PALLA AL CENTRO 2024 A PESCARA
LE 6 RECENSIONI DEI NOSTRI INVIATI SAMUEL ZUCCHIATI E ROSSELLA MARCHI
La tradizionale vetrina estiva dedicata al Teatro delle nuove generazioni “Palla al Centro “ dopo Perugia, quest’ anno nel suo continuo girovagare per l’Italia è tornata ancora a Pescara dal 9 al 12 luglio , organizzata come le altre volte con la consueta professionalità dal Florian Metateatro . Pescara ha accolto il teatro ragazzi italiano in una cornice di grande fascino, dislocando gli spettacoli in diversi bellissimi luoghi della città dannunziana: l'Auditorium Flaiano, il Florian Espace, e il suggestivo Chiostro delle Clarisse a Città Sant'Angelo, ciascuno scelto per valorizzare al meglio le diverse rappresentazioni e creare un'esperienza immersiva unica per il pubblico.
Un elemento distintivo di questa edizione è stato il davvero prezioso livello di ospitalità offerto dallo staff organizzativo del Florian, guidato da Giulia Basel e Massimo Vellaccio. La cura e l'attenzione riservata ai partecipanti, inclusi critici teatrali e operatori culturali, hanno contribuito a creare un ambiente accogliente e professionale, trasformando in speciale, l’esperienza di tutti i partecipanti, anche di chi vi si avventurava per prima volta, accolti con calore e professionalità, facendo sentire ognuno a casa propria . Questo clima di ospitalità è stato un riflesso della dedizione e della passione dello staff, che ha lavorato instancabilmente per garantire il successo del festival.
In questi giorni abbiamo visto la partecipazione di compagnie di tutta Italia, con 17 spettacoli che hanno esplorato una vasta gamma di temi e stili, dai classici della letteratura per ragazzi a nuove produzioni originali. Particolarmente apprezzato è stato anche il laboratorio "Critici in erba", che ha coinvolto giovani spettatori in un percorso formativo volto a sviluppare il pensiero critico, unendo intrattenimento e educazione, in un progetto coinvolgente e interattivo che sta favorevolmente invadendo diversi festival italiani come un format vincente. Il successo del festival è stato possibile anche grazie al generoso supporto degli sponsor, che hanno contribuito a sostenere l'evento.
In conclusione, "Palla al Centro 2024" non si è dimostrato solo un festival , ma una vera e propria festa del Teatro , che ha trasformato Pescara in un crocevia di creatività e apprendimento. L'evento ha dimostrato come il teatro possa essere un potente strumento educativo e formativo, capace di unire diverse generazioni e culture in un'esperienza comune di scoperta e crescita. Eolo ha scelto di approfondire attraverso lo sguardo di Samuel Zucchiati e Rossella Marchi 6 creazioni presenti al Festival, inclusa “Seggioline” di cui aveva già parlato e che ha raggiunto ora un risultato davvero convincente su tutta la linea e Tuttatesta, il cui studio aveva già intrigato. Presente tra gli spettacoli anche Spiderman di Giacomo Di Mase, di cui già Eolo aveva tessuto le lodi .
LA MANDRAGOLA/STIVALACCIO TEATRO
La commedia “perfetta “‘ di Nicolò Machiavelli, scritta tra il 1512 e il 1529, narra di Callimaco, un giovane fiorentino innamorato di Lucrezia, moglie di Nicia , un ricco e sciocco dottore. Nicia, preoccupato per l'assenza di eredi, viene convinto da Callimaco, travestito da medico, che l'unico rimedio possa essere una pozione di mandragola. ma mettendolo in guardia perchè la Mandragola, secondo una leggenda, avrebbe potuto uccidere l’uomo che intendeva unirsi a Lucrezia: quindi era necessario trovare un sostituto per Nicia. Con l’inganno e la corruzione anche del frate Timoteo, Lucrezia accetta di passare la notte ovviamente con Callimaco, che riesce così a conquistare il suo amore.
Michele Mori adattando il capolavoro di Machiavelli cerca di sfruttarne tutti i punti di forza , creando in scena delle belle dinamiche tra gli interpreti e le varie situazioni che vediamo succedersi. L’inizio è con un prologo dell’attore capocomico (nella pièce si distingue sempre bene la differenza tra persona-personaggio-attore ) che spiega quanto siano importanti le bugie: Una sorta di captatio benevolentiae dove l’interprete, Pierdomenico Simone, non cerca nemmeno di nascondere l'atteggiamento di chi con una parlantina affascinante, blandizie e dolci lusinghe, cerca di guadagnarsi l’ atteggiamento benevolo e condiscendente da parte del pubblico. “Un mondo senza bugie è come un mare senza onde. Non è sintomo di cattiveria, bensì la capacità di arrangiarsi. (Come non essere d’accordo “se la nostra vita è una tela, la bugia è certamente il nostro pennello”)
Segue una seconda introduzione, come classicamente accade con il linguaggio degli Zanni , ma questa volta cantata e poi… una terza introduzione che ci darà un quadro della storia! Ora è tutto chiaro e si inizia in Francia nell’anno domini 1520 con una discussione tra due francesi scorbutici e Callimaco per scegliere quale sia il paese migliore tra Francia e Italia. Finisce in duello che coinvolge il protagonista e Ligurio, servitore napoletano del fiorentino Dottor Nicia, che fin da subito rivela la sua eccezionale abilità a immischiarsi nei fatti altrui. Durante la lotta Ligurio racconta a Callimaco di Lucrezia, la bella moglie del dottore di Firenze, e subito divampa l’ossessione di averla.
L’amico “Leonardo” di Callimaco ha inventato un apparecchio che sembra possa volare e con quello i due riescono a raggiungere Firenze in breve tempo ma sempre inseguiti dai due rissosi francesi.
Arrivati in città la storia si consuma a grandi linee come Macchiavelli l’ha tramata, in un efficace drammaturgia ispirata all’originale e con il linguaggio del teatro popolare che è brand di Stivalaccio.
