l'anno scorso una curiosa versione de “ I tre Porcellini “di Renzo Boldrini che rivedremo anch'essa a Segnali, quest'anno è stata la volta di Vania Pucci che ha presentato una nuova produzione “ Buongiorno e Buonanotte “con l'abituale preziosa collaborazione per la cura dell'immagine e della regia di Lucio Diana. Dedicato ai piccolissimi, lo spettacolo esplora attraverso il rapporto tra una mamma ed una bambina tutte le necessità che l'infanzia esprime nell'alternarsi del giorno con la notte. “La notte rimane un mistero… un tempo sospeso. Sappiamo solo che andiamo a letto, mettiamo la testa sul cuscino  e chiudiamo gli occhi e poi? cosa succede? Mettiamo che un bambino voglia scoprire cosa succede la notte e faccia finta di dormire… La luna va a vedere se dorme veramente e poi tutta la sua stanza si anima, i giocattoli si svegliano, cominciano a vivere, l’orologio attaccato alla parete si ferma ed escono i sogni…”  Nello spettacolo, attraverso le immagini alla lavagna luminosa di Ornella Stabile e le animazioni multimediali di Ines Cattabriga, le paure, i sogni ma anche le necessità fisiologiche di una bimba durante la veglia per un sonno che  molto spesso non sopraggiunge sono esplicitate compiutamente sulle scena da Vania Pucci e da una bambola di pezza con cui l'attrice intreccia un dialogo inesausto nel tentativo di farla addormentare. In questo modo sia il pubblico dei genitori sia quello dei bimbi si ritrovano perfettamente con ciò che avviene sul palcoscenico, risolto teatralmente  con abile verità in un' interfaccia  poetico e coinvolgente.   

Il Teatro delle Briciole, nel suo meritorio progetto di affidare a nuovi artisti spettacoli dedicati all'infanzia, ha consegnato, questa volta, l'arduo compito  a Mirto Baliani che ha curato per l'occasione con l'aiuto di Giovanni Marocco e Emanuela Dall'Aglio un raffinato, ancorchè complesso, spettacolo di teatro di figura “Play”.
Al centro dello spettacolo c’è Sebastian, un coniglio di peluche che si spinge sul pianeta Andromeda per ritrovare la sua amata, la principessa di porcellana, rapita dal perfido Dottor X.  Il viaggio  durante il quale il protagonista deve superare delle prove e incontrare ambienti e personaggi di ogni tipo è condotto nella realtà- finzione  all'interno di un negozio di giocattoli che appunto si chiama “Andromeda, un mondo di giochi”  dove si muovono balocchi e ninnoli di epoche e generi diversi. Il racconto si configura come un vero e proprio viaggio di iniziazione con il superamento di varie prove che condurranno l'eroe all'agognato successo. Lo spazio scenico, assai composito, è diviso in vari scomparti dove si muovono i giocattoli, veri protagonisti della storia.
Per ora lo spettacolo alle prime repliche , come detto, assai complesso nella realizzazione, ci sembra ancora strutturalmente assai difficoltoso, troppo pieno di suggestioni e di meccanismi scenici assai difficili che non sempre i due animatori riescono a governare. Molti e pregevoli nella loro diversità  sono i riferimenti testuali ed iconografici e accurata come sempre nel giovane Baliani l'interazione musicale con ciò che avviene sulla scena ma secondo noi la drammaturgia andrebbe oltremodo sfoltita di parole, lasciando più libero, semplice e divertente il gioco delle immagini create dalla diversità dei giocattoli.    


Marco Manchisi, attore ed interprete di grande talento e generosità, proveniente dalla scuola di Leo de Berardinis, ha portato per la prima volta a Castelfiorentino, appositamente per i bambini,  ma non solo, la sua insuperabile arte di tratteggiare il personaggio- maschera di Pulcinella .
“I guai di Pulcinella”, dal significativo titolo di “Commedia per grandi e piccoli”, prodotto meritoriamente  dalla compagnia “La luna nel letto”, mette in scena, attraverso una piccola storia esemplare, tutte le caratteristiche peculiari e l'umanità della celebre icona napoletana.
Pulcinella che come sappiamo è nato mezzo uomo e mezza gallinella, qui è alle prese con gli ordini che di volta in volta il suo padrone, l'arrogante e un po' cialtrone barone Zappalà, gli impartisce.
Il maldestro servo è vero non fa che combinare guai su guai, mandando su tutte le furie il goloso padrone che lo minaccia di cucinarlo e mangiarlo, ma Pulcinella, come si sa,  è pieno di buon cuore, mosso, come  altrettanto si sa, dall'istinto di conservazione che lo spinge a riempire una pancia, sempre, ahimè, vuota.
Pulcinella ha solo un’ultima possibilità per salvarsi dalle ire del padrone, riportare a Zappalà la sua amata Catarinella. Riuscirà Pulcinella a ritrovare la fanciulla e a scamparla dalla padella?
Non ve lo diremo, vi diremo solo che con un colpo di genio il nostro eroe farà capire al suo padrone,  facendogliela sperimentare dal vivo, come sia ben difficile la vita del servo.
Lo spettacolo arriva direttamente ai piccoli spettatori attraverso le gag comiche, tipiche della commedia dell’arte, mescolate a momenti di riflessione sui meccanismi, anche qui, purtroppo immutabili della vita vera, dove gli sfruttatori ripetono da sempre i loro consueti riti di sopraffazione sugli sfruttati.   
Marco Manchisi, affiancato dall'eccellente Santo Marino, concede tutta la sua arte in una vera e propria lezione di teatro dove il ritmo incalzante delle azioni in scena si sposa a perfezione con il godimento ed il riso degli spettatori di ogni età.  

