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recensioni
DOSSIER DIGITALE 2 : INTERVENGONO DAVIDE GIORDANO E CAMPSIRAGO RESIDENZA
PER LA SECONDA PUNTATA DELLA NOSTRA INCHIESTA

Come ti sei avvicinato al mezzo digitale, a quale mezzo e con quali motivazioni?

Durante la prima fase della pandemia, a tournèe interrotta, progetti saltati, ho iniziato a ragionare, assieme a Riccardo Reina, sullà possibilità di portare avanti il tema del bullismo che stavamo affrontando con il progetto “Terry.”. Ci serviva un’idea, una proposta organica che portasse avanti un percorso artistico bruscamente interrotto. Non si trattava di reagire alla pandemia, ma di agire. Agire con un’idea che non fosse quella in sé aberrante del “teatro in streaming”, ma che anzi fosse in grado di porre in una prospettiva diversa i termini del problema che stavamo affrontando e di conseguenza la sua soluzione, in base agli elementi (pochi) effettivamente a disposizione. Dunque abbiamo provato ad avvicinarci al mezzo digitale cercando di studiarne le potenzialità e i limiti, cercando di elaborare una strategia di sopravvivenza che non fosse solo una reazione all’emergenza ma una proposta positiva che esplorasse, o scavalcasse, i confini della teatralità per approdare su un terreno nuovo. Siamo convinti che una ricerca artistica non possa fermarsi, che essa debba anzi adattarsi, destrutturarsi, rischiare di andare fuori strada. Gli spettacoli precedenti ( John Tammet, Terry) si fondavano sulla partecipazione attiva del pubblico allo svolgimento della narrazione stessa attraverso la continua interazione con il protagonista della storia. L’interazione del mondo digitale – nelle sue modalità specifiche – si è profilata subito come la chiave di volta per proseguire in modo coerente, anche se attraverso nuovi linguaggi e nuovi codici, un percorso di ricerca sulle tematiche del bullismo e del cyberbullismo in un territorio pieno di limiti, dunque di possibilità.
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In questo ambito quali difficoltà e quali opportunità hai riscontrato nel tuo lavoro e nella relazione con il pubblico.


L’incontro con il digitale è stato rivoluzionario: l’idea di affrontare il tema del bullismo utilizzando le risorse della comunicazione digitale e del linguaggio video ci permette di lavorare capillarmente con i gruppi-classe, e quindi di approcciare più da vicino le modalità relazionali del gruppo, immediatamente all’interno di uno dei contesti reali in cui il fenomeno del bullismo si attua con più forza. Questo comporta certamente qualche difficoltà tecnica (perché ogni live streaming necessita di una prova tecnica per ogni classe) ma è allo stesso tempo una grande opportunità per portare avanti, anche su terreni mai esplorati e in forme nuove, la relazione con le scuole, con le insegnanti e con gli studenti. Il mezzo digitale permette di agire il cyber-bullismo e il bullismo direttamente sugli studenti, nei contesti stessi in cui essi si sviluppano, consentendoci una serie di azioni in cui lo sbilanciamento di potere è verso chi avvia la comunicazione, sbilanciamento molto simile a quello di cui gode un attore su un palcoscenico. Le dinamiche di interazione che si possono creare attraverso gli strumenti specifici messi a disposizione dalla piattaforma web sono in grado di rendere gli interlocutori allo stesso tempo protagonisti e vittime, oggetto e soggetto di meccanismi di prevaricazione e di provocazione caratteristici dei fenomeni stessi che vogliamo analizzare. Una piattaforma web non può che essere il luogo migliore, per quanto virtuale, per scatenare, analizzare e comprendere le dinamiche del cyber bullismo.
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Hai scoperto cose nuove e utili per la tua poetica, continuerai la sperimentazione anche dopo ?


il progetto nickname:@leonechestriscia sta aprendo un nuovo dialogo con le scuole, a prescindere dalla pandemia. E sta avendo un’ottima distribuzione nelle classi di tutto il territorio. Forse perché non è uno spettacolo teatrale, non è il teatro meno qualcosa, non si propone come un sostituto del teatro, ma piuttosto come un’iniziativa, un esperimento che prova a dare una risposta effettiva al tema del bullismo e del cyber-bullismo e che manterrà il proprio senso e le proprie finalità anche al di là della situazione di emergenza in cui ci troviamo.
Il progetto è prodotto dalla Piccionaia di Vicenza
In collaborazione con  l'associazione Micro Macro di Parma.

DAVIDE GIORDANO
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Come vi siete avvicinati al mezzo digitale, a quale mezzo e con quali motivazioni?