Stivalaccio Teatro rimodella la commedia con il gioco della commedia dell’arte e la cuce su misura del gruppo di attori tra cui il capocomico Pierdomenico Simone e le new entry della compagnia giovani Daniela Piccolo, Elisabetta Raimondi Lucchetti, Elia Zannella e Francesco Lunardi. A condurre le danze sul piano registico Michele Mori con una squadra assortita di artigiani tra i quali segnaliamo la scenografia di Alvise Romanzini che in modo puntuale ha creato immagini chiare, forme e schemi in grado di supportare elegantemente il gioco dei guitti in scena. Menzione speciale per il Dottor Pantalone Nicia di Elia Zanella che porta in scena un buon ritmo e un ottimo gioco di maschera.
Il testo originale riflette il contesto storico del Rinascimento, caratterizzato da corruzione e cinismo verso le istituzioni. Machiavelli, noto per il suo pragmatismo politico, esplora l'inganno e la manipolazione nella commedia, rispecchiando le sue osservazioni sulla società e il potere. La drammaturgia dei commedianti vicentini è una versione che dinamizza l’originale, ma a nostro modo di vedere toglie un po’ di cinismo a causa di un Callimaco fin troppo adorabile e “innamorato”. Forse Francesco Lunardi potrebbe discostarsi leggermente dalla classica figura dell’amante della Commedia e rendere il suo personaggio un po’ più “machiavellico” per un recupero puramente filologico in favore dell’autore originale, ma anche per evitare alcuni tratti retorici del suo comportamento così da render meglio lo spessore del carattere. D’altronde il target sono ragazzi e ragazze dai 14 anni, quindi si punta a chi l’ironia e l’inganno hanno imparato a conoscerli.
Mi domando dove siano finiti i due francesi rissosi che stavano inseguendo i protagonisti? Sono semplicemente spariti.
IO COME LEI. Storia di due amiche molto lontane, terribilmente vicine/ATIR
Siamo nella città di M, dove due ragazzine, dai caratteri apparentemente agli antipodi , scoprono di avere molto più in comune di quanto potessero immaginare. Ambientato nei quartieri popolari, il progetto teatrale dell’Atir è nato grazie a un meritevole finanziamento da parte della Fondazione Cariplo. Le interpreti, Chiara Stoppa e Virginia Zini, hanno intrapreso un percorso a stretto contatto con le case popolari e i loro abitanti, raccogliendo il materiale necessario per consentire a Pino Di Bello di creare una narrazione scenica fluida e fresca, capace di parlare ai preadolescenti con il loro linguaggio di diverse problematiche.
Le due protagoniste dello spettacolo si sono decisamente documentate sulla musica “giusta” e sul linguaggio del loro pubblico di riferimento e la loro performance lo dimostra chiaramente. Nonostante la sala del Flaiano non fosse per noi l'ambiente ideale per testare appieno questo approccio, Stoppa e Zini hanno ottenuto feedback molto positivi dagli alunni delle scuole che vi hanno partecipato “Alla fine dello spettacolo infatti i ragazzi e le ragazze si avvicinano e ci dicono che parliamo come loro e che anche a loro succede la stessa cosa”, raccontano . Lo spettacolo procede con le due protagoniste che incontrano un professore, rappresentante di uno di quegli educatori capaci di lasciare un’impronta duratura nei giovani. Con la sua proposta di concentrarsi sui suoni, ottiene una risposta, ironica un poco fuori dalle righe dalla classe, inaspettata: un’orchestra di scorregge , guadagnandosi così il soprannome di "Missione Impossibile". Tuttavia, il professore non demorde dando sempre più fiducia ai ragazzi convinto che alla fine forse “non siamo così inadeguati come il mondo adulto spesso ci fa credere. Forse anche noi abbiamo qualcosa da dire e possiamo esprimerlo nel nostro modo, attraverso musica, poesia e forti emozioni”
Le ragazze poi organizzano una festa per il quartiere, a cui partecipano tutti. Ognuno porta qualcosa da condividere della propria cultura, e l'evento si rivela un successo straordinario, dimostrando la loro capacità di trasformarsi da emarginate a promotrici di comunità. Davvero uno spettacolo interessante con un inizio a nostro modo ancora un poco slegato dal resto della trama, ma ne siamo sicuri, che essendo ancora all’inizio del suo percorso, attraverso nuove repliche riuscirà a prendere tutta la sua giusta dimensione.
“Io come lei" si distingue per la sua capacità di trattare temi complessi in per mezzo di una narrazione coinvolgente e significativa. A ciò concorrono la regia di Pino Di Bello e le interpretazioni di Chiara Stoppa e Virginia Zini. Lo spettacolo offre una riflessione profonda sulla creatività e sulla comunicazione, dimostrando come l'arte possa superare le barriere sociali e personali, offrendo anche un’esperienza ricca e autentica per il pubblico giovane.
SEGGIOLINE/ TEATRO TELAIO
In scena abbiamo, lui , che è quadrato e preciso. Monta in solitudine seggioline rosse. Poi entra , lei , carica di tutto quello che c’è fuori e sembra allargare lo spazio che lui è riuscito a rendere piccolo con il suo fare rigido e nevrotico. Assieme si scoprono in una relazione che pian piano diventa più equilibrata, tanto da riuscire a far crescere qualcosa che vada oltre la singolarità . Attraverso il loro interagire, lo spettacolo celebra il potere della collaborazione e della creatività, suggerendo che la somma delle parti può superare il semplice accumulo, e mostrando come anche i gesti quotidiani possano far fiorire nuove idee. Si parla di crescere, del tempo che ci vuole, dell’attendere e dello stare, che permette alla creatività di sgorgare da semplici gesti e azioni quotidiane. Persino la pausa bagno può far fiorire nuove idee.
Michele Beltrami usa un linguaggio clownesco nel quale è evidentemente a suo agio, con un ritmo dato dagli sguardi, i respiri e le pause. Conosce il codice e lo sa giocare bene. Paola Cannizzaro porta leggerezza in scena. Potremmo dire un clown poetico, un Pierrot ottimista che vede il lato positivo delle cose. Lei porta con sé una gamba di sedia anche senza scopo, nel caso serva. Infatti serve, proprio a lui che è lì a costruire piccole sedie. Appena entrato col suo caschetto rosso, lui è subito identificato dai bambini: “è tutto no no no no”.
