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Eolo
recensioni
FESTIVAL SEGNALI
LE RECENSIONI DI MARIO NUZZO E MARIO BIANCHI

Possiamo ben dire che come per “Il Gioco del Teatro” anche per l’edizione di quest’anno “Segnali” la vetrina del teatro lombardo giunta alla sua diciottesima edizione e svoltasi tra Vigevano e Pavia dal 9 all’11 maggio sta cercando di allargare i troppi angusti ambiti della 'vetrina ' appunto per diventare un vero e proprio festival .
Infatti la programmazione di quest’anno , pur partendo dalle produzioni lombarde, si è diretta anche verso altri lidi attraverso significativi collegamenti con il Premio Scenario, con gli Eolo awards e con le produzioni estere. Ma veniamo agli spettacoli visti.

Concertruz Il laboratorio Mangiafuoco ci introduce nella città di Voltzville dove uno stravagante direttore d’orchestra dirige una sorta di concerto composto da storie tratte dai libri di Christian Voltz appunto. All’interno di una struttura molto semplice,costruita sugli schemi di una piccola orchestra in cui versi e suoni si susseguono continuamente, trova spazio anche un piccolo teatro di burattini e figure che, mossi dalle abili mani di Paola Bassani , rappresentano i personaggi delle storie. Riuscita è l’intesa con le altre due attrici Patrizia Borromeo e Renata Coluccini che vivacizzano con soluzioni sceniche ed interpretative il racconto, anche se la comicità non sempre motivata di alcuni momenti ,a nostro avviso rimane un poco 'esterna ' allo spettacolo. L’ultima parte è caratterizzata da un grosso sipario che, aperto, rivela ulteriori 6 piccoli sipari dietro i quali si nascondono le attrazioni di un fantastico circo. Anche questa parte risulta molto semplice, caratterizzata da un frequente battibecco fra il direttore ed i suoi “musicisti”. Da rilevare l’ottima capacità di Renata Coluccini nel dare voce ai diversi protagonisti delle storie.
Le due regine
del Teatro All’Improvviso. Lo spettacolo era già stato presentato nella sua versione completa durante la prima edizione del festival dedicato ai piccolissimi svoltosi a Novembre a Mantova e organizzato proprio dal Teatro all’Improvviso.L’operina debutta a Segnali nella sua forma più adatta al pubblico dei bambini. Seguendo uno stile tipico della compagnia il racconto della storia delle due regine e di Amedeo Kappa è accompagnato dalla creazione in diretta delle immagini che vengono proiettate alle spalle dell’attrice. Il commento musicale, che può essere in versione registrata o “live”, è stato composto appositamente da uno dei più grandi compositori italiani, Azio Corghi che ha elaborato un accompagnamento particolare e suggestivo, confermando il pregevole livello delle scelte di questo spettacolo. L’unico appunto è sulla parte finale che è apparsa un po’ lunga e troppo orientata a costituire una sorta di guida didascalica per il piccolo spettatore.
Storie, Scatole, Scarabocchi del Teatro del Telaio. Gli spettatori vengono fatti accomodare all’interno di un cubo di tela bianca da uno strano individuo, Papiro, che cerca di raccontare, con poco successo alcune storie. L’intervento di un altro personaggio ,una donna vestita anch’essa di bianco introduce alla narrazione di due storie che sono seguite da una terza raccontata dal rinfrancato Papiro. I racconti, che possono essere selezionati in base alla tipologia ed età del pubblico, sono tratti da pubblicazioni per ragazzi . Durante i racconti alle spalle dell’attrice sono proiettate immagini tratte dai libri raccontati, che contribuiscono ad accogliere gli spettatori all’interno dei “mondi” narrati. In questo senso le immagini costituiscono una semplice scenografia dinamica dello spettacolo, non avendo come finalità la precisazione di quanto in quel momento raccontato dagli attori. L’inizio dello spettacolo è assai coinvolgente peccato che alla fine si risolva in una semplice lettura ma la presenza scenica di Alessio Savoldi ed il suo rapporto divertente e divertito con i bambini è assai riuscito.
Zum-zum theater in “Pinocchio Bric a Brac ” Regia di Luca Radaelli. La coproduzione fra la compagine spagnola ed il Teatro Invito con la regia del lecchese Luca Radaelli ha dato luogo ad uno spettacolo molto divertente in cui i due attori Ramon Molins e Begonya Ferrer, grazie ad alcuni oggetti sparsi sul palco, raccontano la storia di Pinocchio. Lo spettacolo si inserisce all’interno di un gioco scenico in cui i segni precisati grazie agli oggetti contribuiscono a creare delle immagini semplici che, idealmente, si completano grazie alla fantasia degli spettatori. I due attori spagnoli si muovono, danzano, cantano, giocano con il pubblico, insomma abitano “completamente” il palco riuscendo a catturare gli spettatori in un racconto della storia del burattino che riporta gli elementi più comuni del libro di Collodi in maniera intrigante e divertente.