Alessandro Libertini della Compagnia Piccoli Principi, continuando il suo trentennale lavoro di    regalare le suggestioni  dell'arte  in modo anomalo e corroborante ai più piccoli, ha proposto con “ Ritagli” un suo nuovo prezioso tassello in questa direzione. Libertini, ispirandosi  ai papiers découpés di Henry Matisse, alle silhouettes di Hans Christian Andersen, ai décollages di Mimmo Rotella, si propone in scena direttamente al suo pubblico come un artista che nel suo atelier, disegnando con le forbici, reinventa mondi e personaggi legati all'infanzia.
Ecco dunque che, servendosi della tecnica del papier découpé,  la scena si popola di diversi schermi luminosi dove, attraverso diverse angolazioni, tra realtà ed immaginazione,  appaiono i personaggi che più abbiamo amato da bambini.  Pinocchio, il soldatino di stagno con la sua ballerina, la teiera di Alice con tutti i loro riferimenti contemporanei,  prendono magicamente vita, creati in diretta dal  maestro animatore attraverso un filo diretto con l'attenzione dei piccoli spettatori. Poi con la telecamera il maestro si spinge direttamente tra il pubblico, ritagliando per mezzo delle immagini  anche i corpi degli spettatori, che in fin dei conti sono anche loro ritagli meravigliosi dell'essere umano. Spettacolo di grande sapienza intellettuale  che a nostro avviso avrebbe la sua più perfetta riuscita, affiancandolo ad un laboratorio creativo con i bambini che assistono alla raffinata performance, ma siamo sicuri che conoscendo Libertini, ciò avviene e avverrà sempre.  

Di ottimo impasto ancora parzialmente da lievitare e da meglio calibrare nei vari elementi che lo compongono ( lo spettacolo compiuto lo vedremo a Segnali) ci è parso” Semino” lo studio che Michelangelo Campanale ha presentato al festival su un soggetto e testo dell'abituale drammaturga della compagnia “La luna nel letto” Katia Scarimbolo.
Qui la metafora, spesso utilizzata dal teatro ragazzi del seme simbolo della vita che cresce e dà i suoi frutti, è espresso in modo originalmente poetico nell'incontro tra  un timido ometto (in qualche modo apparentato nella sua meravigliosa e incantata ingenuità a Forrest Gump) con un' eterea fanciulla di cui fatalmente viene attratto.
Il loro  primo incontro,  i sempre meno goffi tentativi di lui di farsi notare, il passare delle stagioni
vengono narrati, senza parole, attraverso un apparato scenico di forte e poetica rilevanza,  dove tutti i mezzi che il teatro possiede ( le luci, le scenografie, la musica, i rumori, la danza le animazioni video ) accompagnano significativamente  i bravi Annarita De Michele e Daniele La Sorsa nei loro tentativi di dare senso con l'amore alla loro vita.

A Castelfiorentino, come spesso ci è accaduto in questi anni. abbiamo visto uno spettacolo che vede la sinergia di due compagnie pugliesi, questa volta Crest ed Armamaxa .
“Capatosta”  su regia di Enrico Messina con  in scena un davvero bravo Gaetano Colella  ed il giovane  Andrea Simonetti, mette in scena la ferita più grossa che ha dovuto subire la città di Taranto, dove opera il Crest, la compagnia diretta da Claudia Cottino. Stiamo  parlando ovviamente dei veleni della fabbrica dell'ilva  E' qui che si svolge lo spettacolo e più precisamente in uno dei tanti reparti  della fabbrica, l' Acciaieria 1 reparto RH. In questa parte dello stabilimento l’acciaio fuso transita per raggiungere il reparto della colata e gli operai sono chiamati a controllare la qualità della miscela. La temperatura è di 1600 gradi centigradi.
In scena vi sono due operai sul posto di lavoro, assai diversi tra loro, il  primo ha  venti anni di servizio alle spalle, possiede un carattere volitivo e, pur disilluso, difende a spada tratta il suo lavoro,  sperando però di poter fuggire da Taranto, coi suoi figli, per non tornarci più. Il secondo è una matricola, un ragazzo di venticinque anni dalle belle speranze , appena assunto nello stabilimento, colto e preparato e  che sa soprattutto come l'unica soluzione possibile sia distruggere il mostro nel quale dopo il padre, morto di cancro, è andato a lavorare.
Spettacolo di servizio, nel senso più nobile del termine, Capatosta, pur con qualche doverosa concessione didascalica, vive sul  rapporto intimo, conflittuale  tra i due uomini, un rapporto che però alla fine la bella drammaturgia dello stesso Colella trasforma in un rito pietoso che accomuna in una sorta di identità un padre e un figlio, costretti a vivere, loro malgrado, pur in due modi diversi, in un inaccettabile inferno terrestre .  

