
TEATRO TRA LE GENERAZIONI/SECONDA PARTE
Con i contributi di Rossella Marchi, Giovanna Palmieri e Vassiljj Gianmaria Mangheras
La seconda parte del report di Eolo sulla XIIII edizione di Teatro fra le Generazioni il festival organizzato dalla compagnia teatrale empolese Giallo Mare Minimal Teatro, ospita i contributi di Rossella Marchi, Giovanna Palmieri e Vassiljj Gianmaria Mangheras. La manifestazione si è tenuta dal 18 al 21 marzo 2025 a Castelfiorentino. Il cartellone della manifestazione diretta da Vania Pucci e Renzo Boldrini si è svolta nei vari spazi teatrali e non di Castelfiorentino: il Teatro del Popolo con il suo Ridotto e le sale espositive, il Teatro C’art e l’Ex Oratorio di San Carlo. Anche quest’anno il festival oltre ad offrire, nei suoi quattro giorni di programmazione, venti appuntamenti, otto prime nazionali, venticinque compagnie teatrali, ha proposto incontri di approfondimento legati alle performance in forma di studio.
IDA E LA BAMBINA NUOVA – Marta Zotti
Avevamo già apprezzato Marta Zotti per l'eccellente risultato di “Viola e il Bosco” e a Castelfiorentino ci ha regalato una nuova bella narrazione: “Ida e la Bambina Nuova” prodotta dell’Associazione Culturale STAR. Marta, accompagnata dalle musiche originali di Alan Brunetta e Dario Mecca Aleina e seguita dall’occhio esterno di Silvano Antonelli, ci racconta attraverso le vicende di una bambina come le altre con i suoi incontri e le sue esperienze di ogni giorno, come molte volte davanti a situazioni che ci disturbano, davanti a persone che fanno domande insistenti, nei momenti in cui vorremmo dire la nostra perché è quello che sentiamo, la spinta della nostra voce ad uscire fuori non è sufficientemente forte a diventar parola. Ida è una bambina che non parla quasi mai perché spesso ha paura di dire ad alta voce quello che pensa. Vive tutte le situazioni, ha un suo personale modo di pensare e vedere le cose ma, nonostante tutti la sollecitino a parlare, la sua voce non ri-esce ad esprimere quello che ha dentro. Un giorno però qualcosa cambia: sente crescere dentro di sé una voce interiore che, sempre più insistente,vorrebbe uscire. E’ “la Bambina Nuova “che inizialmente Ida scambia per una compagna particolarmente intraprendente. Ma quella che sentiamo è invece una nuova Ida, una gestazione di sé, qualcosa che tutti noi abbiamo vissuto nel momento della crescita, ognuno alla propria maniera. “La Bambina Nuova “sono i passi di crescita che come ogni sviluppo procedono per tentativi, errori, eccessi. Ed è così che quando meno Ida se l’aspetta quel suo sentire emozionale diventa talmente forte che prende vita propria e… sbotta. Incurante degli sguardi allibiti delle persone intorno, oltrepassato l’ostacolo del suo mutismo, finalmente libera di esprimersi, parla, urla il suo disappunto per le cose che non le vanno bene, chiede a gran voce le cose che ha sempre desiderato. Quasi come se la voce che esce da lei in fondo non fosse sua. Ma è venuto il tempo di ascoltarsi. Di capire da quale meandro di sé escono quelle parole che Ida riconosce come pezzi di sé che avrebbe sempre voluto esternare senza mai riuscirci. E comincia la sua ricerca che la porterà al punto di comprendere che “la Bambina Nuova “ha molto più che qualcosa in comune con lei: è lei protesa, è lei spinta oltre, è lei che intravvede più avanti. E quella voce che inizialmente esce suo malgrado sconcertando tutti per la sua natura selvaggia, libera come il verso di un animale, come una corsa a perdifiato, come l’incontenibile che trasborda, si farà sentire sempre più spesso fino a… scomparire. Sì, perché ad un tratto Ida dovrà fare i conti con la sparizione della “Bambina Nuova”. E’ difficile lasciar andare. Anche quando quella che ci lascia è una parte di noi che andava superata. Ci rimane sempre una sorta di nostalgia per qualcosa che siamo stati, che ci ha protetto nella nostra fragilità. Il momento di spiccare il volo è sempre un atto di grande contrasto interiore: ci si chiede cosa vivremo di nuovo e se staccarsi da un suolo così conosciuto e rassicurante sia una buona idea. Ma soprattutto ci si chiede se saremo in grado di vivere quel cambiamento, di essere quel cambiamento. In realtà quella domanda nel momento stesso in cui ce la rivolgiamo diventa passato perché se riusciamo a porcela vuol dire che siamo già cambiati. E Ida nel momento in cui vede sparire “la Bambina Nuova “capisce, mentre la cerca dappertutto, che quella “Bambina Nuova” altri non è che Ida Nuova. Che ora è pronta per incontrare il mondo. Marta Zotti è una brava narratrice, con una scrittura che accompagna lo spettatore, non lo lascia mai solo, lo prende per mano e lo porta, anche quando è difficile ascoltare. Il suo modo di raccontare è rassicurante, sa farti provarepaura ma nello stesso tempo senti di poterla affrontare. Questo lavoro ha il merito di riuscire a far riconoscere ognuno di noi nella protagonista perché Ida ha le maglie larghe, è un tessuto che possiamo indossare tutti: possiamo riconoscere il tema del mutismo selettivo ma anche della semplice timidezza, dell’amicaimmaginaria ma anche del semplice dialogo con se stessi. La costruzione e la scoperta di sé non finiscono mai, contengono e sono contenuti, come una matrioska: ogni cambiamento porta con sé ciò che siamo stati e quel che diventeremo.
