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Eolo
recensioni
I 10 anni di Segni d'Infanzia nelle parole di Mario Bianchi
Il nostro reportage sulla decima edizione che si è tenuta a Mantova dal 28 Ottobre al1Novembre

Nel segno del Pipistrello, animale simbolo di questa edizione del Festival, Segni dinfanzia, dal 28 ottobre ha festeggiato i suoi dieci anni di vita, andando “oltre” con più di 250 eventi, in cinque giorni, dedicati non solo ai piccoli, ma anche, da ormai 3 anni, agli over 13, coinvolti come spettatori, ed anche come veri e propri collaboratori al processo organizzativo, oltre che come giovani 'critici' alle prese con recensioni agli spettacoli, e confronto diretto con veri critici teatrali, nell'apposita iniziativa “ Spuntini critici” Un evento culturale dunque, “Segni d'infanzia”, sempre più trasversale che fino al 1 Novembre ha ospitato in più di 30 location storiche della città dei Gonzaga artisti, compagnie e operatori, provenienti da tutto il mondo.

Il Festival si è aperto trionfalmente Mercoledi' 28 Ottobre al Teatro Bibiena, presenti le autorità, la direttrice artistica Cristina Cazzola e soprattutto alcuni “spettatori storici” del festival, che lo hanno accompagnato per questi lunghi dieci anni, invadendo con le loro migliaia di coetanei la città, da poco decretata capitale della cultura.

Oltre agli spettacoli, il festival ha ospitato incontri internazionali sul tema del teatro, dedicato all'infanzia, la riunione di Assitej Italia, laboratori, concerti, degustazioni alimentari che hanno accompagnato gioiosamente tutte le centinaia di famiglie venute da tutta la Lombardia, e non solo, per assistere a “ Segni d'infanzia”


Il vostro osservatore speciale, che è stato presente a tutte le edizioni del Festival, anche quest'anno ha osservato “Segni d' infanzia” da vicino per due giorni e vi relazionerà sugli 8 nuovi spettacoli visti.


Di “Hansel e Gretel” è pieno il mondo del Teatro ragazzi italiano, anzi ne è quasi costipato, ma H + G” di Alessandro Serra di Teatro Persona, artista che seguiamo con vivo interesse da molti anni, è ancora una volta uno spettacolo assai particolare, che entra di diritto tra gli spettacoli che hanno segnato la storia delle messe in scena di questa famosissima fiaba raccolta dai Grimm. Innanzitutto per la sua composizione, essendo stato creato con attori, facenti parte dell'Accademia Arte della Diversità ( guidata dal regista e autore Antonio Viganò) che rappresenta la prima compagnia teatrale professionale in Italia, costituita da attori in situazione di handicap. Ed infatti in scena con l'attrice Chiara Michelini, artista che abbiamo apprezzato già in altri contesti, ci sono appunto Maria Magdolna Johannes, Michael Untertrifaller, Rodrigo Scaggiante e Lorenzo Friso, perfetti nelle loro apparenti imperfezioni, che donano allo spettacolo uno stupore ed una forza impareggiabile.

Per lo spazio della rappresentazione poi, organizzato e racchiuso da due tribune in posizione speculare, una dimensione intima e ravvicinata con l’azione teatrale, che ne acuisce fortemente le emozioni. Tutto lo spettacolo agisce in sottrazione con pochissimi elementi di scena, una tonaca per rappresentare la inanità del padre, delle fascine a rappresentare un bosco, dei tavoli, per essere, nel medesimo tempo, umile desco e letto, delle posate che raschiate sui piatti evidenziano lo storcersi delle budella per la fame, una coperta, una maschera di corteccia. Tutto il resto è affidato in modo significativo alle povere ma efficacissime armi del teatro.