A Castelfiorentino attraverso due interviste abbiamo anche potuto conoscere le nuove prospettive verso cui si muovono tra teatro ragazzi e ricerca  due giovani compagnie di teatro di figura, Zaches e Riserva Canini, che ha tra l'altro presentato “Little bang”, il suo nuovo progetto legato all'universo e alla sua
nascita. Aline Nari di Aldes poi ha presentato il primo studio di “ Il colore rosa” spettacolo di danza che utilizza però anche il gesto e la voce,  coraggioso, ma ancora acerbo nella suo ostentato didascalismo, sul tema degli stereotipi di genere.  

Tra gli spettacoli rigorosamente per adulti abbiamo rivisto Be Legend/Daimon Project di Teatro Sotterraneo e Scherzo ma non troppo di Gog Magog.
In “Scherzo ma non troppo” su un testo, come accade di recente alla compagnia,  di Virginio Liberti e la regia di Tommaso Taddei, Carlo Salvador, vestito in modo elegantemente ordinario in un ambiente ordinario, una sedia e un tavolo, è un venditore ambulante che vende aria, aria di tutte le forme e di tutte le sostanze  
Un formidabile venditore proveniente da una lunga tradizione di venditori, un uomo dalla parlata “funambolesca e mutevole “, che infatti si esprime un'po' in tutte le lingue del mondo per catturare un pubblico più vasto possibile. Vende aria, qualcosa di impalpabile ma che come sappiamo ci consente di vivere, un po come il teatro dunque. Poi ci racconta anche di lui e del tradimento di sua moglie,ma sarà vero o finzione, anche qui come in teatro dunque.Una bella prova di attore  alle prese con un testo ben congeniato in tutti i suoi frequenti spaesamenti,  pieno di sottointendimenti non sempre facili da decifrare.
 
Be Legend/ Daimon Project  di Teatro Sotterraneo, uno dei gruppi che seguiamo da vicino da diversi anni, è un progetto seriale, una specie di docufiction a puntate che ripensa l’identikit infantile di alcuni personaggi storici o dell’immaginario divenuti leggenda. Progetto curioso e affascinante, anche nella sua costruzione, dove, in tutte le città che lo spettacolo tocca, un bambino diverso  prova a incarnare un personaggio storico  come poteva essere a 10 anni. “Cerchiamo nel cucciolo le tracce del mito adulto o gliele mettiamo addosso, costruendo una sorta di profezia a ritroso.”
A “Teatro tra le generazioni" abbiamo rivisto Hamlet e Jeanne d'Arc mentre per la prima volta ci siamo ritrovati davanti ad un Hitler bambino.
Il termine "daimon" rimanda a una categoria dello spirito coniata dal celebre filosofo e psicologo analitico James Hillman, famoso discepolo di Carl Jung.  Per l'eminente studioso, ciascuna anima possiede un «codice», una specie di demone che detta le inclinazioni dell’essere umano, influenzandone le scelte future.
Usando l'arma del paradosso, come solitamente fa, il  gruppo toscano mette in scena, accanto al  giovanissimo interprete che cambia di volta in volta,  Sara Bonaventura e Claudio Cirri, sui testi scritti da Daniele Villa, con il  coinvolgimento diretto del pubblico. E così veniamo a scoprire la miserevole infanzia dei nostri tre eroi, Amleto, Giovanna d'Arco e Hitler, che fin da piccoli avevano manie vizi e tentennamenti cosi significativi da intravvedere in loro un futuro pieno di gravi rischi. Intelligentemente e con grande dose di sarcasmo, "Be Legend", mescolando sguardi adulti e bambini, costruisce  tre apologhi in qualche modo disarmanti che sotto l'arguzia di uno sguardo apparentemente sorridente sottointendono una condizione dell'infanzia mai vista come oasi libera e felice, ma rappresentata come età problematica, sempre condizionata da elementi incontrollabili nella loro difficile comprensione.     
MARIO BIANCHI