LUCY/GLI ORSI – Teatrodelleapparizioni
Lo spettacolo “Lucy/Gli orsi “ è l’esempio di come il lavoro sinergico possa dare frutti interessanti: “Lucy/Gli orsi “è un libro per ragazzi della scrittrice francese Karin Serres della collana “I Gabbiani” che raccoglie le drammaturgie teatrali contemporanee per ragazzi , edita da Edizioni Primavera, una dei cardini del progetto “Scritture e scene d’infanzia”, format ideato da Cira Santoro e Federica Iacobelli in collaborazione con Emanuela Rea, negli anni in cui era la responsabile del teatro per le nuove generazioni dell’ATCL. Fabrizio Pallara, regista del teatrodelleapparizioni, dopo aver preparato una lettura funzionale al progetto “Scritture e scene di infanzia” con gli allievi attori e le allieve attrici di una accademia di recitazione romana, ha deciso di dargli vita e, sostenuto da CSS Teatro Stabile d’innovazione del Friuli Venezia Giulia, La Piccionaia e il Teatro Metastasio, ha portato in scena questo spettacolo scegliendo come attori e attrici del progetto 3 ragazzi di quella Accademia, ormai attori professionisti, con cui aveva lavorato durante la lettura. Un velatino a metà palco divide lo spazio scenico in un fuori e un dentro l’abitazione della famiglia Wing, un padre con due figlie,una bambina Lucy e un’adolescente. La loro esistenza viene sconvolta dall’esperienza della figlia piccola che, di ritorno da una lezione, avvista un orso bianco trasparente che però vede solo lei (e noi che lo vediamo proiettato gigantescamente sul velatino). Tornata a casa insiste nel presentare l’orso al padre e alla sorella che, non vedendolo, inizialmente non la prendono molto sul serio, pensando che questa suggestione sarebbe scomparsa di lì a poco. Ma la piccola protagonista non solo non smette di costruire la relazione con questo orso bianco trasparente, ma ne comincerà ad avvistare altri facendo di queste presenze il fulcro della propria esistenza. La sorella adolescente mal sopporta questa bizzarria e tra repentini scatti d’ira e tenerezze, come solo il periodo dell’adolescenza può spiegare, non riesce a comprendere la necessità di Lucy di vedere un mondo in cui ormai ogni abitante della piccola cittadina canadese ha il suo personale orso bianco trasparente. Lucy vive bene in questo suo nido/mondo pieno di presenze enormi, bianche, trasparenti ma per nulla spaventose. Si prepara a crescere, forse a superare un disagio, forse ad affrontare un dolore e lo fa nel suo personalissimo modo che le permette di sentirsi al sicuro. La metafora posta in scena potrebbe essere un’evoluzione contemporanea dell’amico immaginario oppure più semplicemente un tempo di riflessione in cui la nostra protagonista si ferma per recuperare o far iniziare l’evoluzione di sé. Ma con questo immaginario così fiorente Lucy creerà allarme nella cittadina perché la voce della presenza degli orsi si spargerà, dando vita ad una terribile caccia che vedrà gruppi di “pazzi “organizzati con tanto di fucili che cercano fantomatici orsi da eliminare, rappresentando così una fin troppo conosciuta realtà che riguarda tutti da vicino e che fa abbassare un po’ lo sguardo agli adulti per la vergogna di non sapere gestire una Natura che lo riguarda e che spesso invece combatte per ignoranti convinzioni. Lucy si metterà in pericolo per ricercare il suo orso e fermare questa follia ma non troverà più né il suo orso né gli altri e, una volta a casa sana e salva, comprenderà che la sparizione degli orsi bianchi trasparenti coincide con la sua crescita: questo nido di orsi l’ha protetta e difesa nel periodo in cui aveva bisogno di Tempo. Gli orsi hanno lasciato il posto a Lucy e alla sua transizione verso l’adolescenza, alla sua capacità di affrontare il mondo con i suoi strumenti. Lo spettacolo colpisce per la contemporaneità del linguaggio, della scrittura, delle musiche e della messa in scena. Luca Giacomini, Grazia Nazzaro e Carolina Signore sono molto credibili nel riportare la quotidianità di una famiglia che viene rotta da un evento così singolare. La rappresentazione di una famiglia con un impianto così moderno è qualcosa che avvicina il pubblico a cui è dedicato il lavoro, dagli 8 anni, che si riconosce nelle dinamiche e nel tipo di relazioni che si formano, sia tra genitore figlio che tra fratelli e tra sorelle ma soprattutto nella relazione con se stessi e con i delicati passaggi dal mondo infantile a quello adolescenziale. La scena è davvero suggestiva con le bellissime illustrazioni di orsi bianchi proiettati ad opera di Massimo Racozzi che incorniciano, nel vero senso della parola, l’interno della casa dove avvengono la maggioranza delle relazioni tra i componenti della famiglia: osserviamo infatti le dinamiche della storia quasi come se guardassimo attraverso uno schermo. “Lucy/Gli orsi” ha un respiro internazionale: è un lavoro che ha immaginario e ritmi che ricordano quelli degli spettacoli nord europei e un approccio all’argomento della transizione dall’infanzia all’adolescenza che fa del rapporto empatico tra l’opera e il suo pubblico di riferimento, il suo primo pensiero. “Lucy/Gli orsi” lascia intravvedere quella che può essere una delle direzioni in cui il teatro per le nuove generazioni potrebbe orientarsi: trovare raccordi e sinergie tra la più recente letteratura per ragazzi e le nuove drammaturgie teatrali dedicate all’infanzia (la collana “I Gabbiani” a questo proposito è una grande ricchezza) per continuare a rinvigorire e alimentare il rapporto con le nuove generazioni, perché il teatro ha sempre più necessità di fare della contemporaneità il suo punto di partenza. Questo lavoro, a nostro avviso, traccia una via feconda e possibile.
