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recensioni
VIMERCATE 2009
Le recensioni di Mafra Gagliardi e un intervento di Giorgio Scaramuzzino su 'Viaggio in aereo '

Vimercate, diciottesima edizione di “Una città per gioco” .
Un carnet nutritissimo di spettacoli (24!), come sempre selezionati da Mario Bianchi e dalla Cooperativa Tangram con la consueta atmosfera di cordiale accoglienza offerta dai padroni di casa ai loro ospiti: un clima d’amicizia, soprattutto, che caratterizza in modo peculiare l’ appuntamento vimercatese.
Non sono riuscita a vedere tutti gli spettacoli in programma: di quelli a cui ho assistito, provo a segnalarne alcuni che mi hanno particolarmente colpito.

Cominciando da quelli dedicati ai bambini più piccoli, ecco 'Kish Kush ' , del Teatrodistinto di Alessandria, con Daniel Gol e Alessandro Nosotti , regia di Laura Marchigiani, che nasce come progetto finalista per Scenario Infanzia 2008 ( si veda la recensione in proposito di Mario Bianchi per Maggio all’infanzia).
Benchè la scheda della Compagnia lo proponga per spettatori tra i 6 e i 12anni, il suo pubblico ideale, secondo me, va identificato ( con qualche sfoltitura della seconda parte ) tra i piccoli della Materna e del primo ciclo elementare. Lo spazio diviso longitudinalmente da un velario trasparente propone agli spettatori punti di vista differenti su due personaggi e le loro azioni : simili ma diverse, vicine ma separate. Ma se le lingue sono distanti, i gesti, minimi e rigorosi parlano un linguaggio universale che si affida a simboli, suoni, tracce permettendo l’incontro tra i due. Si apre dunque uno spazio per la riflessione sul rapporto con l’altro, lo straniero, sul concetto di confine, su uno spazio da condividere, su un dialogo da inventare: e sul valore dello scambio, come forma primaria di comunicazione. C’è dentro questo spettacolo tutto un mondo di emozioni primarie,di fantasticherie, di paure molto presenti tra i bambini ( Kish Kush in ebraico significa scarabocchio, la prima manifestazione grafica infantile) soprattutto oggi in una cultura multietnica in cui è indispensabile confrontarsi con le problematiche della diversità e dell’accoglienza.
Pensato per bambini ancora più piccoli, quelli dei Nidi, ' In cammino ' è una nuova produzione Tam Teatromusica , in cui Flavia Bussolotto, da anni impegnata nel settore della prima infanzia, per la prima volta si cimenta oltre che nell’interpretazione anche nella regia (con la collaborazione di Claudia Fabris). Un esordio positivo, perché lo spettacolo è delicato, poetico, incantatore:imperniato sul tema dell’andare come percorso di crescita del bambino che si muove nel mondo per esplorarlo e costruire la propria identità. Per il piccolo proteso nell’esplorazione del reale, il cammino è la misura del conoscere: per lui, anche i piedi hanno gli occhi, come quelli che l’attrice disegna su di sé. Lo spazio scenico è abitato da forme geometriche ispirate alle sculture di Graziano Pompili che, come pezzi di una grande scatola da costruzioni, si offrono alla manipolazione e alla creazione di immagini diverse.. Sono oggetti di gioco e fonti di gioia, espressa nel canto che accompagna il viaggio. Sono soprattutto modi di fare esperienza per la progressiva costruzione del sé: che si conclude alla fine nella costruzione di una casa , punto di approdo e di riposo. Ma non definitivo, perché il cammino è incessante, come il percorso della crescita: e un immenso cielo stellato si offre alla contemplazione del viaggiatore. Il viaggio che fin qui è stato un percorso totalmente interiore sembra alludere a questo punto a un’esperienza comunitaria; ma è appena un accenno che attende di essere sviluppato. Lo spettacolo si snoda attraverso associazioni e immagini simboliche, che sono proprie della struttura psichica della prima infanzia : ma offre anche il piacere della percezione di forme e suoni ad alta valenza estetica, com’è da sempre nella linea produttiva del Tam.