E' un simpaticissimo servo di scena a trovare i raccordi tra gli avvenimenti.Hansel e Gretel ridono, soffrono, si perdono nel bosco, escogitano semplicissimi sotterfugi per ritrovare la strada, e, una volta ritornati, preparano una scarna tavola per un pasto assai parco. Ma la storia, come in tutte le fiabe, si ripete. Ecco infine una pila che, inondando di luce una fascina, la rende bosco minaccioso, dove H. G. si perdono; la strega non è la strega che siamo abituati a conoscere, assomiglia alla madre, forse , ma ha un grande cappello,un velo che ne copre il viso, è nevrotica, sveste Hansel, lo ricopre di una maschera di corteccia: il bosco lo ha preso forse con sé ?! Gretel in attesa di ciò che deve avvenire, amorosamente gli toglie la maschera e dolcemente lo lava. Ciò che deve inevitabilmente avvenire, avviene. La strega, che è pur sempre terribile, porta Hansel in braccio verso un fuoco di luce che pure scoppietta. Il rito si è compiuto, la catarsi si avvera, la strega è perita nel rogo, ora la madre può allontanarsi, i due ragazzi sono diventati grandi.

Lo spettacolo, coraggiosamente prodotto da Accademia Perduta, rende espliciti in maniera forte e originale tutti i messaggi che la fiaba contiene in sé, semplicemente affidandosi ai rumori e alle luci della vita e ad attori molto speciali che rendono ancora di più speciale uno spettacolo del tutto speciale.


Pietro Piva, inMetamorfosidi Accademia Perduta, presentatosi in scena come Orfeo, il narratore- cantore, per eccellenza,, narra coperto di pelle, con una chitarra a forma di bastone, traendoli da Ovidio, miti entrati intatti nell'immaginario contemporaneo da Dafne ad Aracne sino ad Arianna, personaggi che si sono trasformati in fiori e piante, uccelli e stelle. Storie significativamente di amore, dove i protagonisti sono tutti spiriti liberi che, per avere osato troppo, sono stati trasformati altro da sé, immergendosi nella natura.

Purtroppo, poco di quello che Piva narra, arriva direttamente nell'immaginazione, e soprattutto nell'attenzione del pubblico. Ora, intendiamoci, il giovane attore possiede tutte le corde di una recitazione  varia ed efficace, ma, secondo noi, questa sua indubbia arte, dovrebbe essere governata, forse da un occhio esterno, più maturo e consapevole, per diventare realmente comunicativa.


A Mantova abbiamo visto con intenso piacere dei nostri occhi e della nostra mente ” Il cavaliere inesistente”, la nuovissima proposta di Gioco Vita che ci ha narrato, con la sua particolarissima forma d'arte, il teatro d'ombre, uno dei capolavori, forse il più impegnativo da proporre sulla scena, soprattutto per la sua intricatissima trama, di Italo Calvino. “Il cavaliere inesistente”, pubblicato nel 1959 e inserito, insieme a “Il visconte dimezzato” e “Il barone rampante “, in una raccolta dal significativo titolo: I nostri antenati (1960). Lo scrittore infatti ambienta i suoi personaggi, imbevendoli di sentimenti, spesso melanconici, in un modo fiabesco, collocandoli in epoche differenti, con evidenti richiami al presente.

“Il Cavaliere inesistente” di Teatro Gioco Vita rappresenta una specie di summa di tutte le tecniche del teatro d'ombra ed in qualche maniera, in modo coraggioso, ritorna alle radici del gruppo piacentino, alle sue famose e storiche messe in scene di miti e racconti, illustrando in modo immaginifico uno dei libri fondanti della nostra letteratura contemporanea, troppo spesso ancorato a mero intrattenimento fiabesco per ragazzi.