QUESTO E’ LO SPETTACOLO MIGLIORE DEL MONDO - Leonardo Tomasi
ROSSELLA MARCHI
DUE STUDI PER L’INFANZIA E UN DIALOGO NECESSARIO “FRA LE GENERAZIONI”
All’interno della XIV edizione del festival Teatro fra le Generazioni di Castelfiorentino (FI), sono stati presentati due studi teatrali di grande sensibilità e potenzialità: Luna e Zenzero del Teatro Giovani Teatro Pirata e La Bambola e la Bambina, co-produzione tra Giallo Mare Minimal Teatro e La luna nel letto. Due lavori distanti per forma e immaginario ma accomunati dalla volontà di esplorare, attraverso la fiaba e il simbolo, temi profondamente umani e attuali.
Luna e Zenzero, scritto da Nadia Milani e Simone Guerro, con la regia di Nadia Milani, racconta la storia di due coniglietti legati da una profonda amicizia. Mentre Luna è intraprendente e ama l’avventura, Zenzero è timoroso e preferisce la quiete domestica. Quando Luna decide di partire da sola, Zenzero affronta le sue paure e intraprende un viaggio che lo porterà a scoprire il proprio coraggio. In scena, Marzia Meddi ed Enrico Desimoni, danno vita alla narrazione con l’ausilio del teatro di figura: marionette portate, marionette ibride e ombre, in un intreccio di linguaggi che parla direttamente all’infanzia. Le musiche sono di Simone Guerro, le scene e le marionette di Alessia Dinoi, le ombre di Gabriele Genova, e le luci di Fabio Dimitri. Lo spettacolo in fieri , delicato ed evocativo, tocca con sensibilità anche temi contemporanei come la paura di uscire di casa, evocando la sindrome hikikomori e la figura di una tartaruga clochard che ha problemi con la memoria a breve termine, introducendo delicatamente la questione dell’Alzheimer.
Diversa ma altrettanto potente è l’estetica de "La Bambola e la Bambina", tratto dall’antica fiaba russa Vassilissa e la Baba Jaga, già attraversata alrtre volte dal teatro per l'Infanzia, con l’emozionate regia e drammaturgia di Michelangelo Campanale.
Lo spettacolo è interpretato da Vania Pucci e Roberta Carrieri, quest’ultima anche autrice delle musiche originali e interprete di momenti di quasi ventriloquismo. La scena, curata nei minimi dettagli da Campanale, si dispiega come un libro illustrato, conducendo gli spettatori in un’atmosfera onirica fatta di luce, scene e racconto. Il movimento scenico è curato da Vito Cassano, mentre il supporto tecnico è affidato a Saverio Bartoli.
Particolarmente suggestiva la capanna della Baba Jaga, poggiata su due zampe di gallina, con camino scoppiettante e fumo: un esempio di attenzione scenografica che contribuisce a rendere la fiaba viva, immersiva e fortemente simbolica.
Essendo due studi, entrambi promettenti, è difficile raccontare di più ma vorremo porre l’attenzione sui due incontri che hanno seguito la presentazione di entrambi i lavori. Il festival, infatti, ha voluto creare uno spazio critico orizzontale dove gli operatori e gli spettatori presenti si sono potuti confrontare con i registi e gli interpreti subito dopo la visione del lavoro. Questa ottima pratica ha favorito uno scambio di visioni capace di porre l’attenzione sulle cose positive ma anche far emergere dubbi e criticità in modo da aiutare gli artisti a proseguire la loro composizione tenendo conto dei feedback ricevuti.
La diffusa partecipazione ha favorito il dialogo che ha permesso quello che il teatro da sempre è e sempre dovrebbe essere: un luogo di scambio e condivisione partecipata.
PIETRO SALTATEMPO – I Teatrini
“Pietro Saltatempo”, liberamente ispirato alla fiaba popolare francese “Il filo magico”, porta in scena con delicatezza tematiche quanto mai attuali da consegnare ai ragazzi e ragazze di oggi: la difficoltà di abitare il tempo presente, l’impazienza, la tentazione di bruciare le tappe, la necessità dell’attesa. Lo fa attraverso la rappresentazione del lungo e fortunato affetto tra Pietro e Maria, visto nei vari passaggi del tempo della loro vita :Temi profondi, universali, offerti con capace generosità agli operatori e al pubblico delle scuole primarie presenti al Teatro del Popolo.