Lui è la forma, lei il cambiamento. Lui è il pensiero, lei l’emozione.
Insieme danno al pubblico un bel carico di sentimenti. Quando la folla di operatori si alzano dalla platea vedo molti sorrisi di soddisfazione, come a dire “ecco, ci voleva”.
La collega Matilde Marras ha già scritto di questo spettacolo in un pezzo su Eolo un anno fa. Mi sono chiesto quanto fosse cambiato da quella messa in scena a Segnali 2023 e quindi l’ho domandato a colazione direttamente a Michele e Paola.
Samuel: Quanto è cambiato dalla messa dall’anno scorso?
Michele e Paola: E’ importante prima premettere che in Teatro Telaio abbiam fin da subito condiviso l’idea che questo non dovesse essere per forza un progetto di produzione ma uno di ricerca, quindi ci siamo presi tempo: 3 anni in cui abbiamo potuto incontrar dei professionisti del teatroragazzi italiano da Teatro Gioco Vita per conoscere le ombre, Giorgio Gabriele per costruzioni di oggetti e Silvano Antonelli per la drammaturgia. E’ stata una metodologia sperimentale. Rispetto a quanto sia cambiato non possiamo dire che sia cambiato molto, ma lo abbiamo affinato e levigato. La marionetta finale l’abbiamo cambiata e ora è più in linea sul piano estetico con le altre sediee soprattutto più semplice da manovrare. In un qualche modo ha semplificato il finale. Anche l’inizio lo abbiamo reso più fluido.
Effettivamente anche la scena della scarpa da cui escono gli spaghetti è nuova.
Samuel: Cosa vi ha aiutato per individuare i cambiamenti necessari?
Michele e Paola: Sicuramente metterlo in scena serve. La presenza dei bambini, del nostro pubblico fa la differenza e non sempre nei festival e possibile averlo. È stato bellissimo ricevere i disegni che i bambini fanno dopo lo spettacolo e che le maestre ci inviano. Ci aiutano nella nostra evoluzione. Abbiamo fatto ai bambini la stessa domanda che poniamo nello spettacolo “Quanto tempo ci vuole per diventare grandi?”. Un bambino ha risposto che per diventare grandi bisogna imparare a guidare l’aereo.
Anche l’articolo di Matilde ci ha aiutato e le chiacchierate con Mario Bianchi con cui non ci trovavamo d’accordo, ma ci hanno stimolato a riflettere per migliorare.
Samuel: mi saprebbe piaciuto vedere entrare in scena una sedia ancor apiù grande di quelle che avete portato.
Michele e Paola: se ci pensi, quelle sedie grandi che abbiamo usato, sono già giganti per un bambino.
"Seggioline" si distingue come un'opera che commuove e intriga tanto gli adulti quanto i bambini, riuscendo a equilibrare elementi clowneschi con riflessioni profonde sul diventare grandi e sull'unione creativa. L'efficacia dello spettacolo risiede nella sua capacità di trasformare concetti complessi in esperienze visivamente stimolanti e emotivamente coinvolgenti. Attraverso la sua estetica raffinata e la narrativa semplice ma significativa, "Seggioline" riesce a toccare le corde del cuore degli spettatori e a stimolare la loro immaginazione. La forza dello spettacolo è evidente nel modo in cui riesce a far dialogare elementi di forma e cambiamento, creando un'esperienza teatrale che è sia educativa che deliziosamente divertente. La continua evoluzione dello spettacolo, arricchita dal feedback del pubblico e dalla riflessione critica, ne conferma l'importanza e il valore nel panorama del teatro per l'infanzia.
Uno spettacolo costruito “millimetro per millimetro” (cit.).
SAMUEL ZUCCHIATI
Esilarante, intelligente e molto contemporanea la nuova produzione di Fontemaggiore, “Tuttatesta”. Destinata ad un pubblico dagli 8 anni d’età, è uno spettacolo in grado di divertire e di parlare anche ad un pubblico adulto ed il pubblico in sala di bambini e bambine e di adulti lo ha dimostrato con il suo coinvolgimento e la sua partecipazione. Lo scorso anno, sempre nella vetrina di Palla al centro, avevamo visto uno studio che aveva già coinvolto gli spettatori e dunque grande era l’attesa di vedere il lavoro completato. Davide Calvaresi non ha deluso le aspettative ma anzi, ha costruito una situazione completamente irreale ma che molto ricorda le dinamiche che si trovano nelle comunità quando giunge un nuovo arrivato. Pippo Pacco è una sorta di potenza creatrice ed è proprio lui che comincerà a popolare questo spazio di personaggi/pacco. Il primo pacco è Primo, una faccia buffa felicissima di abitare questo spazio da sola. Finché il demiurgo Pippo Pacco non decide di mettere un secondo pacco: è Secondo. Secondo è felice di stare in coppia e anche se Primo mal sopporta la sua vicinanza alla fine cede e decide di far coppia con Secondo. Finché non arriva Terzo, e poi Quarto, e Quinto e così via. Il quadro di pacchi che si compone è una miriade di soggetti Tuttatesta, ognuno con un pensiero diverso ma in fondo appartenenti allo stesso condominio. Ma a sparigliare tutte le certezze arriverà una Testa diversa. Una testa capovolta che chiederà di entrare nella comunità. Inizialmente sarà molto osteggiato per questa sua particolarità di essere a testa in giù fino a che la comunità dei Tuttatesta capirà la ricchezza che porta la diversità. In fondo quella testa capovolta è divertente e ha un altro modo di esprimersi che porta una ventata di novità in questo folle condominio. E’ interessante e sottile l’ironia sottesa a questo spettacolo che riesce a coinvolgere il pubblico per tutta la sua durata. Affronta non soltanto l’evento eclatante dell’arrivo di uno straniero in una comunità ma anche quanto in realtà l’individuo sia diffidente nell’accogliere anche un suo simile, nel veder rompere la propria tranquillità perché chiamato alla convivenza con altri che inevitabilmente portano abitudini e modalità di relazione diversi dai propri. Racconta di come sia faticoso ma anche necessario trovare una posizione mediana tra ciò che si desidera e ciò che desidera l’altro ma racconta anche come quella fatica porti poi ad una crescita, ad una vivacità del vivere che altro non può essere se non nutriente. Il linguaggio è divertente e leggero ma mai scontato, ogni parola riesce a farti entrare in una riflessione pur muovendo di entusiasmo la platea.