Nel libro di Calvino tante storie si intrecciano tra di loro, innanzitutto quella di Agilulfo, il cavaliere fatto di niente, ( e del resto chi meglio di un'ombra può rappresentarlo ?) mosso da una ricerca di perfezione che lo rende dunque inumano. Poi vi è quella del giovane Rambaldo, innamorato della bella Bradamante, che a sua volta smania per Agilulfo, e non vuole saperne di Rambaldo. Poi c'è pure Torrismondo che ad un certo punto svela di essere il figlio di Sofronia, la donna salvata quindici anni prima da Agilulfo dalle mani di alcuni briganti, creduta all'epoca vergine, la qual cosa era valsa, per la difesa della illibatezza della donna, al protagonista del romanzo, il titolo nobiliare

Il nostro Agilulfo, vuol vederci chiaro, e dunque parte alla ricerca di Sofronia per scoprire la verità, seguito a ruota da Bradamante, Rambaldo e Torrismondo, che, a sua volta, vuole ritrovare il padre, membro del Sacro Ordine dei Cavalieri del Gral. Agilulfo, dopo lungo peregrinare, conduce finalmente Sofronia al campo dei Franchi, mentre Torrismondo scopre la vera triste natura dei Cavalieri del Gral e, innamoratosi ovviamente di Sofronia, scopre di non essere suo figlio ma suo fratellastro: i due, sposati al cospetto di Carlo Magno, possono finalmente sposarsi.

Ed il nostro cavaliere? Agilulfo non viene a conoscenza della verità: credendo di aver ormai perso l'onore, scompare, cedendo a Rambaldo la propria armatura. Anche Bradamante rivela infine la propria identità: ella altro non è che suor Teodora, narratrice delle vicende. Delusa dai suoi amanti, la donna è solita rifugiarsi in un convento per espiare il proprio dolore; ma in questo caso, in chiusura del romanzo, sarà la voce dell'innamorato Rambaldo a farla fuggire dal monastero.

Come si vede storia complicatissima, dove tutti i personaggi si cercano e cercano sé stessi, ad incominciare dal protagonista, moderno Amleto, sempre in bilico tra essere e non essere,e come Amleto, trecento anni dopo, simbolo dell'identità dell'uomo contemporaneo. Talmente intricata la trama, che ad un certo punto, Cristina Grazioli e Fabrizio Montecchi, che ne hanno curato la complessa ed efficace drammaturgia, si sentono in dovere di fermarsi e di costruire una carta geografica esemplificativa del cammino intercorso dai protagonisti per ritrovarsi e per ritrovare lo spettatore.

E così lo spettacolo, costruito da Fabrizio Montecchi per spettatori ragazzi e per adulti curiosi, risulta alla fine una specie di labirinto di avventure in cui volentieri perdersi, lasciandosi conquistare soprattutto dai disegni e sagome di Nicoletta Garioni, dalle pertinenti e suggestive musiche del sempre più bravo Alessandro Nidi.

E che dire anche della bravura di Valeria Barreca e Tiziano Ferrari che devono muoversi sul palco dando voce e consistenza a tutto, attraverso più di 150 movimenti, tra schermi grandi e piccoli, davanti e dietro, in piedi e seduti, con sagome, che devono a volte mostrare sé stesse e ovviamente proiettare le ombre?

E così il pubblico, attraverso le lettere di un libro scritto da una falsa monaca, che all'inizio un grande schermo riverbera sulla platea, si trova coinvolto in battaglie, schermaglie amorose, luoghi fantastici, cavalieri, castelli in un mondo fiabesco che, ricordiamolo sempre, ci parla, come in tutte le grandi opere che si rispettino, di noi stessi.


Abbraccidel Teatro del Telaio mette in scena una piccola educazione sentimentale, attraverso il rapporto di due simpaticissimi personaggi clowneschi, che solo alla fine scopriremo essere due teneri Panda. Seguiamo i nostri due eroi fin dall'inizio del loro rapporto, quando, attraverso dei bambù. guarniti di fiori, vogliono, oltre che delimitare il proprio territorio, anche scambiarsi dei legami di affetto. Dunque, in un alternarsi di sentimenti, ecco che si incontrano, si guardano e sembrano piacersi all'istante.Ma come si farà mai ad esprimere il proprio affetto? Come si può far sentire all’altro il battito del proprio cuore?