La regia di Giovanna Facciolo guida il racconto con una chiara intenzione educativa e simbolica, arricchita da un uso efficace delle videoanimazioni curate da Diego Franzese, che contribuiscono a creare ambienti onirici e a suggerire passaggi temporali con poesia visiva.
Le proiezioni diventano un vero e proprio linguaggio scenico capace di amplificare l’impatto emotivo della storia e di offrire ai più piccoli un’immersione visiva che dialoga armonicamente con lo spazio teatrale.
A nostro avviso nella sua struttura narrativa e drammaturgica, lo spettacolo risente di una durata eccessiva con alcuni passaggi troppo ripetitivi che ne rallentano il ritmo complessivo: un intervento di snellimento potrebbe valorizzare ancor di più i momenti centrali della vita dei due protagonisti rendendo il percorso più efficace e coeso. Il personaggio del Signore del Tempo, interpretato con misura e profondità da Luca Lombardi fa da corollario alle caratterizzazioni di Pietro e Maria, Chiara Vitiello e Vincenzo Coppola, che, con accorta generosità, si industriano a rendere credibile il passaggio del tempo da bambini ad adulti, ad anziani dei loro rispettivi personaggi.
“Pietro Saltatempo” resta nel suo complesso una proposta interessante e necessaria, per la capacità di stimolare una riflessione profonda sull’educazione al tempo e alla crescita, tematiche sempre più urgenti nel mondo iperveloce che ci circonda. Un lavoro che, con qualche asciugatura potrebbe davvero diventare un’ottima creazione per il pubblico dell’infanzia sia per le tematiche trattate, quanto mai attuali, sia per la varietà dei linguaggi utilizzati.
VASSILJJ GIANMARIA MANGHERAS
IL GIRO DEL MONDO – TPO, Teatro Metastasio, Artplayground Almere- Nederland
Abbiamo assistito allo spettacolo “Il giro del mondo” produzione della compagnia TPO - Teatro Metastasio - Artplayground Almere- Nederland in programma al festival di Castelfiorentino con molta curiosità, trattandosi anche di uno spettacolo che, come molte produzioni del TPO, coniuga danza ed immagine: una ricerca assidua e continua sull’intreccio tra movimento ed immagini o, meglio ancora, creazione di immagini attraverso il corpo in movimento.
Tutto questo rende il lavoro ormai trentennale del TPO una proposta abbastanza unica nel panorama del Teatro per le nuove generazioni nel nostro paese.
Lo spettacolo propone l’opera di Jules Verne attraverso una sorta di immersione nelle immagini che richiamano sia per i contenuti che stilisticamente, un mondo dove scienza, geografia e storia si intrecciano e si confondono producendo una sorta di “docufilm”, davvero immersivo. Le figure danzanti delle attrici in scena si muovono continuamente e vengono anch’esse travolte dalle immagini preponderanti, quasi a volerle fagocitare in un immaginario viaggio che parte e ritorna a Londra, attraversando luoghi e culture di entrambi gli emisferi e ambientato nell’epoca della rivoluzione industriale. Questo vortice di immagini che si susseguono incessantemente in un viaggio senza fiato, conducendo lo spettatore in un percorso visivo davvero coinvolgente. Ci rimane personalmente l'interrogativo se per un pubblico formato da ragazzi e ragazze l'interazione tra immagini e danza possa davvero arrivare in tutta la sua relazione. Avremmo trovato interessante vedere le reazioni dello spettatore bambino di fronte a questa sorta di viaggio cinematografico, per comprendere meglio la reazione del destinatario (che purtroppo non era presente a causa delle problematiche atmosferiche che avevano impedito alle scuole di partecipare). Un lavoro di raffinata ricerca sulle immagini da parte della compagnia che però ci lascia con un interogativo: come interagiscono i bambini di oggi con i loro ritmi percettivi ad un viaggio visivo così immersivo? Speriamo di poter rivedere lo spettacolo insieme a loro in un'altra occasione.
GIOVANNA PALMIERI
Con i contributi di Rossella Marchi, Giovanna Palmieri e Vassiljj Gianmaria Mangheras
La seconda parte del report di Eolo sulla XIIII edizione di Teatro fra le Generazioni il festival organizzato dalla compagnia teatrale empolese Giallo Mare Minimal Teatro, ospita i contributi di Rossella Marchi, Giovanna Palmieri e Vassiljj Gianmaria Mangheras. La manifestazione si è tenuta dal 18 al 21 marzo 2025 a Castelfiorentino. Il cartellone della manifestazione diretta da Vania Pucci e Renzo Boldrini si è svolta nei vari spazi teatrali e non di Castelfiorentino: il Teatro del Popolo con il suo Ridotto e le sale espositive, il Teatro C’art e l’Ex Oratorio di San Carlo. Anche quest’anno il festival oltre ad offrire, nei suoi quattro giorni di programmazione, venti appuntamenti, otto prime nazionali, venticinque compagnie teatrali, ha proposto incontri di approfondimento legati alle performance in forma di studio.
