
IL RESOCONTO DI '' IN-BOX DAL VIVO A SIENA CURATO DA ROMEO PIZZOL
A SIENA DAL 20 AL 22 MAGGIO
A Siena, dal 20 al 22 maggio, si è chiuso il sipario sulla tre giorni di In-Box Verde, la sezione del progetto di Straligut Teatro, dedicata agli spettacoli per l'infanzia e le nuove generazioni. In-Box ha avuto da sempre la vera e propria vocazione di sostenere e sviluppare la circuitazione del teatro teatro emergente. In questa ultima fase sono stati selezionati dai numerosi partner che partecipano a In-box otto progetti tra le più di cento proposte, che sono stati portati davanti ad una giuria di operatori, produttori e distributori, che hanno premiato gli spettacoli, con il consueto meccanismo della manifestazione, 112 repliche.
Ad aggiudicarsi il titolo di vincitore, ottenendo ben 24 repliche, è stato Francesco Picciotti, in arte Divisoperzero, con lo spettacolo Officina Prometeo. Il cuore dello spettacolo è una riflessione sulla potenza creativa umana, vista come ciò che ci rende diversi da tutti gli altri animali.
La storia, come dice il titolo, è quella di Prometeo : il titano incaricato da Zeus di creare tutti gli esseri viventi, il responsabile non solo della comparsa dell'uomo ma anche della sua graduale civilizzazione. Nel racconto, che parte proprio dall'inizio, dal nulla universale, viene narrata la creazione della Terra e dei Titani, la ribellione di Crono, la nascita di Zeus e degli altri Dei e poi la vicenda di Prometeo: dalla creazione degli esseri viventi, fino al furto del fuoco e al sacrificio che permette all'Uomo di conquistare per sempre la fiamma della civiltà.La scena è costituita da un tavolo a due piani, da officina appunto, ricoperto di materiale di ogni tipo e abitato da Francesco Picciotti nelle vesti di narratore e burattinaio, che, affacciandosi e affaccendandosi, fa comparire uno dopo l'altro tutti gli elementi e i personaggi del racconto. Ad ognuno di loro dà un carattere, una voce, un piccolo ruolo in questo ampissimo racconto mitologico che è costruito tutto, dalla scenografia alla colonna sonora, attorno al concetto di costruire. Nella sua officina, infatti, il narratore, come Prometeo, monta un piccolo mondo, e intanto con una loop station assembla suoni, parole ed elementi vocali per dare vita in diretta alle musiche che ne accompagnano i gesti. L'elemento distintivo più forte è lo sguardo personale dell'artista, che trapassa la materia di scatole, lattine, chitarre, scarpe, paralumi e ne fa case, corazze, corpi e colli allungati, strane facce, animali sbilenchi. I burattini sono tutti realizzati con materiale di scarto, anche Prometeo, la cui testa è una moka da caffè. Questa capacità di reinventare il quotidiano è sicuramente ciò che cattura di più i bambini, svelando quel ponte che collega arte e infanzia, dotate dello stesso sguardo libero e giocoso, che può fare nuove tutte le cose.
A fianco della giuria principale, due menzioni (e conseguenti repliche) sono state assegnate dall’Osservatorio In-Box Verde, composto da Francesca D’Ippolito, Cira Santoro, Andrea Pocosgnich, Cristina Cazzola, Elisa Canessa e Federico Dimitri e Romeo Pizzol, e dal gruppo di studenti universitari In-Box Verde Generation.
Ida e la bambina nuova, di e con Marta Zotti di Associazione S.T.A.R.,invece conquista la giuria di Generation, che le assegna la menzione con la seguente motivazione:
“Interrogandoci sulla funzione del teatro nella contemporaneità, come luogo di incontro e confronto collettivo, riconoscendo l’urgenza e l’intergenerazionalita’ del tema e il ruolo politico dell’Intelligenza emotiva, premiamo Ida e la bambina nuova dell’Associazione Culturale S.T.A.R.”
