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recensioni
TEATRO FRA LE GENERAZIONI A CASTELFIORENTINO
LE RECENSIONI DI MARIO BIANCHI

Dal 19 al 21 marzo Castelfiorentino ha ospitato la manifestazione “Teatro tra le generazioni “ che in questi quattro anni, sotto la direzione artistica della compagnia Giallo Mare Minimal Teatro di Empoli, si è configurata come un festival-cantiere dedicato al teatro per ragazzi, con un occhio particolare alla situazione toscana. Quest'anno sono stati tre giorni fitti fitti di spettacoli di teatro, danza, laboratori e incontri che hanno visto il Teatro del Popolo di Castelfiorentino essere al centro del teatro ragazzi italiano. Un cospicuo numero di operatori proveniente da tutta l'Italia ha avuto anche modo di visitare ad Empoli la sede rimessa a nuovo della Giallo Mare che sta per essere completata con numerosi spazi dedicati al Teatro e ai laboratori e che ha visto la compagnia empolese diretta da Renzo Boldrini e Vania Pucci profondere molti sforzi non solo finanziari così difficili ma necessari pur nel momento di crisi che stiamo attraversando. Dodici gli spettacoli presentati nel corso dell'iniziativa scelti soprattutto nella produzione toscana con anche qualche significativa escursione verso altri territori.


Vorremmo iniziare la nostra analisi sulle creazioni più interessanti visti in questa occasione dalla curiosa e significativa presentazione di due spettacoli distanti più di venticinque anni tra loro HAND PLAY della compagnia marchigiana 7-8- Chili e H&G TV del performer lucchese Giacomo Verde . Con H&G TV – Tele racconto per parole e immagini Giacomo Verde inventò alla fine degli anni ' 80 il tele racconto, dove una telecamera riprendeva piccole storie di “oggetti”, animate da un narratore in tempo reale e ben visibile dagli spettatori. Un televisore le ritrasmetteva in diretta, come se fosse una potente lente di ingrandimento, ingigantendo le piccole azioni fino a dargli un senso estetico e narrativo altrimenti non percepibile. Attraverso la ripresa in “macro” i piccoli oggetti diventavano personaggi . Una spettacolo dunque di narrazione che mescolava micro-teatro e televisione, un nuovo genere di narrazione-performance che coniugava l’attore con il video, lo spazio- tempo reale con l’irrealtà elettronica. Per raccontare la fiaba di “Hansel e Gretel” Verde usava solo le mani e cose da mangiare di uso comune in ogni casa. Così tra gli “attori” e la scenografia della vicenda si possono, diciamo possono, perchè Verde ha riproposto lo spettacolo a Castelfiorentino, trovare una mentina, un guscio di noce, cinque spaghetti e un cracker in dialogo con i mignoli o sul palmo-mappa di una mano. I peli del braccio sono il bosco, una scatoletta di tonno è il forno della strega, e una sottile autoironia fa da condimento costante alla tragicità degli eventi narrati. Il teleracconto fece molto successo nel teatro ed è stato usato con alterna fortuna da diverse compagnie e autori in primis Vania Pucci che in “Boccascena” usò la sua come scena intrigante per un fortunato spettacolo. Davide Calvaresi e Giulia Caprotti di 7 8 chili, che già avemmo la fortuna di vedere segnalata al Premio Scenario Infanzia nell'ottimo “Piano” dove tazzine e cucchiaini prendevano magicamente vita, in “Hand Play” reinventano il teleracconto per rappresentarci in modo curioso e non convenzionale il rapporto relazionale tra uomo, rappresentato dalle sue mani e una donna. Riprendendo da vicino le proprie dita con una webcam in scena, Calvaresi trova,diciamo così, in quelle due dita ingigantite da una web cam la propria proiezione. Sullo schermo esse giocano con la donna, che vediamo reale in carne ed ossa, sul palco e sullo schermo, in un continuo interscambio di affetti e di effetti di godibilissimo impatto visivo ed emozionale.

