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Eolo
recensioni
IL NOSTRO RESOCONTO SULLA PRIMA EDIZIONE DEL PREMIO"SANT'ELPIDIO CITTA' DEI BAMBINI"
17 18 LUGLIO

Siamo stati presenti con piacere, per augurargli buona vita, alla prima edizione del Premio“Porto Sant’Elpidio – Città dei Bambini” nell'ambito della ventottesima edizione del Festival “I Teatri del Mondo”, caparbiamente diretto per la prima volta da Oberdan Cesanelli. Il Premio prende l'eredità del Premio Otello Sarzi trasferitosi quest'anno a Osimo e del quale recentemente vi abbiamo fatto il report. Il premio “Porto Sant’Elpidio – Città dei Bambini”, in continuità con quelli precedenti svoltisi nella città marchigiana che si affaccia sul mare, ha dimostrato ancora l'evidente fragilità di molto teatro ragazzi prodotto in Italia.

Comunque la giuria del Premio “Porto Sant’Elpidio – Città dei Bambini”, composta da Oberdan Cesanelli – Lagrù Ragazzi (Fermo), Fabrizio Giuliani– ATGTP , Veronica Olmi – Teatro Verde (Roma), Ornella Pieroni – AMAT (Ancona), Alfonso Cipolla – Istituto per i Beni Marionettistici e il Teatro Popolare (Torino), ha decretato all’unanimità vincitrice la Compagnia AnfiTeatro per lo spettacolo Un dito contro i bulli, testo e regia Giuseppe di Bello, interpretato da Naya Dedemailan Rojas Alvarez, con musiche dal vivo di Luca Visconti.

ECCO LA MOTIVAZIONE DELLA GIURIA

Lo spettacolo, concepito per un pubblico infantile, affronta con grande sensibilità e leggerezza il greve tema del bullismo, ricorrendo a una narrazione sempre tenuta ben salda, pur delineando uno spaccato quotidiano complesso, dove svariate vite di bambini e di adulti si intrecciano, definendo rapporti, amicizie, complicità, antagonismi. Innervato di umorismo e di fantastico, il racconto, attraverso le suggestioni sceniche dell’unica attrice sul palco, fa leva sul ribaltamento delle situazioni, fino a giungere a una presa di coscienza collettiva, fatta di rispetto e condivisione per sconfiggere soprusi e prepotenze.

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Ecco qui poi la recensione del nostro direttore Mario Bianchi, parte integrante del Premio che ha premiato in egual modo per la sua drammaturgia “ Un dito contro i bulli”


ll Teatro ragazzi ci aveva già regalato due spettacoli di grande qualità sul tema, in questi anni molto sentito, del bullismo : “ Io me ne frego” della compagnia milanese Quelli di Grock e soprattutto “ Branco di scuola “ di Guido Castiglia di Nonsoloteatro, ambedue dedicati ai ragazzi più grandi, dove questo molesto fenomeno ha preso piede in modo preoccupante. Questa volta è Pino di Bello di Anfiteatro a toccare con grande sensibilità il tema, dedicandolo ai bambini più piccoli, offrendogli anche altri significati che vanno ben al di là del tema proposto. Lo spettacolo “ Un dito contro i Bulli” infatti, che trae ispirazione da “Il dito magico” di Roald Dahl, è il primo capitolo di un progetto intitolato “Piccole metamorfosi” che intende portare i giovani spettatori, attraverso la trasformazione dei personaggi narrati in altro da sé, a riflettere sui propri sentimenti e comportamenti e sull’importanza delle ragioni altrui.Lo spettacolo visto al festival, interpretato da una bravissima Naya Dedemailan con le musiche in scena ed il controcampo di Luca Visconti, narra di una bambina che possiede un involontario, ma straordinario potere, che si concentra tutto nel suo dito indice, che punta contro le persone che la fanno arrabbiare. trasformandole in personaggi repellenti.