BELLA E BESTIA – Fontemaggiore
Apre riflessioni “Bella e Bestia” nuova produzione di Fontemaggiore per la regia di Massimiliano Burini, uno spettacolo che forse ancora deve esprimere pianamente la profondità che la sua lettura suggerisce. Chi è Bestia? Bestia è un ragazzo come tanti che non si accetta com’è e dunque si isola dal mondo pensando che nessuna potrà mai amarlo. Chi è Bella? Bella è una ragazza, forse quasi una bambina che diventa adolescente, che proprio grazie all’entusiasmo che anima tutto il suo essere, riesce a superare tutte le sue paure e ad andare nella profondità dell’animo dell’altro per com-prenderlo. La bella scenografia di Marco Lucci porta suggestioni importanti per il racconto perché ci troviamo nell’interno di un palazzo quasi decadente che suggerisce l’atmosfera di quei luoghi in cui sembra che si sia appena festeggiato un diciottesimo e tutti gli invitati se ne siano andati lasciando disadorne le sale dove si ritrovano i due: lui che sembra un giovane che per tutto il tempo della festa sia stato nascosto e sia uscito dal suo angolo solo nel momento in cui ha creduto che tutti se ne fossero andati; lei che volteggia per il salone abbandonato fino a che non lo vede: tutto coperto fin sul capo, dai movimenti sgraziati e incapace di far uscire una sillaba dalla bocca. Sarà poi un avvicinamento lento, fatto di attrazioni e respingimenti, di ricordi usciti in comune, di piccole risate che riecheggiano nel grande salone abitato solo dai loro movimenti emotivi. E questo spostarsi per gli spazi diventa quasi in una danza moderna che somiglia ad un ciondolamento ma è invece un assecondare, ascoltare il proprio corpo nello spazio che piano piano quasi si fa vertigine, perché nel conoscere il mondo dell’altro si perde l’orientamento, si barcolla, si ri-conosce e ci si ri-conosce. Il lavoro ha molti spunti interessanti e necessari che, a nostro avviso, avrebbero bisogno di un maggior affondo. Nella visione abbiamo sentito il bisogno di avere più elementi relativi alla relazione tra Bella e Bestia per arrivare al finale, che il loro rapporto fosse maggiormente scandagliato nella progressione della confidenza. E’ un lavoro necessario che merita davvero di fare un piccolo gradino in più.
TERRAMADRE – Nardinocchi/Matcovich
Proviene da un lavoro lungo, assaporato e digerito questa nuova performance di Nardinocchi e Matcovich prodotto da Florian Metateatro che ha visto il suo nascere, crescere e prendere una forma compiuta dopo un lungo periodo dedicato al viaggio come mezzo per prendere contatto con la Natura, per quale diverso significato questa possa avere per ognuno di noi. Viaggiamo tutti insieme a loro perché l’esperienza si apre proprio con una passeggiata di gruppo in cui ognuno di noi è chiamato ad osservare la realtà grande e piccola che ci circonda. Ed è piacevole prendersi il tempo per guardare con attenzione e ascoltare quel che succede intorno: fa sentire al contempo fuori da tutto perché ci si astrae ma anche dentro a tutto perché ci si sente avvolti di realtà. Dopo questi primi 10 minuti di osservazione partecipante in cui ci si accorge di cose alle quali mai si avrebbe fatto caso, ci ritroviamo seduti a condividere con i due condu(a)ttori e con i compagni di viaggio questa passeggiata ed è molto divertente scambiarci i punti dove gli occhi sono stati più attenti e scoprire che ognuno ne aveva di diversi. E’ partendo da qui che i due protagonisti cominciano a portarci dentro al loro viaggio che si è snodato per varie regioni: Emilia Romagna, Umbria, Puglia, Lombardia, Piemonte e Toscana ed è durato quasi due anni e da ogni luogo vissuto Nardinocchi e Matcovich hanno portato con sé un racconto suddiviso in tappe. Il racconto tesse storie e aneddoti di persone che vivono a stretto contatto con la natura incontrate nel cammino e del personale rapporto con la Natura dei due autori/attori. Ma dove vuole portarci questo racconto? Essenzialmente a porci una domanda: qual è il nostro rapporto con la Natura? Interrogarsi se sentiamo il nostro essere uomini o donne come qualcosa che è compreso nella Natura oppure sentiamo che nel rapporto con lei siamo noi a dominare, diventa un vero e proprio quiz con domande al quale un piccolo campione di partecipanti alla performance sono chiamati a rispondere per alzata di mano. E ci accorgiamo che le domande sono difficili. Che forse sono difficili perché ci siamo molto allontanati dalla spontaneità di sentirci parte di un tutto più grande che ci include semplicemente perchè esseri viventi. Da ogni tappa è stato raccolto un oggetto che composto insieme agli altri fa emergere un totem, un personaggio simpatico pieno di identità mescolate che ci pone davanti al nostro essere complessi e composti. E forse un po’ persi. La performance a nostro avviso deve ancora trovare il suo flusso universale, forse includendo maggiormente i partecipanti, forse lasciando più tempo a chi guarda di elaborare concetti atavici su cui raramente si sofferma. Ci vuole tempo per avere il coraggio di far crescere le radici ai piedi e l’esperienza altrui molto spesso non è sufficiente per attivare il proliferare di domande.