In qualche modo cugino prossimo di questi due spettacoli è “POP UP. Un fossile di cartone animato” di Giulia Gallo e Giovanni Guerrieri con Beatrice Baruffini e Serena Guardone, prodotto dal Teatro delle Briciole e affidato non a caso ai Sacchi di sabbia per il progetto “Nuovi sguardi per un pubblico giovane” Non a caso, perchè la leggerezza conclamata dello sguardo di questa compagnia ben si collega con quello dell'infanzia e del resto il libro Pop up era stato già usato da Giovanni Guerrieri per il bellissimo “Abram e Isaac” visto ai Teatri del Sacro. Lo spettacolo reinventa il libro in forma teatrale (e viceversa) attraverso il Pop up, narrando in microstorie visive accompagnate da musica, il rapporto tra un bambino di carta e una piccola sfera anch'essa di carta misteriosa e invitante. Due attrici attraverso un ritmo calibratissimo aprono libri di diversi colori a cui corrispondono emozioni diverse, dalla fantasia alla paura, da cui scaturiscono immagini di carta che creano associazioni tra sentimenti, forme e colori. In questo modo la “dittatura digitale” viene smantellata efficacemente a favore di uno sguardo ancora una volta puro e creativo, dove soprattutto i bambini piccolissimi si ritrovano perfettamente.

Un altro affidamento è quello di “Anita e la mosca” che La città del teatro di Cascina con il coordinamento drammaturgico di Donatella Diamanti ha consegnato alla Compagnia ADARTE\Chiara Pistoia, Teatro ARTIMBANCO di Cecina su regia di Ilaria Fontanelli e Francesco Serretti,la drammaturgia di Sandro Sandri con Chiara Pistoia e Alberto Giorgetti. Curiosissimo il plot dello spettacolo dove una mosca diventa l'amica non tanto immaginaria di una bambina abbandonata dai genitori in un luogo governato da un tirannico direttore. Tra sogno e realtà, Anita e Mosca, prima come è giusto non si sopportano, poi piano piano si incontrano instaurando un' amicizia che aiuterà Anita a superare tutte le sue incertezze. Utilizzando le ombre, la danza e la recitazione Chiara Pistoia si muove con giusta partecipazione sul palcoscenico, tuttavia lo spettacolo ci sembra aver bisogno di una maggiore stringatezza nei ritmi sfrondandolo di situazioni e di ripetizioni che lo renderebbero più leggero nella sua valenza surreale che contiene però aspetti formativi importanti.

A Castelfiorentino abbiamo visto Bleu che rappresenta il nuovo tassello della compagnia pratese TPO qui in coproduzione con Teatro Metastasio Stabile della Toscana Théâtre Joliette Minoterie di Marsiglia nel suo percorso per un teatro multimediale dedicato ai bambini che l'ha portato in tutto il mondo. Lo spazio scenico circondato dai bambini è come al solito a pianta centrale. A terra un grande tappeto da danza su cui vengono proiettate immagini ma lo spazio è totale, il blu circonda letteralmente tutto lo spazio dello sguardo, complice un velario di tulle che in alto è il cielo pieno di stelle ma che calato immerge i bambini nel mare da cui affiorano pesci, stelle e cavallucci marini ma il mare all'occorrenza diventa sabbia che nasconde misteri su cui si possono lasciare tracce che le onde fanno sparire. Due danzatori si muovono dentro in questo mondo che le immagini digitali rendono magico, sono un marinaio e una presenza femminile misteriosa, forse una ninfa, forse una sirena che gli getta una perla. I piccoli spettatori entrano letteralmente nel mare partecipando a gruppi nell'affrontare il mare su una barca, nel toccare da vicino stelle marine e altre meraviglie. Spettacolo magico, pieno di trovate che incantano i bambini, Bleu ci sembra anche una ulteriore tappa significativa del percorso del Tpo nel rendere il suo particolarissimo modo di proporre il teatro ai bambini meno intrattenimento animativo e più teatro drammaturgicamente proteso verso una teatralità più profonda e significante.

Magico e accattivante anche “I guardiani del pozzo” dove Marco Ferro e Valeria Sacco di Riserva Canini sono i guardiani del magico pozzo dei Grimm, da cui fanno riapparire dall' immaginario creato dai celebri fratelli tedeschi personaggi, incanti e suggestioni che hanno accompagnato il percorso formativo di intere generazioni di bambini. Ecco allora che le fiabe dei Grimm vengono narrate attraverso figure di carta che si compongono e scompongono in un gioco di rimandi di grande e squisita bellezza, in cui tutte le tecniche del teatro di figura vengono utilizzate in modo veramente preciso e di grande suggestione.Pur tuttavia ci piacerebbe che nel bellissimo gioco di rimandi che lo spettacolo propone ci fosse in alcune delle fiabe offerte ai bambini forse una maggiore comprensione dell' iter narrativo che a volte ci pare in qualche modo poco comprensibile. Al di là di questi rilievi Riserva Canini rimane una delle poche nuove compagnie che in Italia hanno tentato di rinnovare i linguaggi del teatro di figura per i ragazzi.