Nel primo lockdown, in primavera 2020, Campsirago Residenza ha utilizzato un mezzo analgogico, il telefono, per continuare a portare il teatro ai bambini condividendo con loro se non lo stesso luogo, lo stesso tempo: una delle componenti fondamentali del teatro. Così gli artisti della residenza, insieme ad altri attori e attrici che si sono uniti al progetto, ha giocato con i bambini di tutta Italia (ma anche con molti bambini italiani residenti in Europa) attraverso le Favole al telefono di Rodari e i suoi stratagemmi della Grammatica della fantasia. Da Favole al telefono…al telefono ne è nato poi un laboratorio digital-teatrale che si è spostato sulla piattaforma Zoom e che fa dell’interazione tra i bambini (questa non più in un rapporto uno a uno) e l’attrice/formatice il cuore dell’esperienza: l’obbiettivo è, oltre quello di giocare con le favole di Rodari, anche quello di scoprire insieme modi diversi per raccontare le storie, attraverso la drammaturgia del corpo, la manipolazione di un materiale, anche molto semplice come il riso, e il disegno.
Campsirago Residenza, nel secondo blackout teatrale e in risposta al contesto pandemico attuale che impedisce ancora di incontrarsi dal vivo, ha sperimentato -per la prima volta- alcune tecniche del teatro di figura in chiave “digitale”: è nato così Il Gatto con gli stivali, un racconto intenzionalmente realizzato per una fruizione digitale e che, all’interno di questo contenitore, trova una sua autonomia poetica. Il Gatto con gli stivali è un racconto multimediale perché utilizza la compresenza e l’interazione di diversi linguaggi, all’interno della cornice digitale. Il racconto, infatti, prende vita grazie alla presenza di un attore che ne narra la storia in diretta su Zoom, servendosi di filmati realizzati attraverso tecniche differenti che derivano dal teatro di figura: il paper theatre, il teatro d’ombre, la stop motion, il disegno animato, il pop-up theatre. Inserendo il racconto in una cornice digitale che tende a “fantasmizzare” i corpi e a “virtualizzare” l’esperienza, sembrava necessario avere un elemento che facesse da contrasto e restituisse l’impronta estremamente artigianale dell’intero processo creativo: per questo si è fatto ricorso al linguaggio del teatro di figura.
Campsirago Residenza, per continuare a mantenere viva l’interazione con il pubblico, ha inoltre riadattato la sua performance one to one Hamlet private a distanza su Zoom: l’interazione fra performer e partecipante si è così trasformata, proprio grazie al mezzo digitale, facendo emergere anche risorse differenti: per esempio maggiore era il senso di intimità e di libertà che in molti casi hanno manifestato gli spettatori seguendo la lettura di speciali tarocchi ispirati alla storia di Amleto. Inoltre per la performance online si è fatto ricorso a suggestioni dal mondo del cinema, giocando con il mezzo della telecamera e creando così una nuova e vera e propria ambientazione. Ne è nata così una nuova versione della performance, in parte differente, e per alcuni sorprendentemente più intima.
Su un altro fronte, già prima della pandemia, il collettivo Pleiadi di Campsirago Residenza ha sperimentato l’utilizzo delle cuffie con lo spettacolo per bambini Alberi maestri kids: un percorso-spettacolo nel bosco che utilizza le tecniche del teatro immersivo, suoni registrati con il sistema bi-neurale, una drammaturgia originale trasemssa in cuffia, insieme a momenti di partecipazione e di incontro con performer. Questo format era già stato sperimentato con due performance diverse per adulti, che accostano, in percorsi itineranti nel bosco o in città, l’azione del camminare seguendo precise pratiche di walking a un’esperienza immersiva in cuffia. In Alberi maestri una drammaturgia testuale e sonora originale accompagna i partecipanti in un percorso poetico ed emozionale alla scoperta del mondo delle piante e degli alberi. R500, presentato a ZONA K di Milano in due tappe consecutive che restituivano un lavoro di ricerca nel quartiere Isola, ha proposto invece un’esperienza di scoperta inedita delle voci dei cittadini del quartiere, della sua natura a volte nascosta, e di riflessione sul rapporto tra spazi urbani e spazi verdi, tra spazio pubblico e spazio privato. Perché in questi tre casi la scelta è stata quella di usare lo strumento delle cuffie? La motivazione che ha spinto alla sperimentazione di questo strumento è stata la volontà di permettere al pubblico di concentrarsi, immergersi completamente nell’esperienza all’aperto e guidato dalle scelte registiche e di conduzione dei performer. E in definitiva, di aiutare lo spettatore, adulto o bambino, a mettersi in relazione con il suo stesso sguardo, con i suoi sensi e con la natura che attraversa durante le performance itineranti.
Per la prima volta il collettivo Pleiadi /Campsirago Residenza ha sperimentato inoltre un format performativo digitale fruibile in modo autonomo attraverso il proprio smartphone. Alberi 3.0 è un percorso drammaturgico e sonoro site-specific talmente automatizzato: attraverso il proprio cellulare dotato di fotocamera, geolocalizzazione e auricolari, lo spettatore può vivere l’esperienza di scoperta in piena autonomia, seppur al fianco di tutti coloro con i quali vorrà condividere l’esperienza. Su questa scia Campsirago Residenza sta ora sperimentando anche la fusione tra realtà aumentata ed esperienza performativa in natura attraverso un’installazione itinerante in 3d nella quale il device digitale funge da interfaccia con il mondo dell’invisibile; un percorso di percezione di ciò che ci circonda da una nuova prospettiva che coinvolge tutti i sensi, che prova a usare la tridimensionalità in un contesto naturale per rendere visibile proprio l’invisibile. L’installazione-percorso Vivarium sarà presentata a giugno 2021.
Il filo conduttore comune di queste quattro produzioni di Pleiadi/ Campsirago Residenza è un lavoro di ricerca che, a prescindere dalla pandemia, ha a che fare con l’esplorazione di nuovi strumenti come approccio alla performance e alla possibilità di amplificare la percezione visiva e auditiva e quindi l’esperienza dello spettatore, che rimane comunque spet-attore di un processo performativo o teatrale nel quale la presenza e l’esserci rimane essenziale e centrale.
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In questo ambito quali difficoltà e quali opportunità avete riscontrato nel vostro lavoro e nella relazione con il vostro pubblico?