Marta Zotti, partendo da un lavoro di ricerca ed un'esperienza che ha a che fare con i bambini e la poesia, sceglie di raccontare la storia di una bambina divisa, che non riesce mai ad esprimersi come vorrebbe, alternando il silenzio ad una voce, cinica e prepotente, di una “bambina nuova” che le sgorga da dentro nei momenti sbagliati, mettendola nei guai. Viene in mente un più famoso bambino, di nome Giannino Stoppani e la sua terribile voce-diario, ma i temi sono diversi e nuovi. La riflessione è sull'identità e sulla relazione, in una storia di conflitti interiori e con un piccolo mondo che assomiglia più ad un dipinto che ad un racconto. Con le pennellate delle sue parole, Marta, narratrice, disegna una piccola città, tanti personaggi, con le loro voci, vocine e vociacce, e delle situazioni, che non seguono una linea di sviluppo narrativo orizzontale, ma un ciclo che si ripete continuamente, gonfiandosi fino al momento del dramma (la scomparsa della bambina nuova e quindi la perdita della voce per Ida) e alla risoluzione (in cui, in un ultimo reiterarsi del ciclo, Ida riesce a tirare fuori, da ogni situazione, una parola).
Tanto amore per la poesia e la lingua anima questo spettacolo e lo rende urgente e caro, nonostante alcuni limiti, legati forse proprio all'eccessivo appoggiarsi alla parola, in una narrazione molto fitta e continua.
Tra gli altri spettacoli, ricordiamo il felice connubio della compagnia Theatre DeGart con il maestro Oscar Vidal che, dalla Spagna, porta in Italia Faboo, uno spettacolo tanto semplice e minimalista, quanto vivo e sorprendente. Un bidone di plastica diventa la faccia di Faboo, gli occhi, invisibili, sgranati e la bocca rotonda come un collo di bottiglia, congelata in un verso di stupore. Faboo racconta, attraverso una serie di scene, l'incontro con gli elementi del mondo (un cubo, una palla, un serpente, un fantasma…) e la scoperta delle emozioni, in un piccolo viaggio di crescita, dalla nascita ad una nuova maternità.
Come in Officina Prometeo viene compiuta un'operazione di astrazione di oggetti e forme, che perdono e acquistano nuovi significati, un po' come quando si ripete a lungo una parola, fino a smarrirne il senso in favore del suono.
Sono solo parole, di Zerocomma Zero Uno, agisce, in un certo senso, proprio in quest'ultima direzione. Lo spettacolo messo in scena da Daniela Arrigoni e Daniele Pennati, interamente costruito sulle parole, le personifica e le rende protagoniste, dotate di emozioni e dunque non più solo espressione di significati ma incarnazione di individui e istanze poco rappresentati. In Sono solo parole, ci sono due agenti, incaricati di controllare la lingua e monitorare la comparsa e la scomparsa delle parole. Così assistiamo ad una serie di protocolli, per testare parole nuove, per salvare parole vecchie, per segnalare parole straniere clandestine. Queste, di volta in volta, si affacciano sul grande schermo alle spalle dei due attori, usato anche per aprire una finestra sul “mondo virtuale” delle dirette social, dove queste parole vengono testate e pescate. L'escamotage, che forse a volte risulta molto ripetitiva, è un modo per parlare di schwa, stereotipi di genere, contaminazioni culturali. Inoltre muove una critica ad un sistema linguistico considerato troppo rigido e poco incline ad accogliere nuove istanze e necessità. Può dare vita a utilissimi dibattiti, rischia però secondo noi di cadere in un lieto fine un po' risolutivo e poco meditato.
Pollicino Show del Gruppo Ibrido, racconta la classica fiaba di Perrault, affiancando, in un continuo parlarsi sopra, i linguaggi di danza, narrazione, disegni animati e video, che pur mostrando, a tratti, elementi di qualità, finiscono per creare innumerevoli didascalie. Alla tematica della fame che caratterizza la fiaba di Pollicino, si sostituisce un discorso sulla vocazione e la possibilità di realizzare il proprio sogno, presentando un Pollicino danzante, che desidera e riesce a diventare un uomo di spettacolo, in un'interpretazione quasi autobiografica molto legata all'interprete Davide Tagliavini.