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IDA E LA BAMBINA NUOVA – Marta Zotti
Avevamo già apprezzato Marta Zotti per l'eccellente risultato di “Viola e il Bosco” e a Castelfiorentino ci ha regalato una nuova bella narrazione: “Ida e la Bambina Nuova” prodotta dell’Associazione Culturale STAR. Marta, accompagnata dalle musiche originali di Alan Brunetta e Dario Mecca Aleina e seguita dall’occhio esterno di Silvano Antonelli, ci racconta attraverso le vicende di una bambina come le altre con i suoi incontri e le sue esperienze di ogni giorno, come molte volte davanti a situazioni che ci disturbano, davanti a persone che fanno domande insistenti, nei momenti in cui vorremmo dire la nostra perché è quello che sentiamo, la spinta della nostra voce ad uscire fuori non è sufficientemente forte a diventar parola. Ida è una bambina che non parla quasi mai perché spesso ha paura di dire ad alta voce quello che pensa. Vive tutte le situazioni, ha un suo personale modo di pensare e vedere le cose ma, nonostante tutti la sollecitino a parlare, la sua voce non ri-esce ad esprimere quello che ha dentro. Un giorno però qualcosa cambia: sente crescere dentro di sé una voce interiore che, sempre più insistente,vorrebbe uscire. E’ “la Bambina Nuova “che inizialmente Ida scambia per una compagna particolarmente intraprendente. Ma quella che sentiamo è invece una nuova Ida, una gestazione di sé, qualcosa che tutti noi abbiamo vissuto nel momento della crescita, ognuno alla propria maniera. “La Bambina Nuova “sono i passi di crescita che come ogni sviluppo procedono per tentativi, errori, eccessi. Ed è così che quando meno Ida se l’aspetta quel suo sentire emozionale diventa talmente forte che prende vita propria e… sbotta. Incurante degli sguardi allibiti delle persone intorno, oltrepassato l’ostacolo del suo mutismo, finalmente libera di esprimersi, parla, urla il suo disappunto per le cose che non le vanno bene, chiede a gran voce le cose che ha sempre desiderato. Quasi come se la voce che esce da lei in fondo non fosse sua. Ma è venuto il tempo di ascoltarsi. Di capire da quale meandro di sé escono quelle parole che Ida riconosce come pezzi di sé che avrebbe sempre voluto esternare senza mai riuscirci. E comincia la sua ricerca che la porterà al punto di comprendere che “la Bambina Nuova “ha molto più che qualcosa in comune con lei: è lei protesa, è lei spinta oltre, è lei che intravvede più avanti. E quella voce che inizialmente esce suo malgrado sconcertando tutti per la sua natura selvaggia, libera come il verso di un animale, come una corsa a perdifiato, come l’incontenibile che trasborda, si farà sentire sempre più spesso fino a… scomparire. Sì, perché ad un tratto Ida dovrà fare i conti con la sparizione della “Bambina Nuova”. E’ difficile lasciar andare. Anche quando quella che ci lascia è una parte di noi che andava superata. Ci rimane sempre una sorta di nostalgia per qualcosa che siamo stati, che ci ha protetto nella nostra fragilità. Il momento di spiccare il volo è sempre un atto di grande contrasto interiore: ci si chiede cosa vivremo di nuovo e se staccarsi da un suolo così conosciuto e rassicurante sia una buona idea. Ma soprattutto ci si chiede se saremo in grado di vivere quel cambiamento, di essere quel cambiamento. In realtà quella domanda nel momento stesso in cui ce la rivolgiamo diventa passato perché se riusciamo a porcela vuol dire che siamo già cambiati. E Ida nel momento in cui vede sparire “la Bambina Nuova “capisce, mentre la cerca dappertutto, che quella “Bambina Nuova” altri non è che Ida Nuova. Che ora è pronta per incontrare il mondo. Marta Zotti è una brava narratrice, con una scrittura che accompagna lo spettatore, non lo lascia mai solo, lo prende per mano e lo porta, anche quando è difficile ascoltare. Il suo modo di raccontare è rassicurante, sa farti provarepaura ma nello stesso tempo senti di poterla affrontare. Questo lavoro ha il merito di riuscire a far riconoscere ognuno di noi nella protagonista perché Ida ha le maglie larghe, è un tessuto che possiamo indossare tutti: possiamo riconoscere il tema del mutismo selettivo ma anche della semplice timidezza, dell’amicaimmaginaria ma anche del semplice dialogo con se stessi. La costruzione e la scoperta di sé non finiscono mai, contengono e sono contenuti, come una matrioska: ogni cambiamento porta con sé ciò che siamo stati e quel che diventeremo.
