eolo | rivista online di teatro ragazzi
recensioni
ZONA FRANCA 2009
LE RECENSIONI DI MARIO BIANCHI

Varia e diversificata la settima edizione di Zona Franca, il festival di creazioni artistiche per un pubblico giovane che si è tenuta a Parma dal 18 al 21 febbraio. Spettacoli nuovi, produzioni straniere, ottime creazioni già viste ma proposte a molti operatori non solo europei(Mannaggia a mort, A nord della Primavera,Un paese di stelle e di sorrisi, il tenero e incantevole Senza piume, Nuova Barberia Carloni) , studi di progetti futuri, mostre ed installazioni assai particolari hanno caratterizzato una edizione senza grandi picchi qualitativi con qualche eccezione ma con tutti debutti di buon livello che spesso hanno diviso il pubblico.

La prima giornata è stata dedicata quasi interamente alle produzioni estere con “Si tu no Habieras nacido”della compagnia spagnola “La casa incierta “ e “10 millions de km2” del gruppo francese “Skappa “.
“Si tu no Habieras nacido” si interroga sul rapporto che regola le persone umane, soprattutto il meraviglioso legame che vi è tra una madre ed il suo bambino, 4 attori ed un pianista dal vivo intrecciano tra loro parole gesti e visioni per raccontare il passaggio del tempo ed il miracolo della vita.Ogni essere umano ha qualcuno che veglia su di lui, angeli, forse, comunque presenze che ti accompagnano e che vegliano su di te, all'inizio è tua madre che ti sta vicino che è stata anche figlia e tu stessa che sei figlia poi diventerai madre in un continuo passaggio di consegne .
Spettacolo poetico e agito con intelligenza e senso del teatro, pur tuttavia la creazione spagnola contiene troppi segni e significati, spesso ripetuti e, secondo noi, con un linguaggio assai complesso, soprattutto per i bambini di tre anni a cui lo spettacolo sembra dedicato .
“10 millions de km2” parla invece di convivenza e di Europa. Lo spazio su cui si muovono immagini in movimento è situato al centro della scena,è qui che gli spettatori seguono l'evolversi del rapporto tra un uomo francese ed una donna tedesca. Prima il linguaggio li divide poi scatta l'amicizia e la conoscenza reciproca. Essi sono cittadini europei ma vivono con difficoltà questa situazione che invece dovrebbe essere di privilegio. Lo spettacolo si fa amare soprattutto nel gioco delle relazioni che intercorrono tra i due protagonoisti, nelle immagini e nei colori che attraversano la scena, ci sembra meno felice nella parte centrale, statica e concettuosa, quando pretende di veicolare argomenti più complessi.