Infine Doors, della Compagnia del Buco, porta in scena in modo semplice e coerente la clownerie per tutte le età, ben eseguita dai due interpreti Luca Macca e Simone Vaccari, che giocano con il concetto “porta”. I loro tentativi di montare una serie di porte (due più grandi e una piccolina, come una sorta di quadretto familiare), incontrano una serie di ostacoli, come la caduta di una maniglia, l'incapacità di fare stare in piedi uno stipite, la ricerca di una chiave. Questi spunti diventano l'opportunità di andare oltre l'uso dell'oggetto e trasformarlo, con il linguaggio analogico, in una nuova situazione. Ne sono un esempio le maniglie che diventano le corna di un toro o lo stipite che si fa cornice di un quadro da riempire.
Tanti i linguaggi e le forme, ma anche le tematiche e gli spunti di confronto e riflessione. Concludiamo ribadendo l'importanza di coltivare, tramite festival, vetrine e iniziative, un dialogo vivo e costruttivo attorno al teatro, di tutte le tipologie e per tutti i pubblici.
A SIENA DAL 20 AL 22 MAGGIO
A Siena, dal 20 al 22 maggio, si è chiuso il sipario sulla tre giorni di In-Box Verde, la sezione del progetto di Straligut Teatro, dedicata agli spettacoli per l'infanzia e le nuove generazioni. In-Box ha avuto da sempre la vera e propria vocazione di sostenere e sviluppare la circuitazione del teatro teatro emergente. In questa ultima fase sono stati selezionati dai numerosi partner che partecipano a In-box otto progetti tra le più di cento proposte, che sono stati portati davanti ad una giuria di operatori, produttori e distributori, che hanno premiato gli spettacoli, con il consueto meccanismo della manifestazione, 112 repliche.
Ad aggiudicarsi il titolo di vincitore, ottenendo ben 24 repliche, è stato Francesco Picciotti, in arte Divisoperzero, con lo spettacolo Officina Prometeo. Il cuore dello spettacolo è una riflessione sulla potenza creativa umana, vista come ciò che ci rende diversi da tutti gli altri animali.
La storia, come dice il titolo, è quella di Prometeo : il titano incaricato da Zeus di creare tutti gli esseri viventi, il responsabile non solo della comparsa dell'uomo ma anche della sua graduale civilizzazione. Nel racconto, che parte proprio dall'inizio, dal nulla universale, viene narrata la creazione della Terra e dei Titani, la ribellione di Crono, la nascita di Zeus e degli altri Dei e poi la vicenda di Prometeo: dalla creazione degli esseri viventi, fino al furto del fuoco e al sacrificio che permette all'Uomo di conquistare per sempre la fiamma della civiltà.La scena è costituita da un tavolo a due piani, da officina appunto, ricoperto di materiale di ogni tipo e abitato da Francesco Picciotti nelle vesti di narratore e burattinaio, che, affacciandosi e affaccendandosi, fa comparire uno dopo l'altro tutti gli elementi e i personaggi del racconto. Ad ognuno di loro dà un carattere, una voce, un piccolo ruolo in questo ampissimo racconto mitologico che è costruito tutto, dalla scenografia alla colonna sonora, attorno al concetto di costruire. Nella sua officina, infatti, il narratore, come Prometeo, monta un piccolo mondo, e intanto con una loop station assembla suoni, parole ed elementi vocali per dare vita in diretta alle musiche che ne accompagnano i gesti. L'elemento distintivo più forte è lo sguardo personale dell'artista, che trapassa la materia di scatole, lattine, chitarre, scarpe, paralumi e ne fa case, corazze, corpi e colli allungati, strane facce, animali sbilenchi. I burattini sono tutti realizzati con materiale di scarto, anche Prometeo, la cui testa è una moka da caffè. Questa capacità di reinventare il quotidiano è sicuramente ciò che cattura di più i bambini, svelando quel ponte che collega arte e infanzia, dotate dello stesso sguardo libero e giocoso, che può fare nuove tutte le cose.
A fianco della giuria principale, due menzioni (e conseguenti repliche) sono state assegnate dall’Osservatorio In-Box Verde, composto da Francesca D’Ippolito, Cira Santoro, Andrea Pocosgnich, Cristina Cazzola, Elisa Canessa e Federico Dimitri e Romeo Pizzol, e dal gruppo di studenti universitari In-Box Verde Generation.