LUCY/GLI ORSI – Teatrodelleapparizioni
Lo spettacolo “Lucy/Gli orsi “ è l’esempio di come il lavoro sinergico possa dare frutti interessanti: “Lucy/Gli orsi “è un libro per ragazzi della scrittrice francese Karin Serres della collana “I Gabbiani” che raccoglie le drammaturgie teatrali contemporanee per ragazzi , edita da Edizioni Primavera, una dei cardini del progetto “Scritture e scene d’infanzia”, format ideato da Cira Santoro e Federica Iacobelli in collaborazione con Emanuela Rea, negli anni in cui era la responsabile del teatro per le nuove generazioni dell’ATCL. Fabrizio Pallara, regista del teatrodelleapparizioni, dopo aver preparato una lettura funzionale al progetto “Scritture e scene di infanzia” con gli allievi attori e le allieve attrici di una accademia di recitazione romana, ha deciso di dargli vita e, sostenuto da CSS Teatro Stabile d’innovazione del Friuli Venezia Giulia, La Piccionaia e il Teatro Metastasio, ha portato in scena questo spettacolo scegliendo come attori e attrici del progetto 3 ragazzi di quella Accademia, ormai attori professionisti, con cui aveva lavorato durante la lettura. Un velatino a metà palco divide lo spazio scenico in un fuori e un dentro l’abitazione della famiglia Wing, un padre con due figlie,una bambina Lucy e un’adolescente. La loro esistenza viene sconvolta dall’esperienza della figlia piccola che, di ritorno da una lezione, avvista un orso bianco trasparente che però vede solo lei (e noi che lo vediamo proiettato gigantescamente sul velatino). Tornata a casa insiste nel presentare l’orso al padre e alla sorella che, non vedendolo, inizialmente non la prendono molto sul serio, pensando che questa suggestione sarebbe scomparsa di lì a poco. Ma la piccola protagonista non solo non smette di costruire la relazione con questo orso bianco trasparente, ma ne comincerà ad avvistare altri facendo di queste presenze il fulcro della propria esistenza. La sorella adolescente mal sopporta questa bizzarria e tra repentini scatti d’ira e tenerezze, come solo il periodo dell’adolescenza può spiegare, non riesce a comprendere la necessità di Lucy di vedere un mondo in cui ormai ogni abitante della piccola cittadina canadese ha il suo personale orso bianco trasparente. Lucy vive bene in questo suo nido/mondo pieno di presenze enormi, bianche, trasparenti ma per nulla spaventose. Si prepara a crescere, forse a superare un disagio, forse ad affrontare un dolore e lo fa nel suo personalissimo modo che le permette di sentirsi al sicuro. La metafora posta in scena potrebbe essere un’evoluzione contemporanea dell’amico immaginario oppure più semplicemente un tempo di riflessione in cui la nostra protagonista si ferma per recuperare o far iniziare l’evoluzione di sé. Ma con questo immaginario così fiorente Lucy creerà allarme nella cittadina perché la voce della presenza degli orsi si spargerà, dando vita ad una terribile caccia che vedrà gruppi di “pazzi “organizzati con tanto di fucili che cercano fantomatici orsi da eliminare, rappresentando così una fin troppo conosciuta realtà che riguarda tutti da vicino e che fa abbassare un po’ lo sguardo agli adulti per la vergogna di non sapere gestire una Natura che lo riguarda e che spesso invece combatte per ignoranti convinzioni. Lucy si metterà in pericolo per ricercare il suo orso e fermare questa follia ma non troverà più né il suo orso né gli altri e, una volta a casa sana e salva, comprenderà che la sparizione degli orsi bianchi trasparenti coincide con la sua crescita: questo nido di orsi l’ha protetta e difesa nel periodo in cui aveva bisogno di Tempo. Gli orsi hanno lasciato il posto a Lucy e alla sua transizione verso l’adolescenza, alla sua capacità di affrontare il mondo con i suoi strumenti. Lo spettacolo colpisce per la contemporaneità del linguaggio, della scrittura, delle musiche e della messa in scena. Luca Giacomini, Grazia Nazzaro e Carolina Signore sono molto credibili nel riportare la quotidianità di una famiglia che viene rotta da un evento così singolare. La rappresentazione di una famiglia con un impianto così moderno è qualcosa che avvicina il pubblico a cui è dedicato il lavoro, dagli 8 anni, che si riconosce nelle dinamiche e nel tipo di relazioni che si formano, sia tra genitore figlio che tra fratelli e tra sorelle ma soprattutto nella relazione con se stessi e con i delicati passaggi dal mondo infantile a quello adolescenziale. La scena è davvero suggestiva con le bellissime illustrazioni di orsi bianchi proiettati ad opera di Massimo Racozzi che incorniciano, nel vero senso della parola, l’interno della casa dove avvengono la maggioranza delle relazioni tra i componenti della famiglia: osserviamo infatti le dinamiche della storia quasi come se guardassimo attraverso uno schermo. “Lucy/Gli orsi” ha un respiro internazionale: è un lavoro che ha immaginario e ritmi che ricordano quelli degli spettacoli nord europei e un approccio all’argomento della transizione dall’infanzia all’adolescenza che fa del rapporto empatico tra l’opera e il suo pubblico di riferimento, il suo primo pensiero. “Lucy/Gli orsi” lascia intravvedere quella che può essere una delle direzioni in cui il teatro per le nuove generazioni potrebbe orientarsi: trovare raccordi e sinergie tra la più recente letteratura per ragazzi e le nuove drammaturgie teatrali dedicate all’infanzia (la collana “I Gabbiani” a questo proposito è una grande ricchezza) per continuare a rinvigorire e alimentare il rapporto con le nuove generazioni, perché il teatro ha sempre più necessità di fare della contemporaneità il suo punto di partenza. Questo lavoro, a nostro avviso, traccia una via feconda e possibile.