ROSSELLA MARCHI
LE 6 RECENSIONI DEI NOSTRI INVIATI SAMUEL ZUCCHIATI E ROSSELLA MARCHI
La tradizionale vetrina estiva dedicata al Teatro delle nuove generazioni “Palla al Centro “ dopo Perugia, quest’ anno nel suo continuo girovagare per l’Italia è tornata ancora a Pescara dal 9 al 12 luglio , organizzata come le altre volte con la consueta professionalità dal Florian Metateatro . Pescara ha accolto il teatro ragazzi italiano in una cornice di grande fascino, dislocando gli spettacoli in diversi bellissimi luoghi della città dannunziana: l'Auditorium Flaiano, il Florian Espace, e il suggestivo Chiostro delle Clarisse a Città Sant'Angelo, ciascuno scelto per valorizzare al meglio le diverse rappresentazioni e creare un'esperienza immersiva unica per il pubblico.
Un elemento distintivo di questa edizione è stato il davvero prezioso livello di ospitalità offerto dallo staff organizzativo del Florian, guidato da Giulia Basel e Massimo Vellaccio. La cura e l'attenzione riservata ai partecipanti, inclusi critici teatrali e operatori culturali, hanno contribuito a creare un ambiente accogliente e professionale, trasformando in speciale, l’esperienza di tutti i partecipanti, anche di chi vi si avventurava per prima volta, accolti con calore e professionalità, facendo sentire ognuno a casa propria . Questo clima di ospitalità è stato un riflesso della dedizione e della passione dello staff, che ha lavorato instancabilmente per garantire il successo del festival.
In questi giorni abbiamo visto la partecipazione di compagnie di tutta Italia, con 17 spettacoli che hanno esplorato una vasta gamma di temi e stili, dai classici della letteratura per ragazzi a nuove produzioni originali. Particolarmente apprezzato è stato anche il laboratorio "Critici in erba", che ha coinvolto giovani spettatori in un percorso formativo volto a sviluppare il pensiero critico, unendo intrattenimento e educazione, in un progetto coinvolgente e interattivo che sta favorevolmente invadendo diversi festival italiani come un format vincente. Il successo del festival è stato possibile anche grazie al generoso supporto degli sponsor, che hanno contribuito a sostenere l'evento.
In conclusione, "Palla al Centro 2024" non si è dimostrato solo un festival , ma una vera e propria festa del Teatro , che ha trasformato Pescara in un crocevia di creatività e apprendimento. L'evento ha dimostrato come il teatro possa essere un potente strumento educativo e formativo, capace di unire diverse generazioni e culture in un'esperienza comune di scoperta e crescita. Eolo ha scelto di approfondire attraverso lo sguardo di Samuel Zucchiati e Rossella Marchi 6 creazioni presenti al Festival, inclusa “Seggioline” di cui aveva già parlato e che ha raggiunto ora un risultato davvero convincente su tutta la linea e Tuttatesta, il cui studio aveva già intrigato. Presente tra gli spettacoli anche Spiderman di Giacomo Di Mase, di cui già Eolo aveva tessuto le lodi .
LA MANDRAGOLA/STIVALACCIO TEATRO
La commedia “perfetta “‘ di Nicolò Machiavelli, scritta tra il 1512 e il 1529, narra di Callimaco, un giovane fiorentino innamorato di Lucrezia, moglie di Nicia , un ricco e sciocco dottore. Nicia, preoccupato per l'assenza di eredi, viene convinto da Callimaco, travestito da medico, che l'unico rimedio possa essere una pozione di mandragola. ma mettendolo in guardia perchè la Mandragola, secondo una leggenda, avrebbe potuto uccidere l’uomo che intendeva unirsi a Lucrezia: quindi era necessario trovare un sostituto per Nicia. Con l’inganno e la corruzione anche del frate Timoteo, Lucrezia accetta di passare la notte ovviamente con Callimaco, che riesce così a conquistare il suo amore.
Michele Mori adattando il capolavoro di Machiavelli cerca di sfruttarne tutti i punti di forza , creando in scena delle belle dinamiche tra gli interpreti e le varie situazioni che vediamo succedersi. L’inizio è con un prologo dell’attore capocomico (nella pièce si distingue sempre bene la differenza tra persona-personaggio-attore ) che spiega quanto siano importanti le bugie: Una sorta di captatio benevolentiae dove l’interprete, Pierdomenico Simone, non cerca nemmeno di nascondere l'atteggiamento di chi con una parlantina affascinante, blandizie e dolci lusinghe, cerca di guadagnarsi l’ atteggiamento benevolo e condiscendente da parte del pubblico. “Un mondo senza bugie è come un mare senza onde. Non è sintomo di cattiveria, bensì la capacità di arrangiarsi. (Come non essere d’accordo “se la nostra vita è una tela, la bugia è certamente il nostro pennello”)
Segue una seconda introduzione, come classicamente accade con il linguaggio degli Zanni , ma questa volta cantata e poi… una terza introduzione che ci darà un quadro della storia! Ora è tutto chiaro e si inizia in Francia nell’anno domini 1520 con una discussione tra due francesi scorbutici e Callimaco per scegliere quale sia il paese migliore tra Francia e Italia. Finisce in duello che coinvolge il protagonista e Ligurio, servitore napoletano del fiorentino Dottor Nicia, che fin da subito rivela la sua eccezionale abilità a immischiarsi nei fatti altrui. Durante la lotta Ligurio racconta a Callimaco di Lucrezia, la bella moglie del dottore di Firenze, e subito divampa l’ossessione di averla.
L’amico “Leonardo” di Callimaco ha inventato un apparecchio che sembra possa volare e con quello i due riescono a raggiungere Firenze in breve tempo ma sempre inseguiti dai due rissosi francesi.
Arrivati in città la storia si consuma a grandi linee come Macchiavelli l’ha tramata, in un efficace drammaturgia ispirata all’originale e con il linguaggio del teatro popolare che è brand di Stivalaccio.