Le difficoltà maggiori che abbiamo incontrato per gli spettacoli online riguardano sicuramente l'aspetto informatico: abbiamo dovuto imparare ad usare software ed applicazioni che non conoscevamo e quindi familiarizzare con un linguaggio che fino a poco tempo fa ci era del tutto oscuro. Oltretutto quello informatico è un universo in continua evoluzione che ti costringe ad un aggiornamento praticamente costante. La relazione da remoto con lo spettatore per certi versi è ancora una grande incognita, ma i messaggi che ci arrivano sono molto incoraggianti. È una sperimentazione che è cominciata da poco e non abbiamo ancora abbastanza elementi per avere le idee chiare.
Anche dal punto di vista organizzativo chiaramente abbiamo dovuto tutti acquisire nuove competenze tecniche: processo a volte complesso sia per gli artisti che per gli organizzatori che si sono trovati spesso nella condizione di dover assumere il ruolo del tecnico di sala per gli spettacoli in diretta online su Zoom o sulle piattaforme didattiche.
Dal punto di vista della distribuzione di spettacoli digitali e a distanza (Favole al telefono, Il gatto con gli stivali, Hamlet private) permette di arrivare a tante realtà, anche geograficamente lontane, conoscere nuovi colleghi e attivare tanti contatti. Il mezzo digitale ha permesso di aprire tanti dialoghi nuovi con altri operatori e di poter mostrare facilmente le produzioni create per le piattaforme digitali a distanza, superando quindi la necessità della presenza fisica in teatro. Questa situazione ci ha permesso di creare anche tanti tavoli di riflessione rispetto al dibattito ditale/spettacolo dal vivo e teatro nei tempi di pandemia, e quindi di aprire nuovi canali di confronto e di intensificare le relazioni già avviate.
In questo senso con i nostri spettacoli al telefono e su Zoom abbiamo anche ampliato il nostro pubblico di bambini e ragazzi, raggiungendo tante famiglie geograficamente lontane. L’opportunità è quindi quella di abbattere paradossalmente la distanza geografica e rendere fruibile gli spettacoli a chiunque sul territorio nazionale. È chiaro però che, nonostante alcune innegabili risorse che sono nate dall’utilizzo dei mezzi digitali, l’obbiettivo imprescindibile rimane quello di tornare a fare teatro in presenza.

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Avete scoperto cose nuove e utili per la vostra poetica, continuerete la vostra sperimentazione anche dopo?
Con i progetti nati ad hoc per il digitale, come Il gatto con gli stivali, si sono aperte soluzioni e strade che in teatro non avremmo mai potuto battere, ma che certamente afferiscono più al linguaggio dell'audiovisivo, che a quello propriamente teatrale. Da questo punto di vista gli esperimenti che abbiamo fatto ci hanno entusiasmato e continueremo senza dubbio a farne altri accanto al desiderio, che rimane costante e imprescindibile, di tornare al più presto a una relazione fatta di presenza anche corporea con i bambini e i ragazzi, e quindi al desiderio di tornare il prima possibile a fare teatro dal vivo.
Attraverso gli strumenti delle cuffie e della realtà aumentata, dove comunque rimane la presenza dei performer dal vivo, è possibile amplificare i sensi e mettere il pubblico nella condizione di diventare performer di sé stesso e della propria esperienza in mezzo alla natura o immersa nel contesto urbano. Le cuffie o la realtà aumentata possono permettere, in determinati contesti, di percepire qualche cosa in più all’interno di un percorso esplorativo itinerante. In questo senso la sperimentazione di Campsirago Residenza non si esaurirà e sarà una delle sue linee di ricerca.
CAMPSIRAGO RESIDENZA