QUESTO E’ LO SPETTACOLO MIGLIORE DEL MONDO - Leonardo Tomasi
In cosa ognuno di noi può dire di essere il migliore? In questo lavoro Leonardo Tomasi, già vincitore del Premio Scenario nel 2023 con Anonimasequestri, in un’esperienza che va oltre la semplice performance dirige i bravi Cristiana Tramparulo e Riccardo Bucci in uno spettacolo interattivo che mette in campo aspettative, emozioni e risate. La protagonista è una giudice, Cristiana Tramparulo, che ha il compito di certificare i record che si raggiungono in tutto il mondo. Le tematiche sono le più svariate e i primati si avvicendano in modo coinvolgente e originale suscitando il divertimento del pubblico: dalla lumaca più veloce al panino più grande, dall’uomo più alto a quello più basso del mondo. Ma come certificare caratteristiche che non sono misurabili come la felicità, l’intelligenza, la bellezza? La giudice è inserita in uno show, simile a molti che potremmo vedere in televisione, ma si avverte ad un certo punto il suo disagio nel percepire l’inutilità di questi tentativi di raggiungere traguardi che in verità sono privi di valore. Sul palco con la giudice c’è un uomo completamente ricoperto di stoffa aderente verde pisello che quasi risulta trasparente una volta proiettato sullo schermo che riproduce record senza soluzione di continuità. E sarà questo psichedelico aiutante della giudice che farà la differenza quando il pubblico sarà coinvolto nella ricerca del migliore nel fare le cose più disparate: da saltare più in alto a dimostrare la propria altezza e la propria forza. E’ interessante questa figura che sembra quasi simboleggiare un alter ego dello spettatore partecipante, il suo punto di forza e di volontà, la parte che in ognuno di noi spinge alsuperamento di una prova. La telecamera infatti riprende gli sforzi per superare una prova bizzarra del malcapitato spettatore proiettandolo sullo schermo che però non proietta l’immagine dell’omino verde che lo solleva: l’effetto è quello dello spettatore che vola senza essere sostenuto, grazie all’effetto green screen. Ma questa carrellata molto divertente dei record più disparati porta ad un momento di stallo: qual è il senso di tutto questo correre verso la vittoria? E’ davvero così necessario cercare di essere iper performativi e inseguire una società che richiede incessantemente la perfezione in ogni cosa che facciamo? Lo spettacolo spinge ad una riflessione profonda e si presenta come un’acuta riflessione sul mito del successo ad ogni costo e su quanto sia costosa a livello emotivo questa continua richiesta da parte della società. E’ tagliente la critica alla società contemporanea ancor di più perché portata dall’ironia e mette in luce il pericolo di un sistema che misura tutto in termini di performance senza tenere conto del valore intrinseco delle cose e delle persone. Avremmo forse dedicato maggior tempo a questa riflessione nella messa in scena, magari restringendo una parte dei record elencati e costruiti con il pubblico per consentire allo spettatore il tempo per una riflessione più profonda. Nonostante questo lo spettacolo rimane una critica affilata e un’occasione per mettere in luce e riscoprire la bellezza dell’essere quello che siamo e nulla di più.
ROSSELLA MARCHI

DUE STUDI PER L’INFANZIA E UN DIALOGO NECESSARIO “FRA LE GENERAZIONI”
All’interno della XIV edizione del festival Teatro fra le Generazioni di Castelfiorentino (FI), sono stati presentati due studi teatrali di grande sensibilità e potenzialità: Luna e Zenzero del Teatro Giovani Teatro Pirata e La Bambola e la Bambina, co-produzione tra Giallo Mare Minimal Teatro e La luna nel letto. Due lavori distanti per forma e immaginario ma accomunati dalla volontà di esplorare, attraverso la fiaba e il simbolo, temi profondamente umani e attuali.
Luna e Zenzero, scritto da Nadia Milani e Simone Guerro, con la regia di Nadia Milani, racconta la storia di due coniglietti legati da una profonda amicizia. Mentre Luna è intraprendente e ama l’avventura, Zenzero è timoroso e preferisce la quiete domestica. Quando Luna decide di partire da sola, Zenzero affronta le sue paure e intraprende un viaggio che lo porterà a scoprire il proprio coraggio. In scena, Marzia Meddi ed Enrico Desimoni, danno vita alla narrazione con l’ausilio del teatro di figura: marionette portate, marionette ibride e ombre, in un intreccio di linguaggi che parla direttamente all’infanzia. Le musiche sono di Simone Guerro, le scene e le marionette di Alessia Dinoi, le ombre di Gabriele Genova, e le luci di Fabio Dimitri. Lo spettacolo in fieri , delicato ed evocativo, tocca con sensibilità anche temi contemporanei come la paura di uscire di casa, evocando la sindrome hikikomori e la figura di una tartaruga clochard che ha problemi con la memoria a breve termine, introducendo delicatamente la questione dell’Alzheimer.
Diversa ma altrettanto potente è l’estetica de "La Bambola e la Bambina", tratto dall’antica fiaba russa Vassilissa e la Baba Jaga, già attraversata alrtre volte dal teatro per l'Infanzia, con l’emozionate regia e drammaturgia di Michelangelo Campanale.
Lo spettacolo è interpretato da Vania Pucci e Roberta Carrieri, quest’ultima anche autrice delle musiche originali e interprete di momenti di quasi ventriloquismo. La scena, curata nei minimi dettagli da Campanale, si dispiega come un libro illustrato, conducendo gli spettatori in un’atmosfera onirica fatta di luce, scene e racconto. Il movimento scenico è curato da Vito Cassano, mentre il supporto tecnico è affidato a Saverio Bartoli.
Particolarmente suggestiva la capanna della Baba Jaga, poggiata su due zampe di gallina, con camino scoppiettante e fumo: un esempio di attenzione scenografica che contribuisce a rendere la fiaba viva, immersiva e fortemente simbolica.