Stivalaccio Teatro rimodella la commedia con il gioco della commedia dell’arte e la cuce su misura del gruppo di attori tra cui il capocomico Pierdomenico Simone e le new entry della compagnia giovani Daniela Piccolo, Elisabetta Raimondi Lucchetti, Elia Zannella e Francesco Lunardi. A condurre le danze sul piano registico Michele Mori con una squadra assortita di artigiani tra i quali segnaliamo la scenografia di Alvise Romanzini che in modo puntuale ha creato immagini chiare, forme e schemi in grado di supportare elegantemente il gioco dei guitti in scena. Menzione speciale per il Dottor Pantalone Nicia di Elia Zanella che porta in scena un buon ritmo e un ottimo gioco di maschera.
Il testo originale riflette il contesto storico del Rinascimento, caratterizzato da corruzione e cinismo verso le istituzioni. Machiavelli, noto per il suo pragmatismo politico, esplora l'inganno e la manipolazione nella commedia, rispecchiando le sue osservazioni sulla società e il potere. La drammaturgia dei commedianti vicentini è una versione che dinamizza l’originale, ma a nostro modo di vedere toglie un po’ di cinismo a causa di un Callimaco fin troppo adorabile e “innamorato”. Forse Francesco Lunardi potrebbe discostarsi leggermente dalla classica figura dell’amante della Commedia e rendere il suo personaggio un po’ più “machiavellico” per un recupero puramente filologico in favore dell’autore originale, ma anche per evitare alcuni tratti retorici del suo comportamento così da render meglio lo spessore del carattere. D’altronde il target sono ragazzi e ragazze dai 14 anni, quindi si punta a chi l’ironia e l’inganno hanno imparato a conoscerli.
Mi domando dove siano finiti i due francesi rissosi che stavano inseguendo i protagonisti? Sono semplicemente spariti.
IO COME LEI. Storia di due amiche molto lontane, terribilmente vicine/ATIR
Siamo nella città di M, dove due ragazzine, dai caratteri apparentemente agli antipodi , scoprono di avere molto più in comune di quanto potessero immaginare. Ambientato nei quartieri popolari, il progetto teatrale dell’Atir è nato grazie a un meritevole finanziamento da parte della Fondazione Cariplo. Le interpreti, Chiara Stoppa e Virginia Zini, hanno intrapreso un percorso a stretto contatto con le case popolari e i loro abitanti, raccogliendo il materiale necessario per consentire a Pino Di Bello di creare una narrazione scenica fluida e fresca, capace di parlare ai preadolescenti con il loro linguaggio di diverse problematiche.
Le due protagoniste dello spettacolo si sono decisamente documentate sulla musica “giusta” e sul linguaggio del loro pubblico di riferimento e la loro performance lo dimostra chiaramente. Nonostante la sala del Flaiano non fosse per noi l'ambiente ideale per testare appieno questo approccio, Stoppa e Zini hanno ottenuto feedback molto positivi dagli alunni delle scuole che vi hanno partecipato “Alla fine dello spettacolo infatti i ragazzi e le ragazze si avvicinano e ci dicono che parliamo come loro e che anche a loro succede la stessa cosa”, raccontano . Lo spettacolo procede con le due protagoniste che incontrano un professore, rappresentante di uno di quegli educatori capaci di lasciare un’impronta duratura nei giovani. Con la sua proposta di concentrarsi sui suoni, ottiene una risposta, ironica un poco fuori dalle righe dalla classe, inaspettata: un’orchestra di scorregge , guadagnandosi così il soprannome di "Missione Impossibile". Tuttavia, il professore non demorde dando sempre più fiducia ai ragazzi convinto che alla fine forse “non siamo così inadeguati come il mondo adulto spesso ci fa credere. Forse anche noi abbiamo qualcosa da dire e possiamo esprimerlo nel nostro modo, attraverso musica, poesia e forti emozioni”
Le ragazze poi organizzano una festa per il quartiere, a cui partecipano tutti. Ognuno porta qualcosa da condividere della propria cultura, e l'evento si rivela un successo straordinario, dimostrando la loro capacità di trasformarsi da emarginate a promotrici di comunità. Davvero uno spettacolo interessante con un inizio a nostro modo ancora un poco slegato dal resto della trama, ma ne siamo sicuri, che essendo ancora all’inizio del suo percorso, attraverso nuove repliche riuscirà a prendere tutta la sua giusta dimensione.
“Io come lei" si distingue per la sua capacità di trattare temi complessi in per mezzo di una narrazione coinvolgente e significativa. A ciò concorrono la regia di Pino Di Bello e le interpretazioni di Chiara Stoppa e Virginia Zini. Lo spettacolo offre una riflessione profonda sulla creatività e sulla comunicazione, dimostrando come l'arte possa superare le barriere sociali e personali, offrendo anche un’esperienza ricca e autentica per il pubblico giovane.
SEGGIOLINE/ TEATRO TELAIO
In scena abbiamo, lui , che è quadrato e preciso. Monta in solitudine seggioline rosse. Poi entra , lei , carica di tutto quello che c’è fuori e sembra allargare lo spazio che lui è riuscito a rendere piccolo con il suo fare rigido e nevrotico. Assieme si scoprono in una relazione che pian piano diventa più equilibrata, tanto da riuscire a far crescere qualcosa che vada oltre la singolarità . Attraverso il loro interagire, lo spettacolo celebra il potere della collaborazione e della creatività, suggerendo che la somma delle parti può superare il semplice accumulo, e mostrando come anche i gesti quotidiani possano far fiorire nuove idee. Si parla di crescere, del tempo che ci vuole, dell’attendere e dello stare, che permette alla creatività di sgorgare da semplici gesti e azioni quotidiane. Persino la pausa bagno può far fiorire nuove idee.
Michele Beltrami usa un linguaggio clownesco nel quale è evidentemente a suo agio, con un ritmo dato dagli sguardi, i respiri e le pause. Conosce il codice e lo sa giocare bene. Paola Cannizzaro porta leggerezza in scena. Potremmo dire un clown poetico, un Pierrot ottimista che vede il lato positivo delle cose. Lei porta con sé una gamba di sedia anche senza scopo, nel caso serva. Infatti serve, proprio a lui che è lì a costruire piccole sedie. Appena entrato col suo caschetto rosso, lui è subito identificato dai bambini: “è tutto no no no no”.