A Castelfiorentino abbiamo visto per gli adulti un significante "Perduto Pinocchio", per la regia e testo di Virginio Liberti di Kripton. Nello spettacolo vediamo Pinocchio a cui dà voce un bravissimo Tommaso Taddei, diventato a tutti gli effetti uomo, ripercorrere le sue ansie tra vittorie e sconfitte attraverso le figure dei vari animali che popolano il testo collodiano i quali lo stimolano a ricordare i passaggi salienti della sua esistenza, facendo una specie di autoanalisi del suo passato. La prima parte bellissima e amarissima dello spettacolo è la confessione di un uomo che non ha più speranze né desideri e che solo nel voltarsi indietro trova il suo compimento. Ecco allora che Grillo, Lumaca, Lucciola, Gatto, Volpe, Pulcino, Civetta, ma non solo loro, tornano attraverso un'elaborazione video che contamina umano e animale a ricordargli quello che è stato e che avrebbe potuto essere. Il capolavoro di Collodi viene così decodificato attraverso le curiosissime sagome animate e le voci degli animali ricreate dalle immagini video di Alessio Bianciardi e dalle elaborazioni sonore e vocali di Marco Cardone . Uno spettacolo amaro che lascia dei rimpianti in cui ci pare invece pleonastico il concitatissimo riassunto finale che per altro dà modo a Taddei di misurarsi in tour de force interpretativo davvero ammirevole.


A Castelfranco abbiamo rivisto “La Bambina dei Fiammiferi” di Chiara Guidi della Societas Raffaello Sanzio. Aggiungiamo qui la nostra recensione uscita su KLP in occasione di ZONA FRANCA a Parma. Non avevamo nessun dubbio sul fatto che Chiara Guidi avrebbe prima o poi scelto di imbattersi nella celebre fiaba scritta da Andersen “La piccola fiammiferaia”, un altro “topos” del teatro per l'infanzia, sapendo benissimo che i temi e le cadenze di questa celeberrima storia avrebbero potuto solleticare la sua particolare immaginazione. Ovviamente non avevamo nemmeno il minimo dubbio che la storia sarebbe stata condotta su binari assai desueti, come ci ha abituato sin da “Buchettino”, spettacolo replicato ancora con successo dopo 18 anni, nei giorni scorsi al Franco Parenti di Milano. E così è stato, affidando, con un azzardo riuscitissimo, la parte della protagonista ad una vera e propria bambina, in scena per quasi tutto lo spettacolo, la bravissima Lucia Trasforini, accompagnata nel tumulto delle proprie emozioni dal piano di Fabrizio Ottaviucci e dalla stessa Guidi in sembianze mutevoli e voce. Fin dall'inizio un grande punto di domanda è immesso al centro della scena, pronto a dirci che non possiamo avere risposte certe davanti ai grandi temi che ci saranno proposti. Anzi, di più, il nostro sguardo e quello dei bambini presenti si potrà perdere sia nel grande telo a righe che abbiamo davanti (anche se una piccola finestra al centro, solo accennata, ci lascia qualche speranza), sia nelle parole intraducibili di una misteriosa narratrice, che sembra introdurci in una incomprensibile storia antica, accompagnata dal pianto di un asino, forse la morte che ci segue sempre, con il suo alito, per tutto il nostro cammino. Ma più ancora il nostro sguardo si perde anche in ciò che vediamo al di là del telo, davanti alle fiamme che la bambina piano piano, accendendo candele, dissemina per tutta la scena. Già, le fiamme, che illuminano, si riverberano negli specchi moltiplicandosi, fiamme che scoprono, che svelano o meglio pensano di scoprire, perché poi possono anche far dissolvere tutto ciò che hanno scoperto o persino ammaliato, come la farfalla della storia, che la voce della nonna narra alla nipote. E perché poi, nel gioco delle ombre, nulla è come sembra. E' lei, la nonna che con la sua voce le tiene compagnia, che la invita a non piangere e ad accendere tutti i fiammiferi che le permetteranno di esaudire i suoi molti desideri contingenti: ogni fiammifero e oplà, non sentirà più né freddo né fame. Ma i sogni veri non hanno bisogno di faci, basta un fruscio, forse una parola magica, e come nella fiaba di Andersen, che lo spettacolo segue fedelmente nei suoi più intimi suggerimenti, la bambina ritroverà finalmente la mor... che dico! La nonna! dietro una grande porta misteriosa, dove potrà finalmente addormentarsi, senza più sentire né freddo né fame.
Un intenso e poetico spettacolo sulla morte quello della Socìetas, come sempre ambientato in una scena curatissima, popolata di fuochi e specchi, che occhieggia fatalmente a De La Tour, uno spettacolo in cui il pubblico infantile vive emozioni uniche ed irripetibili, come unica ed irripetibile è (forse) la vita. (Recensione uscita su KRAPP'S LAST POST)

