.
Eolo
recensioni
VIE' A MODENA
DUE GIORNI DI SPETTACOLI AL FESTIVAL DELL'ERT DAL PREMIO SCENARIO A PIPPO DEL BONO

“Vie”, scena contemporanea Festival che si tiene ad Ottobre a Modena, e non solo, organizzato dall'E.R.T. è una buonissima occasione per vedere il meglio della ricerca italiana e mondiale. Qui per esempio abbiamo avuto la possibilità di vedere finiti i progetti vincitori del Premio Ustica e del Premio Scenario: “E' bello vivere liberi”di Marta Cuscunà e “Pink me& The Roses” di Codice Ivan
“E' bello vivere liberi” , scritto e interpretato da Marta Cuscunà, ispirato alla biografia di Ondina Peteani, spettacolo vincitore del premio Scenario per Ustica, è una convincente e commovente narrazione con figure dedicato ad Ondina Peteani, tra le prime donne ad impegnarsi nella lotta di Liberazione e che per questo venne deportata ad Auschwitz.
Marta Cuscunà è davvero bravissima nel muovere tutte le corde del narrare , cambiando continuamente registro interpretativo e seguendo in modo logico ed emozionale un commento musicale pertinente. In questo modo seguiamo il cammino di iniziazione alla lotta partigiana di Ondina sino alla sua attività di staffetta e alla conseguente deportazione nel campo di concentramento da cui uscirà segnata nel corpo e nell'anima. Le annotazioni storiche e le vicende personali di Ondina si amalgamano perfettamente nel racconto ora amaro, ora lirico mai retorico di Marta Cuscunà che si immedesima perfettamente con Ondina nel ricordo di una vita spesa per la libertà del nostro paese.
Lo spettacolo nella seconda parte poi utilizza anche in modo confacente i linguaggi del teatro di figura, narrando come si faceva del resto nelle campagne emiliano romagnole con i burattini in modo ironico le vicende eroiche della guerra partigiana per poi mostrare con tragici pupazzi l'annichilimento della deportazione.
Di tutt'altro stile e tenore Pink, Me and The Roses , spettacolo vincitore dell’edizione 2009 del Premio Scenario, creazione collettiva di e con Anna Destefanis, Leonardo Mazzi, Benno Steinegger che compie un'analisi ironica di destrutturazione del lavoro teatrale domandandosi cosa sta dentro e cosa sta fuori dalla funzione e dalla finzione scenica. Al centro dello spazio scenico, un set dove l'essere in scena di tre personaggi si decompone continuamente attraverso strappi, silenzi, sviluppi di senso e di estraniazione che si smascherano ogni volta anche nel finale dopo gli applausi a contatto diretto con il pubblico.
E'un gioco raffinato a volte appeso ad un filo molto esile che tende a spezzarsi se non sorretto da un gioco scenico preciso che per la verità ancora non riusciamo a percepire del tutto. Comunque uno spettacolo coraggioso che il Premio Scenario ha fatto bene a premiare anche perchè i due spettacoli vincitori ben si allineano con gli altri due della Generazione Scenario “Tempesta “di Anagoor e “A tua immagine” di Odemà per dare uno spettro esaustivo delle possibilità della Scena.

La nostra voglia di seguire il percorso delle nuove generazioni teatrali ci ha spinto dopo “Post it” e “La cosa1” a seguire a Modena il nuovo lavoro del Teatro Sotterraneo “Dies Irae”. In scena in Dies Irae ancora Sara Bonaventura, Iacopo Braca, Matteo Ceccarelli, Claudio Cirri su una scrittura di Daniele Villa, qui alle prese nientemeno con cinque episodi intorno alla fine della specie .
Cinque episodi ed un prologo che come è nello stile dei quattro discoli del teatro italiano sono pervasi da una ironia costante che però sottende sempre alla visione di un mondo in perenne dissolvimento. “Dies Irae” è infatti una dissertazione sul tempo. Il tempo presente, quello che il pubblico sta vivendo, è coordinato da un orologio, quello che vive, è invece un presente che si nutre, come del resto il teatro, di apparenze, dove ogni cosa non è veramente pregnante, dove ogni cosa rimanda sempre a qualcosa d'altro ed il passato non è che un cumulo di macerie. Ogni momento non è reale, il sangue ed il dolore, le scelte importanti , la vita e le sue meraviglie non vengono vissute ma solo immesse in un grande talk-show, fotografate magari per non essere neppure viste. Forse questo tempo non avrà bisogno come quello passato di essere sotterrato perchè è già in polvere. Post-it La Cosa 1 e Dies Irae si muovono dunque in un percorso drammaturgico coerente e significante.
Accanto a tre spettacoli di compagnie “giovani” a “Vie” abbiamo visto due spettacoli di due assolute icone del teatro di ricerca italiano “Pali” della compagnia Scimone Sframeli e “ La Menzogna” di Pippo Del Bono. “Pali” con Francesco Sframeli, Spiro Scimone, Salvatore Arena, Gianluca Cesale è il nuovo esito drammaturgico di Spiro Scimone, qui diretto dal suo compagno di scena Francesco Sframeli.
Ancora nel segno di Beckett, lo spettacolo è un prodigio di rimandi di senso che nascono da una drammaturgia potentissima e nello stesso tempo di una semplicità disarmante .Due personaggi si rifugiano su due pali per sfuggire al mare di fango che riempie ogni cosa e oggi più che mai un paese che noi tutti conosciamo e che ci piacerebbe amare ancora.
Da qui, dai pali, palesano il loro malessere e il loro scontento , ci parlano dei loro desideri facendosi continue domande.Saranno seguiti da altri due personaggi anch'essi alla ricerca di quiete. Tutto è nitido e rigorosamente pieno di significato nella sua semplicità , tutto il contrario è “La menzogna”, ultima creazione di Pippo Delbono, dove tutto è rigonfio di significati che si sovrappongono rischiando di essere sepolti dalla presenza sempre ingombrante dell'autore. Lo spettacolo parte dal tragico episodio dell’incendio alla Thyssen Krupp costato la vita a sette operai, per poi parlarci, nelle intenzioni del suo autore, della menzogna e di come essa copra ogni cosa e da cui è impossibile. sottrarsi.
Come spesso accade nagli spettacoli di Pippo Del Bono molti sono i momenti toccanti dello spettacolo e ,ci dispiace dirlo, ciò avviene soprattutto quando Pippo non li attraversa come all'inizio o come nel bellissimo finale quando Bobo, entra in scena facendosi il segno della croce, maggiordomo silenzioso di un mondo svuotato dal dolore e che ci ricorda molto da vicino il finale de “Il giardino dei ciliegi” di Cecov.
Ma spesso troppe cose, troppi rimandi in scena, tanto che alla fine i poveri morti della Thyssen Krupp sembrano dimenticati.
Molte le proposte estere presenti a Modena, noi abbiamo visto “Padam Padam” dei portoghesi di Teatro Praga, spettacolo con Cláudia Jardim, Diogo Bento, Marcello Urgeghe, Patrícia da Silva e Pedro Penim. “Padam Padam” nell'assunto gioca con un genere cinematografico, il cinema della catastrofi che in questo caso incombono su una famiglia, due improbabili genitori e due figli, che vive la sua vita quotidiana tra amori e conflitti. Ci pare che il testo denso e pieno di metafore che alludono a catastrofi interiori anche qui di un mondo in disfacimento sia più interessante della messain scena che vive in un clima asettico ancorchè pervaso da metafore stranianti interrotto solo a volte da bagliori e movimenti sinistri e malauguranti.
MARIO BIANCHI




Stampa pagina 


Torna alla lista