Le creazioni italiane sono iniziate con “Volare a tutti i costi, forse”, coproduzione di Serra teatro e di Teatro Dimora di Mondaino. Lo spettacolo propone tre fiabe diverse scritte da Emma Dante, Marco Baliani e Mario Campana, tutte attinenti alla possibilità del volo. Sono storie che parlano di pesci, pulcini e semi e sono raccontate in modo semplice ed efficace, attraverso immagini, le più belle uscite dalle pubblicazioni edite da Teatro Dimora, e un attrice, Nicoletta Fabbri, ritornata alla compagnia dopo la felice esperienza del Gallo Sebastiano.Poco chiaro invece il contesto che collega le storie, animato da Pier Paolo Paolizzi, ancora alla ricerca di un'entità drammaturgica precisa e coinvolgente.
A Zona Franca come a Vimercate i teatri Abitati pugliesi sono stati una presenza qualificata ed importante.Tra dire e il fare e La luna nel letto con la regia di Michelangelo Campanale e su un progetto di Tommaso Scarimbolo hanno regalato una serata davvero speciale al Festival con “I Mammasantissima in Amerika”.
Originale nell'impianto teatrale e drammaturgico, “ I mammasantissima in Amerika” racconta a suon di musica l'esilarante avventura mancata negli anni sessanta di un gruppo musicale di Cefalicchio, paesino ormai fantasma delle Murge, qui assunto a luogo della mente e del cuore, invitato in America per un concerto in onore di San Leonzio patrono del paesino. Sulle ali nostalgiche del ricordo, i sei componenti dello squinternato complesso, in scena con i loro strumenti di lavoro, si presentano tra un pezzo di Carosone uno di Buscaglione con le loro storie . Sono storie di amicizia e di condivisione ma soprattutto di attese e di speranze, vissute in un contesto di continue promesse tradite , di lunghi pomeriggi passati a fantasticare una realtà assai diversa. “I Mammasantissima in Amerika “ risulta così un'efficace metafora del Sud sul Sud che senza retorica parla di emigrazione e di sogni irraggiungibili, parla della musica come riscatto di un mondo in continua attesa. Il tutto narrato come un grande concerto di suoni di parole ma anche di vere e proprie emozioni.
Di forte impatto un altro progetto pugliese, “La strada delle tartarughe”, scritto e diretto da Maria Maglietta per il Crest di Taranto, creazione appositamente dedicata agli adolescenti ai quali cerca di offrire uno spaccato delle inquietudini che attraversano questa importante età della vita così difficile e contraddittoria, soprattutto in alcuni contesti .
Una storia a tinte forti quella pensata da Maria Maglietta con al centro del racconto le speranze di quattro giovani a contatto con una realtà degradata che farà puntualmente naufragare tutti i loro sogni. Lo spettacolo narra di Michele e di altri tre coetanei, Vito,l'amico del cuore, Sara la ragazza di cui è innamorato e Luli un giovane albanese. Michele Vito Sara e Luli stanno tutti per diventare adulti e a loro modo vivono questo dedicato passaggio della vita con modalità e aspettative diverse.
Dimenticati dagli adulti, adescati da modelli illusori, ancora incerti sulle strade da percorrere, i protagonisti de “La strada delle tartarughe” inconsapevolmente si muoveranno contro le ragioni di una possibile utopia, solo a Sara verrà concesso di percorrere una via di uscita.
E' naturale che una materia di storie siffatta porti lo spettacolo a mettersi sui scivolosi binari della retorica e dei clichè che infatti vi abbondano forse in maniera eccessiva ma è doveroso anche ricordare che spettacoli come questi che cercano di parlare agli adolescenti debbano essere. accolti con favore, anche perchè un gruppo di giovanissimi attori Elena Giove, Paolo Gubello, Daniele Lasorsa, Sandra Novellino, Annabella Tedone, Luigi Tagliente vi si trovano a loro agio cercando di proporre nel modo più sincero possibile tutte le pulsioni che muovono i loro coetanei.

Veniamo ora a parlare delle due produzioni dei padroni di casa delle Briciole. Nel proporre “Pinincorillo” , celebre fiaba popolare dell'Appennino bolognese che narra la storia di un bambino “piccolo così piccolo che neppure sua madre riusciva a vederlo”, Bruno Stori propone una doppia possibilità di messa in scena, divisa nettamente nelle due parti che compongono lo spettacolo, la prima si affida alla narrazione, la seconda alla resa visiva e sonora delle avventure del protagonista che immerso nella natura finisce addirittura nella pancia di un bue per poi ovviamente riemergere per essere visto finalmente dal padre. Una storia dunque di formazione, ben raccontata nella prima parte da PierGiorgio Gallicani a cui fa da contraltare(ci piacerebbe che il loro rapporto fosse maggiormente articolato) un ottimo Morello Rinaldi. La seconda parte a nostro modo di vedere deve essere ancora invece opportunamente registrata, attraversata ancora come è da eccessive lungaggini e da una resa visiva non del tutto confacente.
Molto diversificati i giudizi sull'ultima fatica teatrale di Roberto Abbiati che per il Teatro delle Briciole ha praticamente riscritto in “Un fantastico luogo per provare” “ il Sogno di una notte di mezza estate” di Shakesperare. Roberto Abbiati ambienta il suo Sogno (perchè in definitiva è così) in una terra di nessuno, una periferia degradata dove giungono gli attori che devono rappresentare per la corte di Teseo l'infelice storia di Piramo e Tisbe. Sono tre deleritti, (Matteo Bonanni Andrea Carabelli guidati da un vulcanico Claudio Guain) vestiti da Africani che intonano canti di guerra(le musiche sono quelle del rock africano di Johnny Clegg) poichè vogliono riscattare la loro condizione di emarginati attraverso il teatro. Non ci riusciranno ma lo stesso, nel bellissimo finale, grideranno la loro assoluta convinzione della necessità dell'Arte.
Come sempre importante tutto l'apparato scenico dello spettacolo che consente ad Abbiati di popolare il luogo di scorie emblematiche, di fantocci, di pupazzi di legno che suppliscono spesso alle altre diverse presenze del racconto, mentre Puk e Titania fanno capolino in modo irriverente da un video.
Uno spettacolo strabordante che avrebbe bisogno senz'altro di essere governato rispetto alla comprensione generale della storia ma che ha ,nel suo affermare in modo genialmente poetico l'assoluta esigenza e importanza del fare artistico ridotto nel nostro mondo e paese a misera questua, la sua altrettanto assoluta ragione d'essere.