L’Osservatorio ha ritenuto di premiare I Meridiani Teatro e il loro spettacolo La stanza di Agnese, per la grande qualità artistica, la ricerca drammaturgica e sul personaggio, la cura dei dettagli e il coraggio di un linguaggio intimo e fatto anche di silenzi.
L'opera di teatro civile, che vede in scena Sara Bevilacqua, già vincitrice del premio Eolo come migliore interprete, si distingue infatti proprio per il saper mostrare un poco, statico ed evocativo, in un’epoca dove imperversa con prepotenza la “furia delle immagini”, per citare il fotografo Joan Fontcuberta.
La scena è composta da un'alta tenda rossa, larga appena un paio di metri, toccata con maestria dalle luci che le danno sfumature e caratteri diversi, davanti alla quale ci sono un divanetto e un telefono su un tavolino. Seduta al divanetto c'è Agnese Piraino Leto, vedova di Paolo Borsellino che racconta la vita del magistrato da un punto di vista personale e interno. La grande ricerca drammaturgica e lo studio del personaggio, insieme, ricostruiscono con perfetta sincerità Agnese. Le parole, in siciliano, mai troppo cariche, mai vuote, tengono a bocca aperta, incantata, la platea intera. Il risultato è una specie di magia, che si chiama teatro.Ida e la bambina nuova, di e con Marta Zotti di Associazione S.T.A.R.,invece conquista la giuria di Generation, che le assegna la menzione con la seguente motivazione:
“Interrogandoci sulla funzione del teatro nella contemporaneità, come luogo di incontro e confronto collettivo, riconoscendo l’urgenza e l’intergenerazionalita’ del tema e il ruolo politico dell’Intelligenza emotiva, premiamo Ida e la bambina nuova dell’Associazione Culturale S.T.A.R.”
Marta Zotti, partendo da un lavoro di ricerca ed un'esperienza che ha a che fare con i bambini e la poesia, sceglie di raccontare la storia di una bambina divisa, che non riesce mai ad esprimersi come vorrebbe, alternando il silenzio ad una voce, cinica e prepotente, di una “bambina nuova” che le sgorga da dentro nei momenti sbagliati, mettendola nei guai. Viene in mente un più famoso bambino, di nome Giannino Stoppani e la sua terribile voce-diario, ma i temi sono diversi e nuovi. La riflessione è sull'identità e sulla relazione, in una storia di conflitti interiori e con un piccolo mondo che assomiglia più ad un dipinto che ad un racconto. Con le pennellate delle sue parole, Marta, narratrice, disegna una piccola città, tanti personaggi, con le loro voci, vocine e vociacce, e delle situazioni, che non seguono una linea di sviluppo narrativo orizzontale, ma un ciclo che si ripete continuamente, gonfiandosi fino al momento del dramma (la scomparsa della bambina nuova e quindi la perdita della voce per Ida) e alla risoluzione (in cui, in un ultimo reiterarsi del ciclo, Ida riesce a tirare fuori, da ogni situazione, una parola).
Tanto amore per la poesia e la lingua anima questo spettacolo e lo rende urgente e caro, nonostante alcuni limiti, legati forse proprio all'eccessivo appoggiarsi alla parola, in una narrazione molto fitta e continua.

Tra gli altri spettacoli, ricordiamo il felice connubio della compagnia Theatre DeGart con il maestro Oscar Vidal che, dalla Spagna, porta in Italia Faboo, uno spettacolo tanto semplice e minimalista, quanto vivo e sorprendente. Un bidone di plastica diventa la faccia di Faboo, gli occhi, invisibili, sgranati e la bocca rotonda come un collo di bottiglia, congelata in un verso di stupore. Faboo racconta, attraverso una serie di scene, l'incontro con gli elementi del mondo (un cubo, una palla, un serpente, un fantasma…) e la scoperta delle emozioni, in un piccolo viaggio di crescita, dalla nascita ad una nuova maternità.
Come in Officina Prometeo viene compiuta un'operazione di astrazione di oggetti e forme, che perdono e acquistano nuovi significati, un po' come quando si ripete a lungo una parola, fino a smarrirne il senso in favore del suono.