Come succede tra i bambini molto piccoli, che ben si riconoscono nel procedere degli avvenimenti e dei sentimenti, il problema arriva adesso, il problema principale nel rapporto con l'altro sesso alla loro piccola età, visto come male assoluto, è infatti, come ben sappiamo, l'incominciare a conoscersi attraverso il tatto. Ecco che allora lo spettacolo, attraverso una voce fuori campo, propone una catalogazione degli abbracci. Perché con gli abbracci, si possono esprimere tante cose: il coraggio quando si ha paura,la gioia per una vittoria o il rammarico per una partenza.

Ecco che così nello spettacolo viene immessa una lunga catalogazione di abbracci diversi, che vede coinvolto anche il pubblico. Secondo noi troppi e spesso sbilanciati nella direzione farsesca, in qualche modo abbassando la densità emozionale dello spettacolo che comunque risulta essere una intelligente riflessione dedicata ai bambini più piccoli sulla condivisione dei sentimenti.

Suggeriremmo ad Angelo Facchetti, autore e regista dello spettacolo, ben condotto anche in scena dal duo Michele Beltrami e Paola Cannizzaro ( che già ben conosciamo per l'ottimo "Storia di un bambino e di un pinguino"), di approfondire ciò che del resto la scheda dello spettacolo propone, non con la sola catalogazione degli abbracci, ma attraverso il teatro: " nasciamo in un abbraccio, l'abbraccio è ciò che più spesso ricerchiamo nei momenti in cui ci sentiamo sconfortati, quando rivediamo qualcuno dopo molto tempo, quando vogliamo esprimere una gioia incontenibile" .

In questo modo l'epilogo, secondo noi, di questo dedicato ed insieme coraggioso spettacolo, dove tra i due Panda, finalmente, l'abbraccio viene considerato il gesto più significativo della tenerezza tra due esseri umani, acquisterebbe un senso più profondo e compiuto.


Opera stracci segna dopo il grande successo de “ I Paladini di Francia” il ritorno di Enzo Toma, qui coadiuvato degnamente dalle scenografie e dalle luci di Lucio Diana, alla collaborazione con la compagnia leccese Koreja.

Protagonisti dello spettacolo, come si evince dal titolo, sono gli stracci che prendono forma e vita attraverso l'opera lirica. Ed infatti lo spazio scenico, ricoperto di stracci, si trasforma per creare mondi e atmosfere diverse, attraverso i movimenti di Anna Chiara Ingrosso, Emanuela Pisicchio, Fabio Zullino che si interfacciano tra loro, attraverso una gestualità che non usa parole, ma solo il proprio corpo e l'invenzione scenica di metri e metri di stoffa, in un rapporto stretto con un tappeto musicale composto da arie d'opera, ma non solo.

Il filo del racconto, secondo l'idea di Toma, è la storia di due vicende parallele tra loro: quella di due ragazzi (un uomo ed una donna) e della parabola della loro vita, del loro incontro da fanciulli sino all'età adulta, dove essi si incontrano, si conoscono, si scoprono, “crescono insieme sino a quella misteriosa unione tra due vite, sino alle sue estreme conseguenze: la separazione e la perdita".

I vari sentimenti che via via si inseguono nello spettacolo vengono esaltati dalle varie arie d'opera che si susseguono, dalla ironicamente trionfale “ Non più andrai farfallone amoroso”di Mozart, alle verdiane “ Libiamo Libiamo” corale brindisi di "Traviata" e “Questa o quella per me pari sono”tratta da "Rigoletto" sino alla sublime melodia di Bizet “ Je crois entendre encore “ de “ I pescatori di perle”. Ma ci sono anche brani solo musicali, senza dunque voce, come il suggestivo inizio, contraddistinto dal Wagneriano preludio dell'Oro del Reno o il Rondò alla turca ancora di Mozart. Non sappiamo se gli tutti gli spettatori riescano sempre a capire il collegamento narrativo tra i vari momenti dello spettacolo, sappiamo invece che conviene perdersi nel bel gioco continuo e serrato ( godibilissimo in questo senso la resa del celebre sestetto della rossiniana Cenerentola) del cambiamento delle immagini che lo spettacolo propone e che rimandano anche a visioni inerenti all'arte antica e contemporanea, dove ognuno di noi può trovare emozionalmente quello che più gli interessa.