Lui è la forma, lei il cambiamento. Lui è il pensiero, lei l’emozione.
Insieme danno al pubblico un bel carico di sentimenti. Quando la folla di operatori si alzano dalla platea vedo molti sorrisi di soddisfazione, come a dire “ecco, ci voleva”.
La collega Matilde Marras ha già scritto di questo spettacolo in un pezzo su Eolo un anno fa. Mi sono chiesto quanto fosse cambiato da quella messa in scena a Segnali 2023 e quindi l’ho domandato a colazione direttamente a Michele e Paola.
Samuel: Quanto è cambiato dalla messa dall’anno scorso?
Michele e Paola: E’ importante prima premettere che in Teatro Telaio abbiam fin da subito condiviso l’idea che questo non dovesse essere per forza un progetto di produzione ma uno di ricerca, quindi ci siamo presi tempo: 3 anni in cui abbiamo potuto incontrar dei professionisti del teatroragazzi italiano da Teatro Gioco Vita per conoscere le ombre, Giorgio Gabriele per costruzioni di oggetti e Silvano Antonelli per la drammaturgia. E’ stata una metodologia sperimentale. Rispetto a quanto sia cambiato non possiamo dire che sia cambiato molto, ma lo abbiamo affinato e levigato. La marionetta finale l’abbiamo cambiata e ora è più in linea sul piano estetico con le altre sediee soprattutto più semplice da manovrare. In un qualche modo ha semplificato il finale. Anche l’inizio lo abbiamo reso più fluido.
Effettivamente anche la scena della scarpa da cui escono gli spaghetti è nuova.
Samuel: Cosa vi ha aiutato per individuare i cambiamenti necessari?
Michele e Paola: Sicuramente metterlo in scena serve. La presenza dei bambini, del nostro pubblico fa la differenza e non sempre nei festival e possibile averlo. È stato bellissimo ricevere i disegni che i bambini fanno dopo lo spettacolo e che le maestre ci inviano. Ci aiutano nella nostra evoluzione. Abbiamo fatto ai bambini la stessa domanda che poniamo nello spettacolo “Quanto tempo ci vuole per diventare grandi?”. Un bambino ha risposto che per diventare grandi bisogna imparare a guidare l’aereo.
Anche l’articolo di Matilde ci ha aiutato e le chiacchierate con Mario Bianchi con cui non ci trovavamo d’accordo, ma ci hanno stimolato a riflettere per migliorare.
Samuel: mi saprebbe piaciuto vedere entrare in scena una sedia ancor apiù grande di quelle che avete portato.
Michele e Paola: se ci pensi, quelle sedie grandi che abbiamo usato, sono già giganti per un bambino.
"Seggioline" si distingue come un'opera che commuove e intriga tanto gli adulti quanto i bambini, riuscendo a equilibrare elementi clowneschi con riflessioni profonde sul diventare grandi e sull'unione creativa. L'efficacia dello spettacolo risiede nella sua capacità di trasformare concetti complessi in esperienze visivamente stimolanti e emotivamente coinvolgenti. Attraverso la sua estetica raffinata e la narrativa semplice ma significativa, "Seggioline" riesce a toccare le corde del cuore degli spettatori e a stimolare la loro immaginazione. La forza dello spettacolo è evidente nel modo in cui riesce a far dialogare elementi di forma e cambiamento, creando un'esperienza teatrale che è sia educativa che deliziosamente divertente. La continua evoluzione dello spettacolo, arricchita dal feedback del pubblico e dalla riflessione critica, ne conferma l'importanza e il valore nel panorama del teatro per l'infanzia.
Uno spettacolo costruito “millimetro per millimetro” (cit.).
SAMUEL ZUCCHIATI
nella foto un momento di Terra Madre
TUTTATESTA – Fontemaggiore
Esilarante, intelligente e molto contemporanea la nuova produzione di Fontemaggiore, “Tuttatesta”. Destinata ad un pubblico dagli 8 anni d’età, è uno spettacolo in grado di divertire e di parlare anche ad un pubblico adulto ed il pubblico in sala di bambini e bambine e di adulti lo ha dimostrato con il suo coinvolgimento e la sua partecipazione. Lo scorso anno, sempre nella vetrina di Palla al centro, avevamo visto uno studio che aveva già coinvolto gli spettatori e dunque grande era l’attesa di vedere il lavoro completato. Davide Calvaresi non ha deluso le aspettative ma anzi, ha costruito una situazione completamente irreale ma che molto ricorda le dinamiche che si trovano nelle comunità quando giunge un nuovo arrivato. Pippo Pacco è una sorta di potenza creatrice ed è proprio lui che comincerà a popolare questo spazio di personaggi/pacco. Il primo pacco è Primo, una faccia buffa felicissima di abitare questo spazio da sola. Finché il demiurgo Pippo Pacco non decide di mettere un secondo pacco: è Secondo. Secondo è felice di stare in coppia e anche se Primo mal sopporta la sua vicinanza alla fine cede e decide di far coppia con Secondo. Finché non arriva Terzo, e poi Quarto, e Quinto e così via. Il quadro di pacchi che si compone è una miriade di soggetti Tuttatesta, ognuno con un pensiero diverso ma in fondo appartenenti allo stesso condominio. Ma a sparigliare tutte le certezze arriverà una Testa diversa. Una testa capovolta che chiederà di entrare nella comunità. Inizialmente sarà molto osteggiato per questa sua particolarità di essere a testa in giù fino a che la comunità dei Tuttatesta capirà la ricchezza che porta la diversità. In fondo quella testa capovolta è divertente e ha un altro modo di esprimersi che porta una ventata di novità in questo folle condominio. E’ interessante e sottile l’ironia sottesa a questo spettacolo che riesce a coinvolgere il pubblico per tutta la sua durata. Affronta non soltanto l’evento eclatante dell’arrivo di uno straniero in una comunità ma anche quanto in realtà l’individuo sia diffidente nell’accogliere anche un suo simile, nel veder rompere la propria tranquillità perché chiamato alla convivenza con altri che inevitabilmente portano abitudini e modalità di relazione diversi dai propri. Racconta di come sia faticoso ma anche necessario trovare una posizione mediana tra ciò che si desidera e ciò che desidera l’altro ma racconta anche come quella fatica porti poi ad una crescita, ad una vivacità del vivere che altro non può essere se non nutriente. Il linguaggio è divertente e leggero ma mai scontato, ogni parola riesce a farti entrare in una riflessione pur muovendo di entusiasmo la platea.