Sono solo parole, di Zerocomma Zero Uno, agisce, in un certo senso, proprio in quest'ultima direzione. Lo spettacolo messo in scena da Daniela Arrigoni e Daniele Pennati, interamente costruito sulle parole, le personifica e le rende protagoniste, dotate di emozioni e dunque non più solo espressione di significati ma incarnazione di individui e istanze poco rappresentati. In Sono solo parole, ci sono due agenti, incaricati di controllare la lingua e monitorare la comparsa e la scomparsa delle parole. Così assistiamo ad una serie di protocolli, per testare parole nuove, per salvare parole vecchie, per segnalare parole straniere clandestine. Queste, di volta in volta, si affacciano sul grande schermo alle spalle dei due attori, usato anche per aprire una finestra sul “mondo virtuale” delle dirette social, dove queste parole vengono testate e pescate. L'escamotage, che forse a volte risulta molto ripetitiva, è un modo per parlare di schwa, stereotipi di genere, contaminazioni culturali. Inoltre muove una critica ad un sistema linguistico considerato troppo rigido e poco incline ad accogliere nuove istanze e necessità. Può dare vita a utilissimi dibattiti, rischia però secondo noi di cadere in un lieto fine un po' risolutivo e poco meditato.
Accanto a direzioni nuove, non sono mancate visioni più classiche, a volte troppo inquadrate in quella cornice teatrale per l'infanzia fatta di continua interazione col pubblico, gesti carichi, voci dai toni e ritmi alti e senza troppe sfumature, che comunque riescono nell'intento di intrattenere e divertire. Sciopero! Ovvero quando il lupo smise di lavorare, di Schedía Teatro, è uno spettacolo di narrazione, in cui alla parola dell’attore Riccardo Colombini si affiancano un pannello-lavagna che fa da sfondo, una sedia con la coda e un tappeto di musica costante. La voce del narratore ci guida in questa storia che riscrive i significati legati al simbolo per antonomasia del Male nelle fiabe: il lupo. Questo, un bel giorno, stanco di perdere sempre, decide di scioperare e, fazzoletto rosso al collo, si chiude nella sua stanza a giocare ai videogiochi. Dopo innumerevoli tentativi falliti da parte dei personaggi delle varie fiabe, gli unici in grado di riportare il lupo al lavoro sono i bambini veri, gli stessi presenti in platea, ma, come ricompensa, vengono subito divorati dal cattivo rinsavito.
Pollicino Show del Gruppo Ibrido, racconta la classica fiaba di Perrault, affiancando, in un continuo parlarsi sopra, i linguaggi di danza, narrazione, disegni animati e video, che pur mostrando, a tratti, elementi di qualità, finiscono per creare innumerevoli didascalie. Alla tematica della fame che caratterizza la fiaba di Pollicino, si sostituisce un discorso sulla vocazione e la possibilità di realizzare il proprio sogno, presentando un Pollicino danzante, che desidera e riesce a diventare un uomo di spettacolo, in un'interpretazione quasi autobiografica molto legata all'interprete Davide Tagliavini.
Infine Doors, della Compagnia del Buco, porta in scena in modo semplice e coerente la clownerie per tutte le età, ben eseguita dai due interpreti Luca Macca e Simone Vaccari, che giocano con il concetto “porta”. I loro tentativi di montare una serie di porte (due più grandi e una piccolina, come una sorta di quadretto familiare), incontrano una serie di ostacoli, come la caduta di una maniglia, l'incapacità di fare stare in piedi uno stipite, la ricerca di una chiave. Questi spunti diventano l'opportunità di andare oltre l'uso dell'oggetto e trasformarlo, con il linguaggio analogico, in una nuova situazione. Ne sono un esempio le maniglie che diventano le corna di un toro o lo stipite che si fa cornice di un quadro da riempire.
Tanti i linguaggi e le forme, ma anche le tematiche e gli spunti di confronto e riflessione. Concludiamo ribadendo l'importanza di coltivare, tramite festival, vetrine e iniziative, un dialogo vivo e costruttivo attorno al teatro, di tutte le tipologie e per tutti i pubblici.