Tre gli spettacoli stranieri visti a Mantova e tutti e tre nella loro diversità, assai piacevoli e significativi, il francese “Pour la petite histoire” della compagnia Sémaphore, “Tripula” degli spagnoli Freres Farres ed infine “Soupe nuage noire” dei portoghesi di Companhia Caótica.


InPour la petite histoire i piccoli spettatori vengono proiettati in un mulino/cartiera, popolato da due topini, ricreato da Carolíne Jacquot, su un quadrato di erba, dove vive anche Jeanne. Jeanne piegando e pressando lino, canapa e cotone, fabbrica la carta, i cui fogli appende fuori all'aperto, aspettando che il vento li imbeva di storie. E'infatti lui che li colora, portando i personaggi sulle ali del mulino, cullati dalle dolci melodie di Lydía Reíthler. Ma ecco arrivare Franz, un personaggio che non trova la sua storia, saltando da una pagina ad un'altra, finchè non avrà anche lui il suo posto su uno dei fogli di Jeanne.

Un piccolo spettacolo delizioso“Pour la petite histoire”, che quest'anno verrà portato in molte città italiane, impreziosito dalle bellissime immagini in movimento, che costituiscono la vera e meravigliosa ossatura delle storie che via via il vento narra.


Soupe nuage noire”, della compagnia portoghese Companhia Caótica, è un meraviglioso spettacolo sulla consistenza stessa degli affetti. Antonio Pedro ( a cui fanno da contraltare Concalo Alegria e il nostro ben ritrovato Giacomo Scalise) , attraverso le immagini popolate dalla presenza dei suoi parenti che collegano presente passato e futuro, rende omaggio in modo poetico alla figura del padre, e lo fa nel preparare la mitica minestra di fagioli che il genitore soleva gustosamente preparargli, e che è anche il piatto preferito del proprio figlio. I ricordi si confondono: zie, zii e cugini hanno idee diverse in proposito sulla famosa zuppa, ma poi piano piano, tutto si aggiusta, ed il mitico cibo viene persino servito a tutti gli spettatori.

Poi Antonio, che è anche musicista, accompagna lo spettacolo, suonando in diretta, ed esprimendo con la musica i vari sentimenti che i ricordi gli provocano, come quando diresse una vera e propria banda l'ultimo giorno di lavoro dell'amato padre. Uno spettacolo senza teatro ma dove il teatro trionfa, regalandoci, nel soffio dei ricordi, il vero senso della vita, presente nel tempo che passa e nel valore degli affetti.


Tripuladei Freres Farres, consiste invece in una vera e propria straordinaria avventura, che i bambini vivono in un pallone aereostatico, costruito dal vivo da Pep e Jordy Farres, dove i piccoli spettatori entrano per vivere una bellissima esperienza nella quale essi stessi sono i protagonisti. Un grande meraviglioso viaggio, dove gioie e pericoli si mescolano sulle orme dei celebri fratelli Mongolfier. I piccoli spettatori ripercorreranno le loro gesta alla ricerca anche dei tre animali, che prima dell'uomo solcarono i cieli su un eguale pallone aerostatico.“Tripula” alla fine, più che uno spettacolo, risulta essere un'esperienza creata con ironia ed intelligenza, anche attraverso lo spassoso uso di ombre, burattini e la costruzione di giochi di luce e magie sonore.














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