Spazi vuoti/Compagnia della Corte. Quella de” La Sirenetta “è una delle più famose favole di Andersen e la versione che ci viene proposta dalla giovane compagnia di Milano alterna molti momenti assai divertenti con altri che sottolineano l'aspetto 'crudele 'del racconto.Infatti diverse gag a volte forse un poco sopra le righe accompagnano il racconto della storia alleggerendo i momenti più pesanti e tristi e dando la possibilità allo spettatore di divertirsi ma anche di comprendere tutti gli elementi della fiaba. Narrazione, teatro d’attore si alternano alla danza con coreografie che definiscono in particolare il personaggio della muta Sirenetta . Qualche perplessità è suscitata dal finale che appare esageratamente salvifico per uno spettacolo che, comunque, rende conto di difficoltà che riportano al presente ed al quotidiano di un’età come quella dell’adolescenza.
Ferruccio Filippazzi /Zanna Bianca L’avventura del mitico animale creato da Jack London trova in questo spettacolo una trasposizione precisa che porta gli spettatori ad avventurarsi nel grande nord, fra minatori in cerca di fortuna e disperati di ogni sorta. Il destino del povero cane lo porta ad essere prima il migliore della muta e poi un feroce cane da combattimento, per trovare finalmente pace accanto al suo ultimo padrone, un uomo che non ne vuole sfruttare né la sua forza né l’aggressività. La storia viene raccontata da Filippazzi che narra la vicende e, con l’aiuto di due musicisti, canta alcune canzoni create apposta per segnare alcuni momenti dello spettacolo. Come è accaduto spesso a 'Segnali ' anche in questo caso alle spalle dell’attore viene proiettato un filmato che ritrae vari paesaggi che inquadrano scenograficamente la narrazione. A nostro avviso meno felici le immagini che accompagnano la parte del racconto dedicata ai combattimenti che offrono un’infelice semplificazione del significato. La narrazione, integrata dalle canzoni di Filippazzi, procede comunque in maniera vivace e precisa fino alla fine.
Fuori Quattro Dopo la finale al Premio Scenarioinfanzia 2006, lo spettacolo della compagnia 'Fuori Quattro 'si presenta nella sua forma definitiva che mantiene le promesse dei venti minuti portati a Zona Franca. Sperimentando linguaggi diversi, dalla commedia dell’arte al teatro dei burattini, lo spettacolo narra le vicende del bidello Mario Baldassarre, accusato di avere smarrito le chiavi della scuola. Le vicende porteranno tutti i protagonisti, al seguito del famoso barone del titolo, fin sulla luna alla ricerca delle chiavi smarrite. Giocato sulla versatilità dei quattro attori la messa in scena risulta molto interessante e divertente, anche se qualche perplessità la desta il confondersi di molteplici scenari ed approcci, in particolare nella seconda parte. La certezza, comunque, di trovarsi di fronte ad un progetto di valore è garantita dalla agilità con la quale gli attori si destreggiano in un’articolata autoregia che ben rappresenta tutte le varie diramazioni del famoso libro
Piazza Mezzomondo
Un postino arriva in una piazza qualsiasi di una qualsiasi città e consegna un pacco di fronte alla porta di un condominio. Cornelia, la portinaia, lo apre e trova un melone marcio. Da questa semplice situazione si sviluppa una storia che porterà la protagonista a parlare con tutti i bambini del palazzo; bambini che provengono da realtà e paesi diversi e che raccontano alcuni aneddoti relativi alle loro culture. Lo spettacolo diventa poi la storia di Cornelia, del suo passato e della sua infanzia, rivelando sorprese e soprattutto risolvendo l’enigma del melone. Frutto di un laboratorio teatrale sull’integrazione, la messa in scena si avvale di un sistema molto particolare di proiezioni che fanno interagire l’attrice con i bambini, presenti solo nel video. Il tema della multiculturalità, con particolare riferimento al cibo, viene sviluppato quasi in forma di inchiesta lasciando le spiegazioni e la narrazione al racconto delle esperienze dirette da parte dei piccoli protagonisti. Il meccanismo è funzionale al tema trattato anche se il risultato appare poco convincente dal punto di vista teatrale poiché le immagini faticano a dialogare con gli attori in un meccanismo ancora faticoso e non risolto tra teatro e documento sociale