È un dono che la bambina ha sin dalla nascita e che non riesce in nessun modo a controllare : Se assiste ad ingiustizie o ne è lei stessa vittima, oplà, il suo dito magico colpisce, con conseguenze sempre imprevedibili: Ora con il prepotente fratello ora con un amico troppo invadente o persino con una maestra troppo puntigliosa. Piccola e gracile come è, addirittura, si inventa un improbabile costume ed una maschera, proprio come gli eroi che popolano la sua e la fantasia di tutti i bambini.Ora che possiede tutto quello che è necessario per compiere un’ impresa più grande, quella del secolo , ne manca solo l’occasione. Ed essa si presenta immancabilmente davanti a lei quando , Leopoldo un compagno di scuola viziato e bulletto, che spadroneggia nella classe, aiutato nell’impresa da due suoi mastini, umilia ancora una volta il pacifico e sprovveduto Pippo che poverino, ha sempre usato nella vita invece armi assai spuntate per difendersi. Prima la nostra eroina spiega a Pippo che il compagno tanto temuto, non è altro che un ragazzo come lui, con le stesse esigenze e paure (ed è per questo che la stanza di Leopoldo vista per caso durante una festa ha gli stessi giocattoli e manifesti delle loro) , poi all’ennesimo sopruso, ecco che la vendetta si compie. Ma non è una vendetta fatta come al solito di piccola violenza, la trasformazione si presenta infatti in modo più profondo, come presa di coscienza da parte sia di Pippo, sia di Leopoldo, sia soprattutto di Anna, che non c’è dito che tenga ma sono solo il rispetto e la comprensione reciproca che possono sconfiggere la prepotenza.

La narrazione di Naya Dedemailan, intrisa di ironia e di commozione, restituisce appieno tutte le metamorfosi visive ed emozionali che tutti i personaggi possiedono, entrando direttamente nel vissuto dei piccoli spettatori, mettendoli davanti con semplicità ed immediatezza a alle numerose implicazioni che lo spettacolo, man mano, dissemina sui suoi passi.


Abbiamo detto della fragilità di quasi tutti i progetti presentati.

“Cappuccetto rosso ….io non sono il lupo cattivo” del Teatro del Cerchio di Parma dove il pubblico dell'infanzia e il teatro sono bistrattati sempre e comunque attraverso parodie moleste e modi di recitare spesso inadeguati ed irritanti

“Alice non è una favola per bambini” di O P S,Officina per la Scena di Torino  dove appunto non basta una forte professionalità teatrale per fare uno spettacolo per ragazzi

“La principessa medusa” del Teatro delle Bambole di Bari dove si deve imparare che il teatro ragazzi non deve spiegare in modo pedissequo niente ma deve evocare sempre, deve educare alla bellezza come il teatro costruito per qualsiasi pubblico

“Giù le mani da nonno Tommaso” dei friulani di Molino Rosenkranz dove l'evidente rispetto per il pubblico dei bambini, accompagnato da belle immagini proiettate, avrebbe bisogno un segno teatrale più preciso ed evocativo.

“Tina la rondine pittrice” dei lombardi di Arteventuale teatro dove l'arte del dipingere è molto più evocatrice e teatrale rispetto ad una recitazione spesso fastidiosa e sopra le righe

“Vibrazione, omaggio alla terra d'Africa” di Ciridì Le fenicie-Teatro dei viandanti dove non c'è bisogno di far finta in modo semplicistico ed esteriore di essere africani per narrare fiabe e miti di paesi lontani

“Bistrot” dei veneti di La maison du Theatre dove non basta mescolare in modo improbabile la Commedia dell'arte, il teatro di figura e la clownerie, spesso volgare, per fare uno spettacolo per ragazzi

“Le Sorelle Bonamente” di Teatro per Caso, dove occorrerebbe un regista di polso che rimettesse a posto le tante cose belle che lo spettacolo possiede, tagliando le brutte che abbondano e conferendo maggiore poesia alla scena, evocatrice e ben costruita.

