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Eolo
recensioni
TRALLALLERO 2019 AD ARTEGNA IN FRIULI
DALL'8 AL 13 OTTOBRE OL REPORT DI GIULIO BELLOTTO

Tra l'8 e il 13 ottobre si è svolto ad Artegna (UD) la nona edizione di “Trallallero, Festival di teatro ragazzi in Friuli Venezia Giulia”. La manifestazione, organizzata da Teatro al Quadrato, ha ospitato 12 spettacoli di cui 4 produzioni internazionali, nonché numerosi incontri rivolti ad operatori e artisti. In particolare per questa edizione segnaliamo la collaborazione di MateariuM – Laboratorio di nuove drammaturgie che ha curato FareTeatro, una serie di appuntamenti dedicati a tecniche di Feedback costruttivo applicate ad alcuni degli spettacoli in programma.
Andiamo quindi a parlare di 5 spettacoli visti nella rilassata ed accogliente dimensione del festival nel teatro Mons. Lavaroni di Artegna.
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Già dal primo giorno del festival è stato possibile notare come questa edizione abbia riservato un'attenzione particolare al linguaggio della danza e al suo rapporto con il pubblico più giovane. Il primo spettacolo su cui ci concentreremo, Diario del mio terremoto, si iscrive perfettamente in questo solco; si tratta infatti di una coproduzione tra Teatro al Quadrato (struttura organizzatrice e ospitante) e Arearea, compagnia friulana di danza che nella cornice del festival  ha presentato anche lo sfaccettato spettacolo " Morfeo ", ispirato alla divinità greca del sonno,un tema per certi versi agli antipodi rispetto a quello del "Diario del mio Terremoto".  L' argomento portante dello spettacolo qua è molto più concreto e identificabile, il terremoto friulano del 1976. Si percepisce immediatamente il legame profondo che unisce gli artisti al loro soggetto, che diventa inoltre metafora dei cambiamenti dell'adolescenza. Il paragone è esplicito in scena e prima ancora sui fogli di sala. “Il terremoto è un assestamento improvviso e violento della crosta terrestre; l'adolescenza è il periodo della vita che segna il passaggio dall'infanzia all'età adulta”. Questi due eventi si trovano a coincidere in scena e nel vissuto dei protagonisti, ragazzini ora attratti ora respinti dalla terra in cui sono nati. Una terra che trema e fa paura, scompone e rimescola brandelli di memoria restituiti al pubblico come flussi di coscienza e di movimento, eppure è presentata come luogo domestico anche quando la sua superficie è talmente sconvolta da non essere neanche più riconoscibile. “In entrambi i casi, dopo il terremoto, dopo l'adolescenza, nulla è più come prima”. Si avverte, nelle pieghe di una costruzione drammaturgica che spesso si arzigogola su se stessa, il tema della costruzione e della ricostruzione dell'identità; tuttavia ciò che davvero salta all'occhio è la qualità di movimento degli interpreti. Questo elemento, allo stesso tempo motore della scena e punto di forza dello spettacolo ma purtroppo finisce a volte per eclissare le scenografie e alcuni artifici scenici, in primis i forzati momenti di interazione diretta col pubblico, a cui la regia potrebbe forse rinunciare nell'ottica di una maggior armonizzazione dei linguaggi utilizzati.
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Il festival è proseguito con Hupfen (Salta), presentato l'indomani nella prima mattinata dalla compagnia austriaca Dschungel Wien ad una nutrita platea di bambini provenienti dalle scuole elementari del circondario. Anche in questo lavoro appare evidente l'intenzione di coinvolgere il giovane pubblico attraverso l'immediatezza del movimento, reso centrale dalle potenzialità acrobatiche del corpo nelle evoluzioni delle due interpreti in scena. A differenza degli altri spettacoli, si assiste alla rinuncia quasi totale di una continuità drammaturgica a favore di un risultato maggiormente visuale. La scenografia, composta di pannelli verticali, permette l'impiego evocativo di proiezioni e campiture di colore che trovano riscontro ed eco nei pochi elementi scenici, tra i quali spiccano per efficacia ed essenzialità dei gessetti colorati. Con questi viene via via decorato l'intero palcoscenico, prima per mano delle attrici e poi grazie all'intervento dell'intera platea invitata al termine dello spettacolo a condividere e agire il gioco scenico. Ne consegue un lieve divertissement che ruota attorno al concetto di “salto” più che ad un tema specifico e riporta con immediatezza e senza pretese d'intelletto, ma con sapienza misurata, alla leggerezza e all'entusiasmo del gioco d'infanzia, un meccanismo vivo, animato e sempre in moto anche nei più grandi.