Essendo due studi, entrambi promettenti, è difficile raccontare di più ma vorremo porre l’attenzione sui due incontri che hanno seguito la presentazione di entrambi i lavori. Il festival, infatti, ha voluto creare uno spazio critico orizzontale dove gli operatori e gli spettatori presenti si sono potuti confrontare con i registi e gli interpreti subito dopo la visione del lavoro. Questa ottima pratica ha favorito uno scambio di visioni capace di porre l’attenzione sulle cose positive ma anche far emergere dubbi e criticità in modo da aiutare gli artisti a proseguire la loro composizione tenendo conto dei feedback ricevuti.
La diffusa partecipazione ha favorito il dialogo che ha permesso quello che il teatro da sempre è e sempre dovrebbe essere: un luogo di scambio e condivisione partecipata.
PIETRO SALTATEMPO – I Teatrini
“Pietro Saltatempo”, liberamente ispirato alla fiaba popolare francese “Il filo magico”, porta in scena con delicatezza tematiche quanto mai attuali da consegnare ai ragazzi e ragazze di oggi: la difficoltà di abitare il tempo presente, l’impazienza, la tentazione di bruciare le tappe, la necessità dell’attesa. Lo fa attraverso la rappresentazione del lungo e fortunato affetto tra Pietro e Maria, visto nei vari passaggi del tempo della loro vita :Temi profondi, universali, offerti con capace generosità agli operatori e al pubblico delle scuole primarie presenti al Teatro del Popolo.
La regia di Giovanna Facciolo guida il racconto con una chiara intenzione educativa e simbolica, arricchita da un uso efficace delle videoanimazioni curate da Diego Franzese, che contribuiscono a creare ambienti onirici e a suggerire passaggi temporali con poesia visiva.
Le proiezioni diventano un vero e proprio linguaggio scenico capace di amplificare l’impatto emotivo della storia e di offrire ai più piccoli un’immersione visiva che dialoga armonicamente con lo spazio teatrale.
A nostro avviso nella sua struttura narrativa e drammaturgica, lo spettacolo risente di una durata eccessiva con alcuni passaggi troppo ripetitivi che ne rallentano il ritmo complessivo: un intervento di snellimento potrebbe valorizzare ancor di più i momenti centrali della vita dei due protagonisti rendendo il percorso più efficace e coeso. Il personaggio del Signore del Tempo, interpretato con misura e profondità da Luca Lombardi fa da corollario alle caratterizzazioni di Pietro e Maria, Chiara Vitiello e Vincenzo Coppola, che, con accorta generosità, si industriano a rendere credibile il passaggio del tempo da bambini ad adulti, ad anziani dei loro rispettivi personaggi.
“Pietro Saltatempo” resta nel suo complesso una proposta interessante e necessaria, per la capacità di stimolare una riflessione profonda sull’educazione al tempo e alla crescita, tematiche sempre più urgenti nel mondo iperveloce che ci circonda. Un lavoro che, con qualche asciugatura potrebbe davvero diventare un’ottima creazione per il pubblico dell’infanzia sia per le tematiche trattate, quanto mai attuali, sia per la varietà dei linguaggi utilizzati.
VASSILJJ GIANMARIA MANGHERAS
IL GIRO DEL MONDO – TPO, Teatro Metastasio, Artplayground Almere- Nederland
Abbiamo assistito allo spettacolo “Il giro del mondo” produzione della compagnia TPO - Teatro Metastasio - Artplayground Almere- Nederland in programma al festival di Castelfiorentino con molta curiosità, trattandosi anche di uno spettacolo che, come molte produzioni del TPO, coniuga danza ed immagine: una ricerca assidua e continua sull’intreccio tra movimento ed immagini o, meglio ancora, creazione di immagini attraverso il corpo in movimento.
Tutto questo rende il lavoro ormai trentennale del TPO una proposta abbastanza unica nel panorama del Teatro per le nuove generazioni nel nostro paese.
Lo spettacolo propone l’opera di Jules Verne attraverso una sorta di immersione nelle immagini che richiamano sia per i contenuti che stilisticamente, un mondo dove scienza, geografia e storia si intrecciano e si confondono producendo una sorta di “docufilm”, davvero immersivo. Le figure danzanti delle attrici in scena si muovono continuamente e vengono anch’esse travolte dalle immagini preponderanti, quasi a volerle fagocitare in un immaginario viaggio che parte e ritorna a Londra, attraversando luoghi e culture di entrambi gli emisferi e ambientato nell’epoca della rivoluzione industriale. Questo vortice di immagini che si susseguono incessantemente in un viaggio senza fiato, conducendo lo spettatore in un percorso visivo davvero coinvolgente. Ci rimane personalmente l'interrogativo se per un pubblico formato da ragazzi e ragazze l'interazione tra immagini e danza possa davvero arrivare in tutta la sua relazione. Avremmo trovato interessante vedere le reazioni dello spettatore bambino di fronte a questa sorta di viaggio cinematografico, per comprendere meglio la reazione del destinatario (che purtroppo non era presente a causa delle problematiche atmosferiche che avevano impedito alle scuole di partecipare). Un lavoro di raffinata ricerca sulle immagini da parte della compagnia che però ci lascia con un interogativo: come interagiscono i bambini di oggi con i loro ritmi percettivi ad un viaggio visivo così immersivo? Speriamo di poter rivedere lo spettacolo insieme a loro in un'altra occasione.
GIOVANNA PALMIERI