IL PREMIO BATTILLA' CITTA' GIURIA DEI BAMBINI E' STATO VINTO DAL DUO  FULL HOUSE CON ACTION COMEDY


Al di là del Premio due i progetti che ci hanno interessato " Arrivammo a New York il 16 verso mezzanotte" Epistolario di un morrovallese oltreoceano di Gian Paolo Valentini e Oberdan Cesanelli, , di cui ci parlerà Alfonso Cipolla e Il gatto con gli stivali di Teatro Verde di Roma di cui ci relazionerà Mario Bianchi

In tempi di totale smemoratezza, di solo presente senza un prima e senza un dopo, l’ascoltare frammenti di microstorie lontane di gente comune, di attimi inanellati giorno dopo giorno nella loro quotidianità spicciola, diventa quasi disvelamento. È sussurro su cui si riverberano gli accidenti della Storia, segnando solchi che sono nel contempo fondamenta - infinitesimali certo, eppure imprescindibili – del senso di un’epoca.

Così da un fascio di lettere dimenticate, prende corpo Arrivammo a New York il 16 verso mezzanotte. Epistolario di un morrovallese oltreoceano: testimonianza struggente in forma teatrale della sorte di un emigrato, tal Adolfo Cesanelli, uno dei tanti italiani che sogna l’America allo scoccare del Novecento. Quel suo sogno è talmente potente che qualunque tragedia, personale o collettiva, è un nulla transitorio rispetto a una speranza incrollabile che è gioia e ansia di riscatto. La decisione della partenza, l’attraversata dell’oceano, la spasmodica ricerca del lavoro, la miniera, gli altiforni, la felicità di un organetto o di una canzone che ricordi la casa lasciata, o ancora l’abbraccio di una parola attesa che arrivi di là dal mare, tutto si consuma nell’arco di pochi anni. Non esiste fatica, né guerra, né malattia che scalfisca la tenacia di Adolfo, di un ottimismo lancinante, gridato e custodito coi denti, più per rassicurare i suoi cari lontani che se stesso. Il destino è impietoso a fronte di quel credo, e non può che abbattersi crudele.

Lo spettacolo vive della forza della verità e della tragedia, tanto più vibrante perché a dar voce a quelle lettere, scritte in una lingua che oggi affascina per dimenticata compitezza, sono Gian Paolo Valentini e Oberdan Cesanelli, entrambi pronipoti di quel tal Adolfo, entrambi custodi di quella storia familiare che in scena diventa exemplum commovente e monito per l’oggi.

ALFONSO CIPOLLA

Molto interessante e proposta attraverso vari linguaggi, tutti espressi, in modo adeguato e garbatamente ironico, ci è sembrata la versione di Roberto Marafante con la regia di Emanuela La Torre, che il Teatro Verde di Roma compie della famosa fiaba della tradizione europea “ Il Gatto con gli stivali”

Narrazione, musica, teatro di figura, espressi piacevolmente e con grande abilità da Giovanni Bussi

e Andrea Calabretta  conducono, in modo semplice mai parodistico, i bambini attraverso le gustose avventure del famoso gatto che affronta mille peripezie per fare in modo che il suo squattrinato padrone possa diventare un ricco e paludato principe. Oltre alla bravura degli interpreti, concorrono alla felice riuscita dello spettacolo, le scene, i costumi e soprattutto i non usuali, meravigliosi ed espressivi burattini di Paolo Marabotto e le musiche di Marco Schiavoni. Una fiaba delle apparenze, proposta sulla scena, in un gioco reale di scatole cinesi, dove nel ritmo calibrato dei travestimenti e dei passaggi, tra corpo e figura, in cui lo sguardo dello spettatore spesso si ingarbuglia, nulla è ciò che veramente sembra, rallegrando nel medesimo tempo adulti e ragazzi.

MARIO BIANCHI

















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