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Per lo spettacolo "Ho perso la mia nuvola", di Teatro delle Quisquilie, invece del Teatro Lavaroni è stata i attrezzata la vicina sala consiliare di Artegna, dove il pubblico è stato disposto a cerchio intorno ad uno spazio scenico delimitato da sedie e, in fondo, da alcuni bauli. Tanto basta a Franca Salin, per creare un variopinto quanto simpatico personaggio, la Signorina Sinforosa. Bizzarra caricatura di una old lady inglese dei decenni passati, con tanto di cappello di paglia a tesa larga e vestito rosa confetto, la cifra di questo fantasioso esperimento è un grammelot ben realizzato che diverte e si intreccia agli interventi di Massimo Lazzeri, nella triplice veste di tecnico del suono, spalla e regista dello spettacolo. Il pretesto che dà il là all'avventura è la sparizione della nuvola che sempre accompagna la Signorina Sinforosa; nell'affannosa e aerea ricerca che ne segue si susseguono canzoni, pupazzi, momenti di animazione e immagini fulminanti e fuggevoli tra le quali quella che maggiormente resta impressa è la danza del giovane pubblico, impegnato in prima persona per ritrovare la nuvola scomparsa. Come in tutte le favole, anche quelle più moderne, il lieto fine è assicurato quando dai bauli in fondo scena emerge l'evanescente nuvola per ritornare dalla sua padrona e perdonare persino il suo rapitore tra l'entusiasmo dei bimbi.
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Decisamente di alto spessore drammaturgico è invece il successivo Ulisse dove sei?, adattamento per l'infanzia del più classico dei classici ad opera di Teatro Telaio di Brescia. L'impronta narrativa è presente e persino preponderante, condita da molti giochi di situazione che reinterpretano le vicende omeriche in chiave comica, leggera e scherzosa. Numerosi sono i riferimenti che aprono la porta alla rievocazione delle avventure di Ulisse senza ripercorrerle pedissequamente ma avvalendosi fin dalla prima immagine di variazioni sul tema e simbologie elementari ma ben radicate. All'ingresso dell'auditorium scolastico che ospita la rappresentazione ci troviamo infatti di fronte ad un allestimento già molto interessante di per se': una pedana inclinata che richiama ai fasti della Commedia dell'Arte, un fondale a tagli verticali che per tutto lo spettacolo permetterà l'apparizione di oggetti scenici con modalità ed effetti assimilabili ad una versione povera ma intelligente del Teatro su Nero, due modellini in legno su ruote di nave e cavallo. Ci sono già tutti gli elementi per essere incuriositi da questa neonata produzione del Telaio, firmata da Angelo Facchetti alla regia. Infine basta che facciano il loro ingresso gli attori Alessandro Calabrese (l'aedo attraverso cui vengono narrate le tappe del viaggio), Francesca Cecala e Antonio Panice (entrambi impegnati in molteplici ruoli) per apprezzarne il convincente lavoro d'interpreti e rimanere affascinati dalla ben congegnata struttura scenica, ricca di ritmo e immagini d'effetto. Il tema, bisogna dire, si presta; tuttavia non è semplice coniugarlo in modo armonico e, se è vero che in giro ci sono molte Odissee, dai palchi della danza al teatro di ricerca, questa versione non sfigura a paragone delle più blasonate. E' infatti un gran merito adottare delle soluzioni semplici per risolvere problemi teatrali complessi – e l'Odissea ne è ricca. Ulisse dove sei? centra l'obbiettivo sia a livello drammaturgico sia nella costruzione delle scene, tra cui spiccano per impatto visivo ed emozionale l'apertura dell'otre dei venti e la vendetta sui Proci. Sono momenti che si prestano a molti livelli di lettura; probabilmente incuriosiscono un pubblico di giovani o giovanissimi che addirittura non conoscono il poema, ma possono entusiasmare gli adulti o i quasi adulti che ne apprezzino l'ironia. L'impianto insomma è chiaro: un Ulisse didattico ma godibile e anche qualcosa di più, per cui i pericoli più grandi al netto di Sirene, Ciclopi, Scilla e Cariddi, sono la sovrabbondanza dei linguaggi scelti (teatro di maschere, di figura, d'attore, d'immagine..) ed un finale che con l'apparire persino di un fugace e romantico momento di danza con Penelope, rischia di rispondere più al senso estetico che alle sue premesse epicamente narrative.
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L'ambientazione mitologica dello spettacolo del Telaio ha lasciato il posto in serata ad un contesto altrettanto fantasioso. Quattro elfi in salopette verde suonano una magica foresta teatrale composta da materiali di derivazione naturale dove ogni elemento, dagli alberi agli animali che la abitano, diventa uno strumento musicale. E' un teatro di figura sonoro quello di Gozd Raja (La foresta incantata), coproduzione di Kuskus Art, Glej Gledalisce e DK Dubraba su cui però pesa stranamente la questione linguistica vista la scelta, probabilmente da rivedere, di tradurre i testi in un italiano marcatamente colorato di toni sloveni e croati, a tratti difficilmente comprensibile. Non che servano però molte parole per comprendere la magia delle immagini o la musica che ora le origina ora le accompagna; riflessione che potrebbe portare a ridurre la presenza di testo nello spettacolo a favore di quegli scarti di immaginazione per cui strumenti musicali si trasformano in animali o viceversa, in uno spettacolo a quadri che si alternano con grazia e ritmi balcanici, un vero carosello animato dal sapore eco-friendly per orecchie d'ogni età.
GIULIO BELLOTTO

Questi sono gli spettacoli che abbiamo visto durante la nostra presenza al Festival.
Sono stati presentati al festival  anche gli spettacoli:

Morfeo, di Compagnia Arearea
A spasso con Olivia, del CTA di Gorizia
Baule Vagamondo, Compagnia Treatro.
Cappuccetti matti, di Pandemonium Teatro
Un piccolo rifugio, di Compagnia The Little Foxes
Scarpette rosse, di Biboteatro






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