C'era molta aspettativa per l'ultima creazione di Rodisio, il gruppo più inventivo dell'ultima generazione teatrale, “L'inverno”. Manuela Capece e Davide Doro scompaginano ancora le carte presentando un curioso spettacolo, quasi interamente danzato, incentrato sul tema dell'amore(ma anche dell'abbandono)analizzato nel suo scorrere attraverso le stagioni climatiche viste come metafora dei sentimenti.
Testato come sempre con il pubblico infantile in un progetto sull'amore e la paura ,“ L'inverno” narra con le musiche, con le parole spesso fuori campo ma soprattutto con la danza le stagioni del dolcissimo rapporto tra Caterina ed Ivo. L'amore e si sviluppa attraverso una danza che si nutre di diverse atmosfere dove Davide Doro e Rosita D'Aiello superano ampiamente l'esame di un linguaggio assai raro nel teatro per i più piccoli.Pieno di tenere annotazioni poetiche che rimandano alle esperienze proprie dell'infanzia e del modo con cui essa affronta il tema proposto,” L'inverno” rappresenta un ulteriore tappa della coraggiosa ricerca di questo gruppo.

L'ultimo spettacolo del festival è stato “Barocco” del T.P.O. Si badi bene non una nuova escursione della compagnia toscana sui concetto di giardino ma Barocco come vero e proprio mondo dell'illusione, il campo preferito dove gioca il teatro e dove ancor più si misura e si è misurata la compagnia di Davide Venturini e Francesco Gandi con il suo teatro interattivo.
Le immagini su cui agiscono le due danzatrici, Carolina Amoretti, Angelica Portioli, propongono un gioco sulla meraviglia, un viaggio in un mondo affollato dalle magie dello sguardo .Con la loro danza popolano luoghi incantati, entrano in ogni pertugio che miracolosamente si apre all’interno di stanze e di luoghi reali che il computer rende immaginari,luoghi popolati da quadri barocchi, da specchi in un gioco abbacinante di stanze girevoli, dove lo spazio scenico è in continuo movimento, un mondo dove tutto si disfa e si ricompone.
Infine oltre ai promettenti studi dedicati a 'Cirano ' di Paola Crecchi e a 'Minnie la candida ' di Angela Iurilli, abbiamo rivisto in edizione italiana uno spettacolo di gran pregio, per questo vogliamo riproporre la recensione di “Bouton e le chaperon” dello svizzero Theatre Johana visto quest'anno a Lugano, creazione che ti riempie veramente il cuore.
“Bouton e le chaperon” è un piccolo gioiello di micro teatro di figura che vive nello straordinario e magnifico rapporto che si instaura sulla scena tra un piccolo pupazzo e la sua animatrice Johana Biennois Bory. E' un rapporto stretto quello che li unisce che rimanda a quello tra madre e figlio e nel quale il pubblico non solo dei bambini si ritrova perfettamente. Johana vive in simbiosi con la sua creatura assecondandone gli umori e le necessità attraverso sorrisi, ammiccamenti, piccoli, teneri rimproveri mai artefatti a cui Bouton risponde da par suo con grande immediatezza fatta di tenerezze,di stupore e di piccole sfrontatezze. Bouton tra valigie colme di oggetti aiuterà l'animatrice a narrare la fiaba di Cappuccetto rosso in un gioco delle parti ironico di immediata e poetica comprensione. “Bouton e le Chaperon” animato in francese da Johana Biennois Bory che muove e dà voce al pupazzo con consumata e nello stesso tempo naturale maestria, è' uno spettacolo di grande e pregevole intensità,esempio di come si possa parlare a piccoli spettatori con semplicità e poesia.
MARIO BIANCHI