Il festival cantiere “Teatro tra le generazioni” è terminato con il curioso spettacolo della Piccionaia di Vicenza “L'apprendista stregone” di Carlo Presotto su musiche originali di Michele Moi con in scena Carlo Presotto, Giorgia Antonelli, Matteo Balbo che ha divertito e coinvolto il numeroso pubblico di adulti e bambini che ha riempito in tutti gli ordini di posti il teatro del Popolo di Castelfiorentino. Parafrasando il celebre frammento del capolavoro di Walt Disney”Fantasia” del 1940, ispirato a poema sinfonico del compositore francese Paul Dukas, Presotto mette in scena senza parole uno stregone, alchimista e prestigiatore, che cerca di insegnare i suoi segreti ad un apprendista distratto e pasticcione, il quale , impossessandosi del suo cappello magico, anima una scopa, trasformandola addirittura in un’assistente , pronta ad eseguire i suoi comandi, riuscendo alla fine ad ottenere il tanto agognato titolo di mago. Gli attori si muovono senza parole in uno spazio di immagini e musica, scandito da videofondali che interagiscono con la scenografia di Mauro Zocchetta sulle coreografie di Daniela Rossettini. Riconoscendo la difficoltà dell'impresa,lo spettacolo non ci pare del tutto risolto, pur nei suoi nobili e obiettivamente sperimentali azzardi, non avendo ancora trovato a nostro parere il suo giusto equilibrio tra competenza ed improvvisazione nell'esprimere in modo coordinato e profondo tutti i numerosi linguaggi utilizzati.


Abbiamo deliberatamente lasciato per ultimo lo spettacolo ancora in forma di studio“Lupus in fabula” dei padroni di casa di Giallo Mare Minimal Teatro che Renzo Boldrini con l'aiuto registico e scenografico dell'artista pugliese Michelangelo Campanale ha tratto da “I Tre Porcellini “. Una collaborazione che fervidamente mette insieme due poetiche molto dissimili tra loro e per questo assai intrigante. In realtà la storia narrata dai nostri due non è propriamente quella che tutti conosciamo ma vede al centro di tutto una famiglia diversa anche se simile a quella dei tre famosi maialini. Una famiglia che rivive attraverso i ricordi che magicamente si proiettano sul palco da una valigia che un buffo personaggio, entrato dalla platea, ha misteriosamente aperto. Ultimo, così si chiama, narra la storia della sua famiglia, del papà che di mestiere faceva il pittore, della madre, abile narratrice di storie, e dei suoi due fratelli, Primo e Secondo. Tre fratelli dunque, tre come i porcellini, protagonisti della bellissima fiaba che la madre gli narrava quando era piccolo. In questo modo le storie si intrecciano e sul grande schermo che invade il palcoscenico vediamo fiaba e realtà mescolarsi tra loro e dunque osserviamo anche come i tentativi del lupo ( perchè anche nella vita come si sa ci sono i lupi) per entrare nella casa più solida costruita da Ultimo e dai suoi fratelli con i mattoni dell'esperienza vengano resi vani . E dunque la lezione sarà comunque sempre la stessa sia quella rappresentata sia quella vissuta. E Il nostro protagonista infatti prima di andare via a narrare in altri luoghi la storia della sua famiglia si affretta a dire al suo pubblico che la vita è così “perchè non c'è buio senza luce nè paura senza coraggio e quindi nè agnello o porcello senza lupo”, bisogna solo attrezzarsi perchè la paura,il buio ed il lupo non debbano vincere. Renzo Boldrini narra in rima questa storia di formazione interagendo efficacemente con le figure proiettate sullo schermo create da Campanale ed ispirate all'opera del pittore colombiano Fernando Botero che all'occorrenza si muovono, evocando personaggi e luoghi della vicenda narrata, restituendoci in modo originale tutte le suggestioni e gli insegnamenti di una storia senza tempo proprio perchè i bambini li possano sperimentare ogni giorno nella loro vita.