BELLA E BESTIA – Fontemaggiore
Apre riflessioni “Bella e Bestia” nuova produzione di Fontemaggiore per la regia di Massimiliano Burini, uno spettacolo che forse ancora deve esprimere pianamente la profondità che la sua lettura suggerisce. Chi è Bestia? Bestia è un ragazzo come tanti che non si accetta com’è e dunque si isola dal mondo pensando che nessuna potrà mai amarlo. Chi è Bella? Bella è una ragazza, forse quasi una bambina che diventa adolescente, che proprio grazie all’entusiasmo che anima tutto il suo essere, riesce a superare tutte le sue paure e ad andare nella profondità dell’animo dell’altro per com-prenderlo. La bella scenografia di Marco Lucci porta suggestioni importanti per il racconto perché ci troviamo nell’interno di un palazzo quasi decadente che suggerisce l’atmosfera di quei luoghi in cui sembra che si sia appena festeggiato un diciottesimo e tutti gli invitati se ne siano andati lasciando disadorne le sale dove si ritrovano i due: lui che sembra un giovane che per tutto il tempo della festa sia stato nascosto e sia uscito dal suo angolo solo nel momento in cui ha creduto che tutti se ne fossero andati; lei che volteggia per il salone abbandonato fino a che non lo vede: tutto coperto fin sul capo, dai movimenti sgraziati e incapace di far uscire una sillaba dalla bocca. Sarà poi un avvicinamento lento, fatto di attrazioni e respingimenti, di ricordi usciti in comune, di piccole risate che riecheggiano nel grande salone abitato solo dai loro movimenti emotivi. E questo spostarsi per gli spazi diventa quasi in una danza moderna che somiglia ad un ciondolamento ma è invece un assecondare, ascoltare il proprio corpo nello spazio che piano piano quasi si fa vertigine, perché nel conoscere il mondo dell’altro si perde l’orientamento, si barcolla, si ri-conosce e ci si ri-conosce. Il lavoro ha molti spunti interessanti e necessari che, a nostro avviso, avrebbero bisogno di un maggior affondo. Nella visione abbiamo sentito il bisogno di avere più elementi relativi alla relazione tra Bella e Bestia per arrivare al finale, che il loro rapporto fosse maggiormente scandagliato nella progressione della confidenza. E’ un lavoro necessario che merita davvero di fare un piccolo gradino in più.
TERRAMADRE – Nardinocchi/Matcovich
Proviene da un lavoro lungo, assaporato e digerito questa nuova performance di Nardinocchi e Matcovich prodotto da Florian Metateatro che ha visto il suo nascere, crescere e prendere una forma compiuta dopo un lungo periodo dedicato al viaggio come mezzo per prendere contatto con la Natura, per quale diverso significato questa possa avere per ognuno di noi. Viaggiamo tutti insieme a loro perché l’esperienza si apre proprio con una passeggiata di gruppo in cui ognuno di noi è chiamato ad osservare la realtà grande e piccola che ci circonda. Ed è piacevole prendersi il tempo per guardare con attenzione e ascoltare quel che succede intorno: fa sentire al contempo fuori da tutto perché ci si astrae ma anche dentro a tutto perché ci si sente avvolti di realtà. Dopo questi primi 10 minuti di osservazione partecipante in cui ci si accorge di cose alle quali mai si avrebbe fatto caso, ci ritroviamo seduti a condividere con i due condu(a)ttori e con i compagni di viaggio questa passeggiata ed è molto divertente scambiarci i punti dove gli occhi sono stati più attenti e scoprire che ognuno ne aveva di diversi. E’ partendo da qui che i due protagonisti cominciano a portarci dentro al loro viaggio che si è snodato per varie regioni: Emilia Romagna, Umbria, Puglia, Lombardia, Piemonte e Toscana ed è durato quasi due anni e da ogni luogo vissuto Nardinocchi e Matcovich hanno portato con sé un racconto suddiviso in tappe. Il racconto tesse storie e aneddoti di persone che vivono a stretto contatto con la natura incontrate nel cammino e del personale rapporto con la Natura dei due autori/attori. Ma dove vuole portarci questo racconto? Essenzialmente a porci una domanda: qual è il nostro rapporto con la Natura? Interrogarsi se sentiamo il nostro essere uomini o donne come qualcosa che è compreso nella Natura oppure sentiamo che nel rapporto con lei siamo noi a dominare, diventa un vero e proprio quiz con domande al quale un piccolo campione di partecipanti alla performance sono chiamati a rispondere per alzata di mano. E ci accorgiamo che le domande sono difficili. Che forse sono difficili perché ci siamo molto allontanati dalla spontaneità di sentirci parte di un tutto più grande che ci include semplicemente perchè esseri viventi. Da ogni tappa è stato raccolto un oggetto che composto insieme agli altri fa emergere un totem, un personaggio simpatico pieno di identità mescolate che ci pone davanti al nostro essere complessi e composti. E forse un po’ persi. La performance a nostro avviso deve ancora trovare il suo flusso universale, forse includendo maggiormente i partecipanti, forse lasciando più tempo a chi guarda di elaborare concetti atavici su cui raramente si sofferma. Ci vuole tempo per avere il coraggio di far crescere le radici ai piedi e l’esperienza altrui molto spesso non è sufficiente per attivare il proliferare di domande.
ROSSELLA MARCHI