Pollo Anfiteatro Como Un attore ed un musicista, soli in una scena su cui troneggiano un pannello di metallo ed un simbolico cestino da spazzatura, raccontano la storia di Angelo, un ragazzo chiamato da tutti Pollo. Ragazzo timido ed insicuro, all’interno di un nucleo familiare che non lo ascolta, vive la sua vita subendo le angherie degli altri fino a risultare incapace di vivere una vita diversa e diventando preda delle trappole che il mondo presenta ed in particolare dell’abuso di droghe. Narrata in prima persona dal bravo Davide Marranchelli, la storia rivela man mano che avanza, tra momenti divertenti ed altri melanconici, il suo vero tenore, procedendo verso un finale drammatico e senza speranza. La musica dal vivo crea un contraltare emozionale sul quale l’attore “canta” la triste storia di un perdente con abilità e senza indugiare in inutili sentimentalismi. Gli unici appunti sono da fare a certi schematismi drammaturgici presenti in alcuni nomenti come nella sterile critica rispetto alla televisione e alle terapie psicologiche al quale il ragazzo viene sottoposto, che risultano a nostro avviso inutilmente macchiettistiche. In generale un affondo ancor più consistente in termine di racconto della vicenda narrata sarebbe risultato più adeguato al pur interessante spettacolo che finalmente con passione ed onestà in prima persona parla di una realtà come quella adolescenziale spesso ignorata dal teatro ragazzi.
Pandemonium Due attori ed un musicista ci propongono la lettura dell’epistolario fra due soci d’affari l’ebreo Max Eisenstein ed il tedesco Martin Schulse nel novembre 1932 raccontato nel famoso libro di Katherine Kressmann 'Destinatario sconosciuto '.Prima amici e solidali, poi sempre più lontani, la distanza fra le loro idee, condizionate dal presente in cui vivono, diviene sempre più incolmabile fino alla tragedia finale. Lucidamente, freddamente e spietatamente le lettere dipingono un quadro sempre più orribile ed inaccettabile in cui il sentimento del perdono risulta distante, quasi inarrivabile. Non un spettacolo ma vera e propria lettura, interpretata con dovizia di sfumature dai due attori, i bravissimi Tiziano Manzini e Albino Bignamini, che consegnano intatta tutta l'emozione della storia raccontata.
MARIO NUZZO


L’ultima giornata di Segnali ci ha riservato due opere ancora in fieri che contengono molti momenti interessanti ancora però da registrare. “Mister volt”di Erbamil è un divertente exursus diviso in tre epoche :fine ottocento,gli anni sessanta e i nostri giorni, sull’ elettricità i suoi benefici e le sue storture. La cifra stilistica della compagnia è perfettamente individuabile nella costante chiave ironica e nell’intento moralmente ecologico che pervadono lo spettacolo ma l’equilibrio tra gli aspetti didascalici e quelli spettacolari non è ancora del tutto convincente anche se l’impostazione generale è di sicuro effetto e foriera di esiti senz'altro in linea con gliultimi riusciti spettacoli della compagnia bergamasca.
Lastricato di buonissime intenzioni è “La stanza dei mulini a vento”, l’ambizioso progetto della compagnia 'Eccentrici Dadarò 'di parlare della vecchiaia attraverso una metaforizzazione contemporanea del mito di Don Chisciotte. Nello spettacolo il rapporto tra una figlia ed un anziano padre che deve lasciare la casa per far posto ad un nuovo nato è risolto con un contrasto tra realtà e finzione in cui la figlia non vuole più adattarsi a vestire i panni di Sancho Panza per soddisfare la sete di avventure del padre.
Molto coraggiosa è l’impostazione dello spettacolo ,ma troppi i segni ed i piani in esso contenuti, spesso in contrasto tra loro con un uso del video assai ridondante. Ma l’humus teatrale è sincero e importante, con momenti molto intensi, basterebbe a nostro avviso scegliere un nucleo narrativo più preciso e portarlo avanti senza inutili fronzoli. Fallito invece il tentativo compiuto di Dario Moretti di stringere in una gabbia drammaturgica l’estro di Giorgio Gabrielli, “Color di rosa” tratto da un racconto di Collodi infatti risulta solo un pretesto piccolo piccolo di spettacolo che non riesce ad essere convincente nonostante lo sforzo di tutti i partecipanti
MARIO BIANCHI




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