Si rivolge a spettatori fra i cinque e gli otto anni 'Arturo nella terra dei porci ' , de La Bottega degli Apocrifi di Manfredonia con Livia Gionfrida e Fabio Trimigno, regia di Gionfrida. Alla base dello spettacolo sta la famosa novella anderseniana del principe porcaro: ma che girandola di invenzioni, che ritmo scoppiettante, che felicità inventiva ci troviamo davanti! Una vivacissima Livia Gionfrida passa con agilità da un personaggio all’altro suscitando dal nulla meccanismi di sorpresa e sottolineando la vena ironica del testo di partenza: ne esce un Andersen rivisitato con occhi del Sud, sapido, veloce, piacevolissimo nell’azione scenica.
Indicato per la stessa età (dai cinque anni in su), ' La Leggenda di Coniglio Volante ' (coproduzione italo-spagnola di Alberto de Bastiani, Salvator Puche, testo e regia di Gigio Brunello) che ha vinto l’anno scorso il primo premio al Puppet &Music Festival di Gorizia e recensito in quell’occasione da Mario Bianchi). Si tratta di uno di quegli i spettacoli che in realtà deliziano un tout public: perfetti nella tecnica, originali nell’impianto scenico, affascinanti nella narrazione. Io sono stata colpita anche dall’eleganza di un testo senza sbavature, ironico, brillante, affidato alla voce del nipote di Coniglio Volante e a qualche commento del burattinaio (De Bastiani) che si affaccia a tratti al proscenio trasformato in finestra. Gli altri burattini non parlano, semplicemente “agiscono”, come in un film muto, la storia surreale di un coniglio volante che, sparato in cielo da un cannone, provoca una grande nevicata in piena estate. Ma ci sono anche altre storie paradossali e portentose: clown coraggiosi che entrano nella pancia di un orso per pulirlo dall’interno, amori difficili, prove di coraggio. Insomma , un incanto: chapeau a questi maestri del teatro di figura!

Su un versante completamente diverso, ma per molti aspetti pregevole, si colloca 'Il puntino che divenne una macchia che divenne una striscia che divenne un bambino ' del lecchese Albero Blu (con Enrico De Meo, Michela Giusto, Stefano Panzeri). Lo spettacolo presenta (per spettatori dai 12 anni in su) una storia della Shoah liberamente tratta da “Il bambino con il pigiama a righe” di John Boyne recentemente tradotta in un film con l’omonimo titolo. Racconta di Bruno, figlio del responsabile del campo di sterminio di Auschwitz che non riesce a capire che cosa gli stia succedendo intorno, chi siano quelle strane persone con il pigiama a righe che vede al di là della recinzione del campo. Un giorno , al di là del reticolato vede un bambino della sua età, Shmuel: nasce un’amicizia fatta di dialoghi, scambio di confidenze, progetti di gioco. Bruno vuol condividere l’esperienza di vita del suo amico e, vestito come lui di un pigiama a righe, si introduce nel campo. Morirà insieme agli altri ebrei in una camera a gas.
Lo spettacolo è esemplare nell’approccio a un tema così duro perché non cade mai nel melodrammatico ma neppure si attiene alla freddezza di un reportage: l’emozione proviene da una storia narrata in forma sobria ed efficace, affidata a una recitazione altrettanto misurata. Quando poi si scopre che il regista dello spettacolo è Claudio Raimondo, si chiariscono le ascendenze - per così dire - di questa atmosfera: gli impareggiabili stilemi del Teatro del Sole d’antan, compresi i siparietti di brechtiana memoria.
A proposito di tematiche forti: ho rivisto nella rassegna vimercatese ' La quinta stagione ' del Teatro Città Murata-I Teatrini ( già recensito a proposito di Vetrina Europa lo scorso novembre)che affronta, come si sa, il tema della morte . A alcuni mesi di distanza dalla “prima”, ho trovato lo spettacolo cresciuto in intensità e bellezza : merito, forse , di alcune modifiche apportate alla recitazione, che ora, eliminate alcune punte di comicità eccessiva, si muove in un registro di grande forza espressiva. Onore al merito degli attori, Stefano Bresciani e Marco Continanza. Molta comicità, richiesta dal plot narrativo e usata come chiave interpretativa del tema.In 'Eroi in fumo ' della pugliese “ La luna nel pozzo” (con Annalisa Legato e Mirco Trevisan, regia di Robert Mc Neer), per spettatori dagli undici anni in su: qui il tema è addirittura (nientemeno!) Eros e Thanatos, affrontato nell’ottica di due clown, desiderosi di imitare tutte le figure archetipiche della letteratura epica e cavalleresca. Affiora naturalmente il mito dell’eroe, particolarmente congeniale all’immaginario adolescenziale, sempre alla ricerca di un modello da imitare. Ed è proprio questo mito a essere sottoposto all’azione beffardamente derisoria dei clown: “tutto fumo, niente arrosto!”. Grandi volute di fumo (reale) invadono lo spazio scenico e le gags si succedono a ritmo serrato, implicando anche il rapporto tra il maschile e il femminile, con una precisa scansione dei reciproci ruoli. Forse vi è qualcosa di eccessivo nell’intrecciarsi dei motivi e dei riferimenti: resta però l’originalità di un punto di vista - quello del clown - sul quale Mc Neer sta indagando da anni e che si ripromette di sviluppare anche in futuro. Riflettere sullo spessore di questo personaggio, svincolato dall’atmosfera circense e ricondotto alle sue complesse matrici di natura teatrale può essere molto stimolante per ragazzi e adulti.

Per finire, desidero segnalare due spettacoli che , benché presentati in orario notturno (alle 24) al termine di giornate già dense di rappresentazioni, non ne sono stati per nulla penalizzati: anzi, hanno ottenuto un successo pieno, addirittura clamoroso. Mi riferisco a “L’isola di Calibrano”, liberamente tratto da Luca Radaelli da “La tempesta “ di Shakespeare e a 'Ricordi con guerra ' di Stefano Cipiciani di Fontemaggiore. Entrambi si rivolgono a un pubblico dai 14 anni in su, più in generale a giovani-adulti.. Il primo è un bell’esempio di teatro nel teatro, in cui ci sono tre amici che, mentre aspettano l’alba (e il traghetto) in un’isola deserta, rievocano il loro passato di attori - hanno messo in scena una “Tempesta” alcuni anni prima - e provano a calarsi di nuovo nei personaggi allora interpretati. Eccoli davanti a noi come Prospero, Ariel, Calibano, i tre protagonisti della Tempesta: impegnati a rappresentarne i caratteri, ma anche a esprimere le loro inquietudini, le loro utopie, le loro delusioni di uomini che nel testo shakespeariano rintracciano riferimenti alla propria esperienza ( ah, l’eterna referenzialità del teatro!). Così frammenti della loro autobiografia si intersecano ai versi del Poeta , con una funzione direi catartica, perché tutto si compie come un processo di autoconoscenza. “In questo viaggio…abbiamo ritrovato noi stessi” diranno alla fine. Insomma, siamo di fronte a uno spettacolo intrigante che tira lo spettatore dentro lo spazio scenico e gli fa toccare con mano l’universalità e l’umanità dei personaggi shakespeariani. Anche perchè li interpretano tre attori eccezionali: Luca Radaelli, Valerio Maffioletti e Michele Fiocchi. Dei fuoriclasse, ciascuno a suo modo.
Anche Ricordi con guerra è una straordinaria prova d’attore. Cipiciani si presenta sulla scena dopo vent’anni in cui ha fatto tutt’altro, per riproporre un personaggio creato per due spettacoli di Marco Baliani che parlavano della Resistenza, nell’89/90 appunto.. E’la storia di un ragazzo di Perugia, nato da famiglia contadina, che si butta con i Fascisti e compie delle infamie. Cipiciani lo racconta con le cadenze della sua terra, con un’intensità e una forza che lo rendono vero. Straordinario, l’ho detto.
Mafra Gagliardi


Questa edizione di 'Una città per gioco ' ha visto una fruttuosa e bella collaborazione con il progetto 'Teatri Abitati Pugliesi ' con la proposta di tre spettacoli e di un progetto.Inoltre è stato proposto una creazione cult del teatro ragazzi italiano 'Viaggio in aereo ' della Compagnia Drammatico Vegetale, abbiamo chiesto a Giorgio Scaramuzzino che non l'aveva mai visto di parlarci dello spettacolo.

Mi è stato chiesto di parlare di uno spettacolo visto a Vimercate, e lo faccio davvero con piacere. Si tratta di Viaggio in aereo della compagnia Drammatico Vegetale, uno spettacolo nato nel 1995 (mi sembra) ma ancora molto fresco e attuale. In breve è una elaborazione del famoso Piccolo Principe, un aviatore cade in mezzo al deserto e ha un incontro magico con un bimbo piovuto dal cielo. Il pubblico è seduto all’interno di una struttura esagonale composta da sei schermi sui quali viene rappresentata la storia attraverso ombre, luci, colori e volti che appaiono e scompaiono con grande maestria. Il pubblico rimane rapito, e attende sorpreso chiedendosi da dove spunterà la prossima immagine, il nuovo gioco. Si chiede da dove arrivano i suoni e le voci e alza gli occhi incredulo alla comparsa di un cielo fitto di candidi pianeti. Ogni tanto ti sembra di vivere attraverso le avventure del piccolo uomo in un mondo al contrario, un po’ alla Carrol, e tutto ti invita a guardare questo strano mondo con “una sorta di strabismo mentale” e i questo strano mondo il pubblico, anche piccolo può ritrovarsi e accomodarsi La voce dell’attore poi, ci accompagna dolcemente, direi ci “addomestica”, in questo incanto che sta il rituale e l’avventura. Un modalità teatrale coinvolgente che crea l’evento teatrale come unico e indimenticabile.
Giorgio Scaramuzzino